Uhuru Kenyatta è stato rieletto presidente del Kenya ma l’opposizione denuncia brogli
Il principale sfidante, l'ex primo ministro Raila Odinga, ha contestato i risultati definendoli “falsi“ e sostenendo che il sistema informatico che gestisce il voto sia stato hackerato per manipolare le elezioni
Uhuru Kenyatta è stato rieletto presidente del Kenya. Il presidente, 56 anni, ha sconfitto il suo principale avversario Raila Odinga, ex primo ministro del paese, in una corsa presidenziale che è stata incerta fino all’ultimo.
La commissione elettorale locale ha affermato che, con oltre il 91 per cento dei voti già scrutinati, il presidente Kenyatta ha ricevuto il 54,5 per cento dei voti contro il 44,6 per cento dei consensi raccolti da Odinga.
L’ex primo ministro non ha riconosciuto i risultati, definendoli “falsi”. Lo staff della campagna presidenziale di Raila Odinga afferma infatti che questi dati non sono corredati da documenti ufficiali e pertanto sono solo il risultato di un lavoro informatico e non della volontà degli elettori.
“Secondo le nostre proiezioni, siamo in vantaggio”, ha detto Odinga. Secondo l’ex primo ministro dunque il sistema informatico che gestisce il conteggio dei voti è stato violato da un attacco informatico allo scopo di manipolare le elezioni.
Il candidato ha poi pubblicato su twitter i risultati non ufficiali dell’opposizione, secondo cui la coalizione di Odinga, la NASA, sarebbe in vantaggio su quella di Kenyatta, la Jubilee, con 8,1 milioni di voti contro i 7,2 che sarebbero stati raccolti dal presidente.
NASA's tallying of actual Form 34As from yesterday's election indicates the Presidential votes so far as:
NASA – 8.1m
Jubilee – 7.2m— Raila Odinga (@RailaOdinga) August 9, 2017
La commissione elettorale del paese ha invece fatto appello alla calma. “Durante questa fase critica, esortiamo tutti i keniani a restare calmi e ad aspettare i risultati ufficiali definitivi che stanno arrivando dai seggi elettorali”, ha detto un funzionario della commissione.
Nonostante i dati ufficiali parziali gli consegnino un vantaggio di oltre un milione e 400mila voti sul suo sfidante, il presidente non ha ancora commentato il voto. La polizia ha nel frattempo usato gas lacrimogeni per disperdere un gruppo di manifestanti pro-Odinga nella capitale. “Niente Raila, niente pace”, urlavano i dimostranti dell’opposizione.
Kenyatta è stato leader del partito Kenya African National Union (Kanu), l’ex partito unico del Kenya, ed è il figlio di Jomo Kenyatta, il padre dell’indipendenza del paese, di cui è stato presidente dal 1964 fino alla sua morte, avvenuta nel 1978.
Il suo nome, Uhuru, significa libertà in Swahili, la lingua ufficiale del paese. Nominato dal secondo presidente del Kenya, Daniel Arap Moi, successore alla guida del partito alle elezioni presidenziali tenutesi il 27 dicembre del 2002, Kenyatta subì una pesante sconfitta dalla coalizione di opposizione guidata da Mwai Kibaki, che vinse quelle elezioni con il 62 per cento dei consensi.
Accusato di crimini contro l’umanità commessi dopo le elezioni presidenziali, tra il 2007 e il 2008, fu incriminato per omicidio, deportazione, stupro e persecuzione di avversari politici. Nel 2014, il procuratore capo della Corte penale internazionale ha tuttavia ritirato le accuse per mancanza di prove, archiviando il caso nel 2015.
Kenyatta ha già ricoperto la carica di presidente del suo paese dal 26 marzo 2013, giorno in cui successe a Kibaki, all’8 agosto 2017.
Raila Odinga, ex primo ministro del Kenya, in carica dal 2008 al 2013 finché la carica stessa non fu abolita, è invece membro del parlamento dal 1992, divenendo in seguito ministro dell’Energia e poi dei Lavori Pubblici. Di etnia Luo, ha già partecipato alle elezioni presidenziali del 2007, uscendo sconfitto dalla competizione contro l’allora presidente uscente Kibaki.
I due principali candidati avevano attirato folle enormi in manifestazioni che si erano svolte in tutto il Kenya. Kenyatta e Odinga si sono spostati in elicottero da un comizio all’altro, riempiendo il paese di t-shirt, berretti e poster con il loro volto.
Odinga ha più volte accusato Kenyatta di voler truccare le elezioni, una consultazione resa ulteriormente difficile dal misterioso e brutale omicidio di un alto funzionario della commissione elettorale locale. Un fatto grave di cui le autorità non hanno ancora trovato i responsabili.
L’ambasciatore statunitense ha anche offerto l’aiuto dell’Fbi per indagare sull’assassinio. Questa mossa fa parte dell’impegno diplomatico da parte di Washington per stabilizzare il paese.
Il Kenya è da tempo un partner chiave degli Stati Uniti e dei suoi alleati, sia dal punto di vista economico che strategico, dato il suo fondamentale ruolo in Africa orientale e il dispiegamento delle proprie truppe in Somalia nell’ambito della missione delle Nazioni Unite per pacificare un paese che rappresenta un campo di battaglia chiave nella guerra al terrorismo di stampo islamista.
La competizione presidenziale non è stata l’unica sfida elettorale che ha visto protagonista il popolo keniano in questi giorni. Questa tornata elettorale infatti riguardava ben sei consultazioni.
L’8 agosto, ogni elettore recatosi al seggio ha ricevuto sei schede elettorali. Oltre a scegliere il presidente, gli oltre 19 milioni di votanti hanno scelto anche un membro dell’assemblea nazionale per ogni distretto, una rappresentante femminile per ciascuna delle 47 contee del paese, un senatore per ogni contea, il governatore di ognuna di queste e un membro dell’assemblea locale, ciascuna delle contee ha infatti un proprio organo legislativo eletto dal popolo.
Nel complesso, quasi 2000 keniani sono stati eletti o rieletti. Questo è accaduto grazie alla riforma costituzionale approvata nel 2010. La nuova costituzione ha infatti cambiato il volto della politica del Kenia.
La nuova legge fondamentale ha ridotto i poteri della massima carica dello stato africano. Nonostante quella di presidente sia ancora la poltrona più ambita del paese, i 47 governatori delle contee hanno infatti ampi poteri di amministrazione e possono gestire bilanci sostanzialmente autonomi.
Alcuni di questi politici locali stanno già emergendo come figure pubbliche nazionali e si prevede che influenzeranno la politica di Nairobi negli anni a venire.