La lettera di 18 super-miliardari ai democratici Usa: “Tassateci, noi siamo ricchi”
Lettera Miliardari Usa | Super-Ricchi | Appello ai candidati democratici
LETTERA MILIARDARI USA – “Tassateci, noi siamo ricchi”. È l’inconsueto appello che, con una lettera pubblicata online, un gruppo di 18 miliardari Usa ha deciso di inviare alla politica, ai candidati democratici alla Casa Bianca. A firmare il messaggio sono stati 18 super-ricchi, fra i quali il filantropo George Soros, Chris Hughes, uno dei cofondatori di Facebook, la regista Abigail Disney, nipote del cofondatore della Disney, e Liesel Simmons, della famiglia proprietaria della catena di hotel Hyatt.
Nella lettera si chiede di procedere proprio con una tassa sui ricchi: un’imposta che rafforzerebbe, dicono i miliardari nel loro appello, la “libertà e la democrazia americana”, che è “patriottica”.
Lettera miliardari Usa ai democratici: “Tassateci, siamo super-ricchi”
Secondo una recente analisi della Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti, negli ultimi 30 anni il patrimonio dell’uno per cento degli americani è cresciuto di 21mila miliardi, mentre quello del cinquanta per cento dei meno abbienti è crollato di 900 miliardi.
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“Tassate noi che siamo ricchi”, è dunque il messaggio contenuto nella lettera. “Chiediamo – hanno scritto i miliardari – una moderata tassazione sul benessere per i più ricchi, che rappresentano l’uno per cento della popolazione. I dollari delle future tasse dovrebbero arrivare dalle nostre dichiarazioni dei redditi, non da quelli della classe media e con i redditi più bassi”.
L’appello è rivolto a tutti i candidati presidenziali, tra cui la senatrice Elizabet Warren che ha proposto una tassa ai ricchi con più di 50 milioni in asset, inclusi opere d’arte, auto di lusso, yacht e titoli. La “tassa ai super ricchi”, secondo Warren, porterebbe un gettito di duemila e 750 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. Già nel 2011 il miliardario Warren Buffet aveva denunciato come la tassazione sui suoi redditi fosse più bassa rispetto a quelle delle venti persone che lavoravano alle sue dirette dipendenze.