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La caduta degli idoli

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I nazionalisti ucraini vedono i monumenti comunisti come simboli della dominazione russa. E li distruggono uno dopo l'altro

In Ucraina è caccia alle statue di Lenin. Da inizio dicembre sono almeno sei i monumenti al padre della rivoluzione d’ottobre abbattuti o imbrattati dai nazionalisti, che considerano Vladimir Ilic Ulianov un simbolo del dominio di Mosca. Ma nel mirino dei militanti del partito ‘Svoboda’ e di altri movimenti di destra e di estrema destra ci sono anche altri simboli dell’epoca sovietica.

La notizia dell’ennesimo attacco a una statua di Lenin è stata data il 10 gennaio dall’agenzia Itar-Tass. Questa volta i nazionalisti hanno decapitato un monumento che sorgeva a Mashevska, nella regione di Poltava. Il 6 gennaio, vigilia del Natale ortodosso, è stato invece danneggiato un monumento in memoria dei militari sovietici caduti nella Seconda guerra mondiale a Ghliniani, nella regione di Leopoli (Ucraina occidentale, a più forte presenza nazionalista). Secondo la polizia, sono state decapitate due statue di militari e a una è stato staccato un braccio. Ma a far indignare molta gente, anche nella vicina Russia, è il fatto che quello che i vandali hanno danneggiato è anche un monumento funebre costruito sulla tomba di 32 soldati morti nella guerra contro l’invasore nazista.

A destare scalpore in tutto il mondo è stato però l’abbattimento recente della statua di Lenin innalzata in epoca sovietica in viale Shevchenko, nel centro di Kiev. L’8 dicembre, nel pieno delle manifestazioni ‘europeiste’, i nazionalisti hanno fatto fuori la statua che sorgeva da decenni nel centro della capitale e poi ne hanno mostrato la testa alla folla in piazza Indipendenza come se fosse un trofeo, un po’ come a suo tempo fu per Luigi XVI di Francia, ma con la differenza che la testa del leader bolscevico era di granito rosso e che non c’è stato bisogno della ghigliottina. I nazionalisti hanno avuto gioco facile: in serata hanno messo un cavo d’acciaio attorno alla statua e l’hanno buttata giu’. La testa si e’ staccata subito dal resto del corpo, lasciando un grande solco sul marciapiede. Poi sono arrivate le martellate: per giorni. I nazionalisti ucraini hanno continuato a infierire a lungo su Lenin. Facevano a turno per occupare la migliore posizione da cui colpire con delle mazze pesantissime. Le schegge di marmo rosso schizzavano dappertutto mentre i fotoreporter continuavano a scattare foto. Qualche turista dell’ultimo momento si faceva fotografare con un pezzo di marmo della statua, da portare a casa per ricordo, come fosse un souvenir.

Un altro monumento a Lenin è stato distrutto nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, quando è stata tirata giù e ”completamente disintegrata” una statua che si trovava a Berdiciv, una città di circa 85.000 abitanti nella regione di Zhitomir, nella parte centro-occidentale della repubblica ex sovietica. ”Ovviamente – ha spiegato il portavoce della polizia locale – si trattava di un gruppo di persone visto che è praticamente impossibile per un solo uomo abbattere una statua alta due metri su un piedistallo alto un metro e settantacinque”. Poche ore dopo, all’alba del 6 gennaio, sconosciuti hanno imbrattato un altro Lenin di pietra gettandogli addosso un sacchetto di plastica pieno di vernice nera a Berezovka, nella regione (russofona) di Odessa. Sempre nella stessa regione dell’Ucraina meridionale sono finiti ‘ko’ altri due monumenti a Lenin: il 9 dicembre ne è stato abbattuto uno vicino a un circolo di ferrovieri a Kotovsk, mentre nella notte tra il 3 e il 4 gennaio il padre del comunismo sovietico ‘è caduto’ ad Andreivo-Ivanovo. Secondo le forze dell’ordine però quest’ultima statua è crollata da sola, perché il piedistallo ha ceduto. Una spiegazione che ha suscitato non poca ironia: ”La polizia ritiene che Lenin si sia suicidato”, ha detto qualcuno scherzando.

La grande stella sovietica in cima al cancello d’ingresso del municipio di Kiev è stata invece staccata il 15 dicembre da uno dei manifestanti ‘europeisti’ (probabilmente un nazionalista) che occupano l’edificio dal primo dicembre. In un video postato su Youtube si vede un uomo a viso coperto che, incitato da un gruppetto di persone, si arrampica sul cancello e scuote la stella di metallo finché questa non si stacca e cade al suolo.

Lenin è stato venerato per decenni durante l’era sovietica, ma gli ucraini ora sono divisi sulla sua figura: per i veterocomunisti di Petro Simonenko resta ”un eroe” a cui ispirarsi. E per loro lo è anche il sanguinario Stalin. Per i nazionalisti, che nella vita politica ucraina hanno un peso non meno importante (gli ultrà di ‘Svoboda’, alleati di Iulia Timoshenko e accusati di razzismo, antisemitismo e omofobia, hanno ottenuto il 10% dei voti alle legislative dello scorso anno) fu al contrario ”l’oppressore” che riportò l’Ucraina sotto ”il giogo di Mosca”, in chiave bolscevica, dopo secoli d’appartenenza di gran parte del suo territorio all’impero zarista. Ed è per questo che ormai da anni in Ucraina imperversa la guerra delle statue tra ‘rossi’ e ‘neri’: con i primi che non perdono occasione per dedicare nuovi omaggi a Lenin o persino a Stalin; e i secondi sempre pronti a rovinare vestigia e monumenti, imbrattandoli o abbattendoli.

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