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Home » Esteri

L’India ha fame

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La più grande democrazia del mondo lotta contro la scarsità di cibo

Il partito del Congresso (Inc) è il partito di governo in India dal 2004, e sta giungendo al termine del suo secondo mandato. Ma la possibilità che “la più grande democrazia del mondo” rinnovi la fiducia al partito di Sonia Gandhi nelle elezioni generali di maggio del 2014 appare piuttosto remota.

Nel 2004, il partito del Congresso aveva ottenuto una sorprendente vittoria con un programma molto progressista. Ancora più sorprendente fu constatare che il governo mantenne buona parte delle sue promesse, soprattutto in tema di politiche sociali e di sostegno alla popolazione più povera. Nel 2009, l’Inc e i suoi alleati vennero rieletti, fatto unico per un Paese dove, tra il 1980 e il 2008, la maggior parte dei partiti di governo che si sono ripresentati alle elezioni sono stati rigettati.

Ma il secondo mandato non è stato altrettanto efficace. Una lunga serie di scandali e una semi-paralisi dell’attività legislativa hanno compromesso le probabilità che il partito torni al potere, aprendo la strada al principale partito d’opposizione, il Bharatiya Janata Party, e al suo discusso leader, Narendra Modi.

Il partito del Congresso è conscio della situazione. Nel corso del 2013, il governo ha proceduto a tappe forzate all’approvazione di quello che si può ritenere l’unico provvedimento sostanziale da mettere sul piatto della bilancia elettorale: il National Food Security Act (Nfsa). Il provvedimento (ancora in fase di attuazione) dà il diritto al 67 per cento della popolazione di acquistare una determinata quantità di generi alimentari a prezzi simbolici.

Ovviamente, gran parte delle speranze elettorali dell’Inc sono legate al Nfsa, ma qui la questione politica è secondaria. Secondo i dati del Global Hunger Index del 2013, tra il 2010 e il 2012 il 17 per cento della popolazione indiana era denutrita, mentre il National Family Health Survey del 2005 ha calcolato che la percentuale di bambini malnutriti si aggira intorno al 40%, un valore molto più alto di quello della maggioranza dei paesi dell’Africa subsahariana. Garantire accesso al cibo ai due terzi della popolazione è quindi molto più che una mossa pre-elettorale.

Nel 2009, il partito del Congresso aveva promesso di approvare il Nfsa entro cento giorni dalla sua elezione, ma la crisi economica ne aveva rallentato il percorso legislativo. Il Nfsa è stato infatti approvato solo nel settembre 2013, a quattro anni dalle elezioni, e le insidie relative alla sua attuazione non sono ancora terminate.

L’India, in quanto membro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc), rischia di violare i termini degli accordi in materia di sussidi all’agricoltura. In particolare, gli aiuti per fornire il cibo a prezzi simbolici, sommati al sussidio pagato agli agricoltori per produrre quello stesso cibo, sforano i limiti stabiliti dall’accordo.

In questi giorni, i ministri del commercio di tutto il pianeta sono riuniti a Bali per un importante incontro dell’Omc. In ballo c’è proprio la revisione degli accordi in questione: i paesi in via di sviluppo (tra cui anche Cina, Pakistan e Indonesia), premono perché i sussidi destinati a garantire la sicurezza alimentare della popolazione siano esenti da limitazioni. Stati Uniti e Unione Europea sono disposti, al massimo, a concedere una proroga di quattro anni, poi i sussidi dovranno rientrare entro i limiti stabiliti.

In altre parole l’India si trova davanti a una scelta politicamente assai difficile: rinunciare ad attuare il Nfsa – per il governo, un suicidio politico – o accettare formalmente di iniziare una politica di riduzione dei sussidi agli agricoltori, un altra mossa rischiosa, considerando che i due terzi della popolazione traggono sostentamento dall’agricoltura. Inoltre, il settore primario attraversa ormai da decenni una crisi profonda, drammaticamente testimoniata dal recente aumento dei suicidi tra gli agricoltori indiani.

Accettando i termini dettati da Stati Uniti e Unione Europea, infine, il governo andrebbe incontro all’accusa, già mossa da parte dell’opposizione, di aver rinunciato alla propria sovranità.

Ma la questione non è, e non dovrebbe essere, solo interna all’India.

Le Nazioni Unite si sono impegnate, con i Millennium Development Goals, a dimezzare la percentuale di popolazione che soffre la fame entro il 2015. Rinunciare a chiedere a un Paese in cui quasi la metà dei bambini sono malnutriti di compromettere la propria sicurezza alimentare a beneficio degli agricoltori occidentali potrebbe essere un modo di dimostrare che l’obiettivo non è mera retorica.

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