La Liberia ha abolito per un anno le mutilazioni genitali femminili
Il divieto è temporaneo e non permanente, e non vale per gli adulti consenzienti. Tra un anno il provvedimento sarà ridiscusso
A due giorni dal giuramento come presidente del paese di George Weah, la Liberia ha approvato giovedì 25 gennaio una legge che impone per un anno il divieto alle mutilazioni genitali femminili.
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La Liberia ha così infranto momentaneamente quello che può essere considerato un vero e proprio tabù non solo in questo paese, ma anche in molte altre nazioni africane. Tuttavia, salta immediatamente all’occhio la durata solo temporanea della misura, la cui attuazione andrà ridiscussa tra un anno, quando il divieto scadrà.
Per questo motivo, numerosi attivisti liberiani hanno sollecitato l’ex calciatore del Milan e Pallone d’oro ad affrontare il tema con maggiore decisione, introducendo un divieto permanente e non temporaneo.
La misura, infatti, è entrata in vigore non per merito diretto di Weah, ma come effetto di un ordine esecutivo firmato dal presidente uscente Ellen Johnson Sirleaf poco prima di terminare il suo mandato.
Inoltre, proprio la cerimonia di insediamento di Weah ha oscurato a livello mediatico l’entrata in vigore della legge, che ha avuto poco risalto sui giornali e sulle televisioni liberiane.
Andando nel dettaglio della legge, saranno impedite le mutilazioni genitali femminili sui minori di 18 anni e sugli adulti non consenzienti, mentre la pratica sarà permessa sugli adulti consenzienti.
Secondo gli ultimi dati disponibili, in Liberia circa la metà delle donne ha subito mutilazioni genitali. La giustificazione generalmente data a questa pratica ha a che fare con le tradizioni. La mutilazione genitale è infatti considerata in alcune culture un rito di passaggio per le donne, nonostante in alcuni casi possa portare alla morte di chi la subisce.
L’anno scorso il parlamento liberiano aveva approvato una legge sulla violenza domestica che conteneva alcune limitazioni alle mutilazioni genitali, successivamente rimosse perché considerate troppo ostili alle tradizioni culturali del paese.
Secondo l’ONU le mutilazioni genitali femminili sono attualmente praticate in circa 30 paesi africani, nonostante in molti di essi la pratica sia stata dichiarata illegale.