L’esercito del Sudan accusato di stupro
Human Rights Watch denuncia un altro episodio di violenza accaduto nel Darfur
Human Rights Watch, organizzazione non governativa attiva nel campo dei diritti umani, ha accusato alcuni soldati dell’esercito sudanese di avere violentato 221 tra donne e ragazze nella notte fra il 30 novembre e il primo dicembre del 2014.
Il fatto sarebbe avvenuto nella regione del Darfur, a Tabit, in un momento di forte presenza da parte di militari e polizia. L’Ong ha denunciato l’impossibilità di poter accedere alla zona, mentre diplomatici dell’Onu hanno riferito che è stato loro impossibile indagare sull’incidente.
Le testimonianze sul caso arrivano da un gruppo di quindici ragazze sopravvissute allo stupro e che avrebbero raccolto anche i nomi delle vittime.
Aicha Elbasri, portavoce di Unamid – la missione congiunta di Unione africana e Nazioni Unite in Darfur – ha dichiarato che altri casi di stupro sono stati registrati sia nel 2012 che nel 2013, compreso quello su una ragazza 17enne incinta.
L’esercito sudanese ha duramente criticato questa versione dei fatti. “Tutte le accuse riguardanti l’area di Tabit sono la reazione di Unamid alla richiesta del governo di lasciare il Sudan”, ha dichiarato il portavoce delle forze armate Alswarmi Khalid.
La regione a ovest del Sudan è stata teatro di una delle più sanguinose guerre dalla fine della seconda guerra mondiale. Tra il 1983 e il 2005, gli scontri fra le tribù non arabe e l’esercito governativo causarono la morte di oltre 300mila persone.
Omar al-Bashir, attuale presidente del Sudan e in carica dal 30 giugno 1989, è accusato dalla Corte Penale Internazionale di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra.