L’India vieta Uber
Le autorità hanno bandito il servizio di taxi dopo lo stupro di una cliente da parte di un autista già condannato per molestie
Lo scorso 8 dicembre il dipartimento dei trasporti di Nuova Delhi ha deciso di bandire dalle strade della capitale il servizio di taxi online Uber – e tutti i servizi di trasporto privati legati alle app online – dopo che un autista della compagnia americana è stato accusato di stupro.
Il 5 dicembre una ragazza di 26 anni, dipendente di una società finanziaria, ha usato l’app di Uber per tornare a casa dopo un evento nella zona Sud di Delhi. Durante il tragitto si è addormentata e si è risvegliata in un luogo buio e appartato, dove è stata violentata dal conducente.
Dopo essere stata riaccompagnata a casa dallo stesso autista, che le ha intimato di non denunciare l’accaduto, la ragazza è riuscita a fotografate l’auto e a prendere nota del numero di targa. Grazie a quest’ultimo, la polizia ha rintracciato la vettura e il suo conducente.
Shiv Kumar Yadav, 32 anni, è stato arrestato a Mathura, sua cittadina di origine nello stato dell’Uttar Pradesh, dove si era nascosto dopo aver abbandonato l’auto di servizio e spento il cellulare. L’uomo si è dichiarato colpevole e comparirà lunedì prossimo in tribunale a Delhi.
“Quello che è successo a Delhi nel weekend è raccapricciante”, ha dichiarato domenica Travis Kalanick, fondatore e amministratore delegato della startup nata nel 2009 a San Francisco, che di recente è stata valutata 40 miliari di dollari. “Faremo tutto, ripeto tutto il possibile per aiutate a portare il colpevole di fronte alla giustizia”.
Il bando, che si pensa sia temporaneo e le cui implicazioni pratiche non sono ancora chiare, è scattato perché “Uber ha ingannato i clienti con la promessa di un servizio sicuro e affidabile”, si legge nel comunicato del Dipartimento dei Trasporti di Delhi.
La notizia arriva in un periodo già turbolento per la compagnia di taxi privati, che si trova a fronteggiare problemi e opposizioni anche in altri Paesi (Australia, Inghilterra, Germania e Olanda, solo per citarne alcuni): una brusca battuta d’arresto sul mercato internazionale nell’aggressiva crescita della startup di San Francisco.
“La sicurezza è la più alta priorità di Uber, e in India lavoriamo con autisti-partner muniti di licenza per fornire una scelta di trasporto sicura”, ha dichiarato Evelyn Tay, portavoce di Uber. Ma gli inquirenti smentiscono: sul profilo del conducente non è stato effettuato nessun controllo.
Yadav, autore della violenza sessuale sulla 26enne, aveva precedenti per molestie: era stato accusato di stupro già nel 2011 da una sua cliente ventenne mentre lavorava per un’altra compagnia di taxi, e per questo aveva scontato sette mesi di carcere. Quando è stata diffusa la notizia dell’ennesimo stupro, la città è esplosa in un moto di rabbia e sdegno.
Nella capitale, si sono svolte manifestazioni di protesta, proprio a pochi giorni dal secondo anniversario del brutale stupro di gruppo che nel dicembre del 2012 portò alla morte di una fisioterapista 23enne scuotendo la società indiana e il mondo intero (ne avevamo parlato qui).
Nonostante le riforme, i casi di stupro sono aumentati del 26,7 per cento nel 2013 rispetto all’anno precedente, secondo stime governative riportate dal Guardian. Secondo la polizia, l’aumento negli stupri è dovuto al maggior numero di casi denunciati rispetto al passato, ma gli attivisti avvertono che si tratta solo della punta dell’iceberg: molte donne sono ancora vittime di intimidazioni e pressioni affinché non denuncino le violenze.
Molestie e attenzioni non desiderate sono all’ordine del giorno per una donna in India, soprattutto sui mezzi pubblici, come dimostra il video, diventato virale in rete, delle due ragazze ribellatesi a una molestia su bus in Haryana. L’India è il quarto paese più pericoloso al mondo per una donna che deve usare mezzi di trasporto pubblici, secondo una classifica stilata da Thomson Reuters Foundation a ottobre. Una realtà che non sembra destinata a migliorare.
Ad appena un anno dal lancio del servizio sulle strade indiane, in concorrenza con rickshaw e vecchie Ambassador nere e gialle, la decisione della messa al bando nel secondo maggiore mercato dopo gli Stati Uniti è stata seguita anche da Spagna e Tailandia, che hanno oggi deciso di alzare barriere contro l’espansione di Uber e regolamentare il mercato dei trasporti privati via app.