Julian Assange è libero: torna in Australia dopo aver patteggiato con gli Usa
Il fondatore di WikiLeaks Julian Assange è libero e sta tornando in Australia dopo aver raggiunto un patteggiamento con le autorità degli Stati Uniti e aver trascorso gli ultimi cinque anni in un carcere di massima sicurezza nel Regno Unito.
“Julian Assange è libero”, ha fatto sapere nella notte WikiLeaks sui propri canali social. “Ha lasciato il carcere di massima sicurezza di Belmarsh la mattina del 24 giugno, dopo aver trascorso lì 1.901 giorni”.
Il 52enne ha accettato di dichiararsi colpevole di un reato legato al suo presunto ruolo nella pubblicazione di materiale riservato appartenente al governo statunitense su WikiLeaks, in particolare quasi 500mila documenti militari segreti relativi alle guerre in Iraq e Afghanistan.
L’accordo raggiunto con le autorità Usa segna la fine di 12 anni di battaglia legale contro l’estradizione, che Assange ha passato prima nell’ambasciata ecuadoriana a Londra – dove ha trascorso 7 anni – e poi nella prigione britannica di Belmarsh – dove era rinchiuso dal 2019.
Prima di tornare definitivamente in libertà, il fondatore di WikiLeaks dovrà presenziare domani a un’udienza in tribunale a Saipan, nelle Isole Marianne Settentrionali, un territorio statunitense nel Pacifico, dove un giudice federale dovrà confermare l’accordo e il giornalista dichiararsi colpevole ai sensi dell’Espionage Act in vigore negli Stati Uniti.
Secondo l’emittente statunitense Cnn, i termini del patteggiamento con i pubblici ministeri del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti prevedono una condanna a 62 mesi di carcere, equivalente al periodo di tempo già scontato da Assange nel Regno Unito.
Il giornalista era stato arrestato su richiesta delle autorità della Svezia per due accuse di stupro (in seguito archiviate) ma poi la reclusione è stata prorogata per la sopraggiunta la richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti, che accusavano Assange di spionaggio. Nel 2021 l’Alta Corte britannica aveva dato il via libera alla richiesta Usa, una decisione confermata l’anno seguente dalla Corte Suprema.
L’allora ministra dell’Interno di Londra, Priti Patel, aveva addirittura disposto l’ordine di estradizione,ma Assange aveva fatto ricorso chiedendo la revisione del verdetto. Nel 2022 poi il fondatore di Wikileaks si era anche rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ma i giudici comunitari avevano respinto la sua istanza. Nel maggio scorso però l’Alta Corte di Londra gli aveva concesso un nuovo appello. La saga si concluderà domani con la sua definitiva liberazione.