A Londra chiude lo storico club Fabric dopo due morti per droga nel locale
Il consiglio comunale ha stabilito che la security del locale abbia peccato di negligenza, e questo comportamento ha fatto sì che venisse tolta la licenza al club
Uno dei locali notturni più noti del Regno Unito, il
Fabric di Londra, è stato costretto a chiudere definitivamente dopo che la sua
licenza è stata revocata in seguito alla morte per droga di due persone all’interno
del locale.
La delibera del consiglio comunale londinese,
arrivata nella mattina di mercoledì 7 settembre, ha stabilito che le perquisizioni
effettuate dalla security del locale hanno peccato di negligenza, e questo
comportamento, che ha permesso l’introduzione nel locale di sostanze stupefacenti,
è stato ritenuto abbastanza grave da togliere la licenza al club.
Nella delibera, è stato aggiunto che alcune operazioni di
polizia sotto copertura hanno suggerito che l’acquisto e l’assunzione di droghe
all’interno del locale fossero abituali e visibili, e che dunque il lavoro del personale
del locale sia stato “grossolanamente inadeguato” rispetto alle attività in
corso.
Alcune settimane fa, mentre era già nell’aria la possibile
decisione definitiva del consiglio, era stata lanciata una petizione online su
Change.org per fermare la chiusura del club, che aveva raggiunto quasi 150mila
firme. Jacob Husley, ha dichiarato di essere “sotto choc” e che si tratta di “un
colpo devastante per Londra e la sua cultura, e per i club di tutto il Regno
Unito. Si stabilisce un precedente”.
La richiesta di chiusura è stata avanzata dalla polizia
metropolitana della città dopo la morte di due diciottenni nel giro di nove
settimane, tra giugno e agosto scorso, a causa del timore che si potessero
verificare altri decessi senza i controlli adeguati.
Il co-fondatore del club, Cameron Leslie, ha dichiarato al Guardian che il locale ha “sempre avuto
un rapporto fantastico con la polizia e in particolare con il Consiglio
comunale. Solo otto mesi fa, un giudice aveva testato tutti i nostri sistemi e aveva
stabilito che siamo un esempio di buona condotta”.