Libia, il video choc del rifugiato 15enne torturato con un mitra: “Salvini, Meloni, fatelo vedere ai vostri figli”
Fallo vedere ai tuoi figli @matteosalvinimi dove vuoi lasciare queste donne, uomini, bambini. E anche tu @GiorgiaMeloni, faglielo vedere, tu che sei cristiana, cosa vuol dire ordinare la crocifissione per migliaia di poveri cristi. https://t.co/HUn1MjeFPC
— luca casarini (@lukacasa) August 31, 2022
“Fallo vedere ai tuoi figli, Matteo Salvini, dove vuoi lasciare queste donne, uomini e bambini. E anche tu, Giorgia Meloni, faglielo vedere, tu che sei cristiana, cosa vuol dire ordinare la crocifissione per migliaia di poveri cristi”, così il capomissione di Mediterranea Saving Humans, Luca Casarini a commento di un video pubblicato su Twitter, in cui si vede un giovane ragazzo per terra, seminudo, minacciato con un fucile e colpito con un bastone. Il giovane è originario del Darfur, ha 15 anni.
Una volta in Libia ha vissuto nel quartiere di Gararesh, un ghetto per profughi e migranti. Dopo l’ennesima retata delle Special Force libiche per catturare e internare nei campi di detenzione i rifugiati, ha trascorso tre mesi a manifestare davanti la sede dell’Unhcr a Tripoli insieme all’associazione di migranti libici “Refugees in Lybia”. È stato poi arrestato e deportato nel campo di Ain Zara, dove ha conosciuto ogni forma di orrore. Anche quella rappresentata nel filmato, in cui piange e implora l’uomo che gli è di fronte di lasciarlo in pace mentre gli punta un mitra addosso, a pochi centimetri dal volto.
“Quella di questo ragazzino di appena 15 anni che arriva dal Darfur in Sudan, uno dei Paesi per i quali dovrebbe essere automatico il riconoscimento dell’asilo, e che subisce torture, è la storia di tutti i giorni in Libia. Non è un’eccezione ma la regola”, ha dichiarato all’Adnkronos Casarini. Un video come molti altri che arrivano agli attivisti e ai volontari della flotta civile impegnati nei soccorsi nel Mediterraneo centrale. “Sono tante le testimonianze di cosa accade nei campi di concentramento, in quei luoghi di morte che anche l’Italia contribuisce a finanziare“.