La paralisi delle elezioni keniote
Il malfunzionamento del sistema elettronico di conteggio dei voti sta rallentando il processo elettorale, rendendolo ancora più incerto
Il nuovo sistema elettronico di conteggio dei voti in Kenya è andato in crash martedì, e nonostante le urne si siano chiuse ormai da tre giorni mancano ancora i risultati definitivi.
Dal 2007, anno delle ultime elezioni, il Kenya ha intrapreso molte riforme importanti tra cui il passaggio di una nuova Costituzione e la revisione al processo di elettorale.
I voti dovevano essere trasmessi dai seggi sparsi sul territorio tramite messaggi di dati crittografati, ma il server presso la sede elettorale centrale è collassato nel giro di poche ore e una pletora di funzionari elettorali sta ancora svolgendo il conteggio manualmente, sulla base di fogli di carta provenienti da tutto il Paese.
Kenyatta, figlio del primo presidente del Kenya e rampollo di una delle famiglie più ricche in Africa, sembrava in testa nel conteggio iniziale dei voti e all’inizio di questa settimana era il favorito per l’elezione, essendo stato dato in vantaggio di oltre 10 punti percentuali rispetto al suo principale sfidante, Raila Odinga.
La commissione elettorale incaricata della supervisione del voto ha però nel frattempo deciso di includere centinaia di migliaia di voti considerati inizialmente nulli nel conteggio globale dei voti validi, forse compromettendo la vittoria di Kenyatta.
Secondo il modello elettorale adottato, un candidato deve ottenere il 51% dei voti e il 25% in metà più una delle 47 counties, per essere eletto presidente. Osservatori elettorali affermano che la decisione può significare l’elezione andrà a un ballottaggio.
Si tratta delle prime elezioni presidenziali in Kenya dal 2007, quando intensi scontri etnici causati da brogli elettorali portarono all’uccisione di oltre 1.000 persone. I pubblici ministeri presso la Corte penale internazionale accusarono Kenyatta di crimini contro l’umanità per aver organizzato alcune delle violenze.