Di Maio in Libia, dagli accordi commerciali alla lotta al terrorismo: tutti i dossier aperti con Tripoli
Da questa mattina, martedì 1 settembre, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio è in visita in Libia, per incontrare a Tripoli il presidente del Governo di accordo nazionale (Gna) Fayez al Serraj e a Tobruk il presidente del Parlamento Agila Saleh. Gli obiettivi della visita? Cercare di comprendere da vicino gli ultimi difficili sviluppi di uno dei Paesi strategici del Mediterraneo e portare avanti un massiccio dossier industriale e commerciale. Con il ministro viaggerà anche il sottosegretario Manlio Di Stefano, delegato al Commercio estero.
Tra le questioni più importanti che preoccupano l’Italia c’è la recente sospensione del ministro degli Interni libico Fathi Bishaga, l’uomo che aveva coordinato le forze militari di Tripoli nella difesa dagli attacchi del generale Khalifa Haftar anche attraverso stretti rapporti con la Turchia. Inoltre, è il momento per Di Maio per spingere la Libia verso un accordo definitivo di cessate-il-fuoco con le autorità della Cirenaica guidate dal presidente del Parlamento Agila Saleh (accordo già annunciato il 21 agosto scorso).
Gli obiettivi economici della missione di Di Maio
Molti sono i nodi commerciali Italia-Libia che Luigi Di Maio discuterà in questi giorni. La Farnesina vuole riattivare la Commissione mista italo-libica sulle questioni economiche, per affrontare innanzitutto due temi: i crediti vantati dalle aziende italiane e le prospettive e i progetti di comune interesse per il rilancio delle relazioni economiche.
Tra i progetti in sospeso ci sono l'”autostrada della pace” e l’aeroporto internazionale di Tripoli. I libici chiedono di ricominciare i lavori per l’autostrada costiera prevista dall’art. 8 del Trattato di Bengasi firmato da Gheddafi e Silvio Berlusconi. I lavori dell’aeroporto – una commessa da 78 milioni per il consorzio Aenas – sono invece bloccati per motivi di sicurezza: l’aeroporto internazionale è stato uno dei punti in cui la battaglia è andata avanti per mesi.
Altri progetti riguardano il terzo anello autostradale di Tripoli, a cui sono interessati WeBuild e Rizzani de Eccher (valore 1 miliardo di euro). Mentre Telecom Italia Sparkle collabora con la Libyan International Telecom Company (LITC) e garantisce i collegamenti tra i due Paesi grazie al cavo Tripoli-Mazara del Vallo, Tim è impegnata in un altro progetto, denominato “Bluemed”, un cavo multifibra sottomarino che dovrebbe collegare Genova a Palermo e poi attraversare il Mediterraneo fino a Creta, per poi proseguire fino in India. Il progetto è concorrente a un analogo progetto cinese “PEACE” che prevede una dorsale dall’Egitto alla Francia e taglierebbe fuori l’Italia.
Le questioni calde in Libia
La Turchia e il rischio mercenari. La guerra in Libia, dove l’Italia mantiene fortissimi interessi strategici, energetici e di sicurezza, costituisce ormai per l’Europa il più pericoloso fronte aperto nel Mediterraneo. Nello scontro fra Serraj e Bishaga c’è di mezzo innanzitutto la Turchia, che ha aiutato il governo Serraj dall’offensiva di Haftar, attraverso una fitta rete di rapporti tra il capo dei servizi turchi, il capo della Difesa e lo stesso Erdogan hanno creato un rapporto diretto con Bishaga. E il recente rivolgimento della situazione a favore del premier al-Serraj, non fa che aumentare i rischi di ritrovarci in casa centinaia se non migliaia di ex mercenari siriani, reclutati ad opera del presidente turco Recep Tayyip Erdogan e del suo omologo russo Vladimir Putin.
Il terrorismo. La fibrillazione con Bishaga agitano Roma così come altri Paesi europei e gli stessi Stati Uniti anche perché l’ex ministro degli Interni libico negli anni ha collaborato intensamente soprattutto nella lotta al terrorismo, ritagliandosi un ruolo importante a partire dalla battaglia che il governo di Tripoli ha condotto nell’estate del 2016 per liberare Sirte dall’Isis. Serraj adesso ha sospeso Bishaga dopo la cattiva gestione della piazza durante le proteste degli ultimi giorni: il sospetto è che Bishaga possa aver fomentato parte delle proteste per mettere in difficoltà il governo Serraj.
I migranti. Dal 2017 Roma ha speso in Libia un totale di 784,3 milioni di euro, di cui 213,9 in missioni militari. Nel complesso i fondi sono aumentati di anno in anno con il doppio obiettivo di fermare l’arrivo di migranti e di accrescere l’influenza italiana nell’ex colonia nel caos dal 2011, dopo la caduta dell’ex dittatore Muammar Gheddafi. Il 16 luglio scorso la camera ha dato il via libera al rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero e ai fondi per l’addestramento e l’appoggio alla cosiddetta guardia costiera libica. Ma uno dei temi più controversi del dossier Libia, oltre alle violazioni dei diritti umani nel paese e in particolare nei centri di detenzione, è proprio la mancanza di monitoraggio dei fondi versati nelle casse di Tripoli nel corso degli ultimi anni sia dall’Italia sia dall’Europa. Fondi che, secondo alcune inchieste, sono finiti nelle mani di trafficanti e milizie. Cosa che non fa che peggiorare la già complicata crisi migratoria, con ripercussioni soprattutto sul nostro Paese.
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