Israele, studentessa Usa bloccata nell’aeroporto di Tel Aviv da 7 giorni
Lara al-Qasem è atterrata all'aeroporto Ben-Gurion martedì scorso con un visto studentesco valido. Le è stato impedito di entrare nel paese perché ha appoggiato la campagna palestinese di boicottaggio dello Stato ebraico
Da martedì 9 ottobre, una studentessa statunitense iscritta all’Università ebraica di Gerusalemme è bloccata all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv perché le autorità le vietano l’ingresso in Israele.
La studentessa, Lara al-Qasem di 22 anni e di origine palestinese, ha presentato ricorso contro la decisione e attende adesso un prossimo dibattito in tribunale.
Secondo le autorità, infatti, durante gli studi in Florida la ragazza ha appoggiato la campagna palestinese di boicottaggio dello Stato ebraico. In attesa del verdetto, la ragazza è bloccata in una struttura di detenzione dell’aeroporto.
Lara al-Qasem, cittadina statunitense di 22 anni con nonni palestinesi, è atterrata all’aeroporto Ben-Gurion martedì scorso con un visto studentesco valido. Ma le è stato impedito di entrare nel paese.
Il caso sta creando clamore sulla stampa internazionale e ha anche contrapposto l’Università di Gerusalemme – a cui si è iscritta e che la sostiene in pieno – al ministero della sicurezza interna secondo cui al-Qassam è un’attivista del movimento BDS di boicottaggio di Israele, e che pertanto non deve essere ammessa nello Stato ebraico.
In un’intervista alla radio militare il ministro israeliano per gli affari strategici Gilad Erdan ha denunciato “la campagna organizzata dall’estrema sinistra a favore della studentessa”.
Ha poi precisato che potrebbe rivedere la sua decisione “se la ragazza dichiarasse in maniera esplicita che la politica del boicottaggio è errata”.
Israel, like every democracy, has the right to prevent the entry of foreign nationals, especially those working to harm the country. Therefore we work to prevent the entry of those who promote the anti-Semitic BDS campaign, which calls for Israel’s destruction #LaraAlqasem 2/5
— גלעד ארדן (@giladerdan1) 8 ottobre 2018
“Israele, come ogni democrazia, ha il diritto di impedire l’ingresso di cittadini stranieri, in particolare quelli che lavorano per nuocere al paese. Di conseguenza lavoriamo per impedire l’entrata di coloro che promuove la campagna di BDS, che richiede la distruzione israeliana”, scrive su Twitter Gilad Erdan.
Da parte sua il rettore dell’ateneo di Gerusalemme, Barak Medina, ha ribadito che le università sono notoriamente il posto dove idee diverse si confrontano in maniera libera. Ha quindi denunciato “la decisione arbitraria” del ministro Erdan di negare il permesso di ingresso ad al-Qasem, giunta peraltro in Israele con un visto regolare.
La sua iscrizione all’Università di Gerusalemme dimostra, a suo parere, che essa non boicotta affatto Israele.
Il rettore ha detto infine di temere che “una misura estrema verso al-Qasem potrebbe rappresentare un precedente e scoraggiare in definitiva altri studiosi e studenti stranieri dal frequentare la sua università”.
Il ministero ha anche negato la richiesta di un gruppo di accademici dell’Università ebraica di visitare la ventiduenne nella struttura di detenzione dell’aeroporto.
Dopo essere stato inizialmente negato l’ingresso per più di quattro ore, domenica tre membri del partito Meretz hanno potuto vistare la ragazza.
La campagna BDS
La campagna BDS – Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni – ha preso di mira le imprese israeliane, le istituzioni culturali e le università come forma di resistenza non violenta alle politiche israeliane ingiuste e razziste. Ma Israele afferma che il suo vero obiettivo è delegittimare e persino distruggere il Paese.
Israele ha promulgato una legge lo scorso anno che bandisce qualsiasi straniero che “consapevolmente emette un appello pubblico per boicottare Israele” dall’entrare nel paese.
A gennaio il ministro Gilad Erdan ha reso pubblica la lista nera, venti organizzazioni i cui membri saranno banditi da Israele e, di conseguenza, dai Territori Palestinesi Occupati, raggiungibili solo attraverso confini controllati da Tel Aviv.
La nuova misura segue ad anni di svolta nell’approccio israeliano al Bds: inizialmente considerato poco pericoloso, ora Tel Aviv investe milioni di dollari in contro-narrazione nel tentativo di ripulire l’immagine israeliana all’estero seriamente intaccata dalle champagne del Bds.