Com’è davvero lavorare in una fabbrica di iPhone in Cina
Dejian Zeng, un dottorando dell'Università di New York, ha indagato le reali condizioni di lavoro in un impianto di produzione degli smartphone della casa di Cupertino
Dejian Zeng è un dottorando in pubblica amministrazione all’Università di New York, che nell’estate 2016 ha passato sei settimane della sua vita a lavorare in incognito tra gli operai in una fabbrica cinese dedicata alla fabbricazione di iPhone.
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Zeng lavorava 12 ore al giorno, sei giorni alla settimana, per un salario mensile di 3.100 yuan, pari a circa 415 euro, una cifra che da sola non basterebbe ad acquistare uno degli iPhone 6s e 7 che il finto operaio ha contribuito a costruire, avvitando ogni giorno circa 1.800 viti.
Il lavoro di Zeng, che era d’accordo con l’Università di New York e con la Ong China Labor Watch, voleva indagare le reali condizioni di lavoro in un impianto di produzione degli smartphone che tutti noi utilizziamo ogni giorno.
Come racconta alla testata statunitense Mashable, Zeng si è in particolare introdotto presso il gigante dell’elettronica taiwanese Pegatron, per il quale il “colloquio” è stato brevissimo: gli è bastato presentarsi all’ingresso della fabbrica, mettersi in fila, presentare un documento, mostrare le mani e recitare l’alfabeto in inglese.
La fabbrica di Pegatron era situata vicino a Shanghai, e la sua mansione era molto semplice, almeno in apparenza: fissare con una vite l’altoparlante al telefono, anche se dover svolgere solo questo compito per tutta la giornata non era facile dal punto di vista mentale.
All’interno della fabbrica non erano introducibili apparecchi elettronici. Una volta svolto il suo breve lavoro, Zeng non aveva altro da fare se non aspettare prima dell’arrivo del telefono successivo, senza nemmeno poter ascoltare musica. Anche parlare con gli altri dipendenti era malvisto dai supervisori.
La prima pausa, di circa dieci minuti, aveva luogo dopo circa due ore dopo l’inizio del turno, e per raggiungere il bagno si impiega praticamente tutto il tempo della pausa. Molti operai usano quei dieci minuti per dormire, ma non possono stendersi, o sarebbero segnalati. Quindi lo fanno direttamente sulla sedia che usano per lavorare. Subito dopo, ricominciano a lavorare per altre due ore e poi fermarsi cinquanta minuti per il pranzo in un’enorme mensa.
Grazie a questa ottimizzazione del lavoro e all’opera di circa 200 persone, la catena di montaggio di cui faceva parte Zeng era in grado di assemblare ben 3.600 telefoni al giorno, lavorando per 10,5 ore più un’ora e mezzo dedicata alle pause.
Quando poi il giovane studente finiva il turno, era ospitato per la notte in un dormitorio con otto persone per camera e circa 200 per ogni piano, con un solo bagno per piano.
Secondo quanto raccontato sulla sua esperienza, i dirigenti della fabbrica erano inclini a attacchi di rabbia, e capitava che riunissero tutti i lavoratori anche a turno finito solo per urlare contro un dipendente che avesse sbagliato qualcosa durante il suo lavoro.
La cosa che più ha colpito Zeng per quanto riguarda le condizioni di lavoro è la questione degli straordinari, che vengono pagati maggiormente ma sono obbligatori e non volontari, compreso il fatto di essere operativi anche nei giorni festivi, come un suo collega che avrebbe lavorato per undici giorni consecutivi.
Questo un video in cui Zeng racconta la sua esperienza:
(Credit: Mashable)
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