La proposta di pace del Qatar
La lettera del ministro degli Esteri del Qatar
L’operazione militare che Israele sta conducendo contro i palestinesi ha già avuto conseguenze pesantissime, con circa duemila palestinesi uccisi e più di diecimila feriti. La maggior parte dei morti sono civili, molti di loro bambini, e rappresentano solo l’ultimo insanguinato capitolo di una storia tragica.
Nei lunghi decenni del conflitto israelo-palestinese, la comunità internazionale non ha mai pienamente soddisfatto o preso in considerazione le legittime aspirazioni palestinesi. A Gaza, più che in ogni altro luogo, questo fatto appare in tutta la sua chiarezza.
Cronicamente a corto di cibo, acqua ed elettricità, e segregati dal resto del mondo per mezzo di blocchi e frontiere chiuse, i palestinesi di Gaza vivono nella disperazione. Da persona che ha lottato incessantemente per i diritti umani, non posso ignorare le loro sofferenze; da arabo, non posso ignorare questa deliberata negazione dei diritti della Palestina.
La gente di Gaza ha bisogno di tre cose. Anzitutto, di un trattato di pace che ponga fine alle ostilità e rimuova l’assedio israeliano che ha trasformato Gaza in ciò che alcuni hanno definito «una prigione a cielo aperto».
In secondo luogo di aiuti umanitari e di finanziamenti per lo sviluppo, affinché possano iniziare a ricostruire le loro vite devastate, i loro quartieri bombardati. Infine, tutti i palestinesi hanno bisogno di un accordo complessivo che metta fine all’occupazione e stabilisca la nascita di due Stati per due popoli, permettendo a israeliani e palestinesi di convivere in pace e sicurezza.
Fino a quando i due Stati non saranno creati, i combattimenti e i massacri continueranno. Come il Qatar ha detto molte volte, la pace deve essere raggiunta mediante negoziati a cui tutte le parti coinvolte possano partecipare.
Il Qatar ha già fornito assistenza umanitaria alla popolazione di Gaza e abbiamo promesso di partecipare alla ricostruzione una volta cessate le ostilità. Ma stiamo anche lavorando dietro le quinte per agevolare un dialogo che possa condurre a una pace duratura. Ciò che il Qatar vuole è aiutare i palestinesi ad autodeterminarsi, dando vita a uno stabile Stato palestinese.
Il Qatar non pretende di essere considerato una potenza globale. Ma, dalla metà degli anni Novanta, il nostro governo ha adottato una politica estera della “porta aperta”, centrata sulla costruzione di relazioni e la mediazione dei conflitti. Questa politica ha permesso al Qatar di assumere un ruolo da mediatore per la promozione della pace.
La nostra capitale, Doha, è diventata il centro di un nuovo Paese, dinamico e multiculturale, in cui la creazione di un’economia della conoscenza è un obiettivo chiave da raggiungere entro il 2030. Proprio a causa della nostra imparzialità veniamo spesso interpellati per mediare fra diverse fazioni.
Nel 2008, siamo riusciti a negoziare un accordo di pace fra i vari gruppi che si combattevano nel sud del Libano. In seguito, abbiamo svolto un ruolo simile in Darfur. Nel corso degli anni abbiamo accolto una missione commerciale israeliana e abbiamo aperto le nostre porte per accogliere think-tank occidentali come la Brookings Institution.
Più recentemente abbiamo agevolato le trattative per lo scambio di un soldato americano con cinque prigionieri talebani. E oggi contribuiamo a facilitare i rapporti fra gli Stati Uniti, l’Onu, i nostri vicini arabi, Israele e Hamas, in un momento in cui tutte le parti faticano a trovare una soluzione pacifica.
In tutte le occasioni sentiamo di essere stati dal lato giusto della storia. Soprattutto crediamo di essere stati dalla parte della giustizia, dei diritti e della dignità umana. Tutto ciò è in discussione oggi, a Gaza, e la storia giudicherà le nostre azioni.
Il Qatar è pronto ad aiutare ad attenuare le differenze a favore della pace. Siamo pronti a fare la nostra parte per promuovere il dialogo e trovare una soluzione ai problemi apparentemente irrisolvibili che tormentano gli abitanti del Medioriente. Alcuni di questi problemi, come Gaza, hanno radici antiche di anni, o perfino decenni. Ma ciò non significa che non possano essere risolti. Lo spargimento di sangue, la sofferenza e la morte devono essere fermati. In Qatar, terremo sempre la porta aperta alla pace.
Khalid bin Mohammed al-Attiyah – Ministro degli Esteri del Qatar
Traduzione a cura di The Post Internazionale – in co-pubblicazione con l’Espresso