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La lunga marcia dei rifugiati verso Berlino

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Sono stati in cammino per 600 chilometri. Lanciando un messaggio forte: "Asilo e libertà sono nostri diritti". Ora vogliono una risposta dal governo

La lunga marcia dei rifugiati verso Berlino

La condizione in cui i richiedenti asilo politico sono costretti a vivere in Germania è “miserabile”. Questo è il motivo che ha spinto un gruppo di oltre 200 rifugiati, provenienti principalmente da Pakistan, Iran, Burkina Faso e Afghanistan, a intraprendere una lunga marcia di protesta, dalla Baviera fino a Berlino. L’hanno chiamata Refugee Protest March, una marcia ‘di liberazione’ che li ha portati a oltrepassare molti confini. Tra i primi quello del distretto di Würzburg, infrangendo così l’obbligo di residenza che li vincola a non allontanarsi per più di 40 chilometri dal centro di accoglienza loro assegnato.

Hanno camminato per 28 giorni, lungo più di 568 chilometri e attraverso vari stati della Repubblica federale, fino a sotto il Bundestag, nel cuore della capitale. Arrivati a Berlino hanno montato un campo nel quartiere ribelle di Kreuzberg, non lontano dal Parlamento, e hanno indetto una grande manifestazione. Il loro obiettivo era di portare all’attenzione dell’opinione pubblica e dei media un problema spesso ignorato in Germania: la situazione in cui sono costretti a vivere. I rifugiati vengono ospitati dentro un centro di accoglienza, solitamente fuori città, in condizioni a loro dire disumane. Le procedure per richiedere asilo politico inoltre possono durare diversi anni, senza la certezza di ricevere alla fine il permesso di soggiorno. Molti non reggono la lunga attesa, tanti cadono in depressione e ci sono stati alcuni casi di suicidio.

Quello che chiedono è di lavorare, di andare a scuola e di potersi muovere liberamente per il Paese. La legge tedesca li obbliga a vivere con un sussidio statale, da poco equiparato a quello di disoccupazione (Hartz IV). Non ricevono soldi in contanti, bensì buoni acquisto che si possono spendere solo in certi negozi e solo per comprare determinate merci. Le proteste e la conseguente marcia sono scoppiate dopo che nel centro di accoglienza di Würzburg, in Baviera, un rifugiato iraniano, Mohammad Rahsepar, ha deciso di togliersi la vita.

L’evento ha fatto esplodere un caso. “Siamo qui per mettere sotto pressione il governo”, dice Mohammad Kalali, un attivista iraniano. I manifestanti che lo circondano urlano: “Non rispetteremo nessuna legge che non ci rispetti come uomini”. “Asilo e libertà di movimento non sono privilegi, sono diritti umani”, spiega Kalali. Alla manifestazione i rifugiati hanno trovato anche l’appoggio di alcune forze politiche, tra cui il Partito Pirata (che però non è rappresentato in Parlamento) e i Verdi. Ma non sarà facile per loro avere una chance di arrivare a influenzare l’attuale agenda politica tedesca. Inoltre, se le autorità hanno deciso di tollerare la situazione nel campo almeno fino alla manifestazione, non è chiaro cosa succederà dopo. I rifugiati hanno violato molte leggi per arrivare fin qui.

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