“Io sono Joshua Wong: arrestato 8 volte, bloccato nel mio paese e perseguitato dalla Cina. Vi spiego la mia lotta per Hong Kong”
Giulio Gambino, direttore di TPI, intervista a Hong Kong Joshua Wong, il protagonista delle proteste che infiammano l'ex colonia britannica da giugno
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Joshua Wong, il volto delle proteste anti-Cina, intervistato a Hong Kong da Giulio Gambino, direttore di The Post Internazionale (TPI)
“Io sono Joshua Wong, sono stato messo in galera tre volte. E adesso sono ancora sotto processo. Spero che un giorno Hong Kong possa essere proprio come l’Italia – un posto dove ci sono libertà, diritti, democrazia”.
Il direttore di TPI Giulio Gambino ad Hong Kong ha intervistato Joshua Wong, il protagonista delle proteste che infiammano l’ex colonia britannica da giugno.
“Con la crisi umanitaria e la repressione delle proteste in corso sotto la dura gestione del presidente Xi Jinping, è tempo per noi hongkonghesi di continuare la nostra difficile battaglia. Sono stato arrestato otto volte, sono stato in prigione tre volte. Proprio qui fuori dal quartiere generale del governo di Hong Kong sono stato fermato dalla polizia per la prima volta. Ma questo non fa che rendermi più forte e determinato”.
“Il governo e la Corte Suprema di Hong Kong mi hanno impedito di viaggiare al di fuori del paese solo perché sono perseguitato dal regime cinese. Tutto questo è irragionevole e folle, perché così ignorano il mio diritto fondamentale di libertà di movimento. Ma anche se mi hanno proibito di viaggiare all’estero resto comunque la voce di Hong Kong più ascoltata dalla comunità internazionale”.
“Dopo che il governo italiano ha firmato il Memorandum Italia-Cina, mi preoccupa profondamente la possibilità che gli italiani possano mettere gli interessi economici e i trattati commerciali con la Cina davanti ai diritti umani. Sono pienamente consapevole e capisco che si debba comunque interagire con il governo cinese, ma considerato quel che sta succedendo a Hong Kong, dove la Cina interferisce per ottenere vantaggi economici, esorto il governo italiano e i politici a stare attenti: niente è gratis a questo mondo”.
“Sono fortemente deluso dal fatto che il governo italiano abbia permesso l’esportazione di armi verso la polizia antisommossa di Hong Kong. Penso che l’Italia non debba essere alleata della repressione a Hong Kong”.
“Sarebbe fantastico poter incontrare il ministro degli esteri italiano ma prima, il governo di Hong Kong deve permettermi di viaggiare all’estero”.
“Ci sono cinquemila persone arrestate, 500 persone – tra cui io – sotto accusa. Non solo manifestanti, ma anche medici e infermiere arrestate con l’accusa di fomentare i disordini. Ci sono stati casi di giovani manifestanti donne che sono state stuprate nelle stazioni di polizia dalla polizia antisommossa stessa, alcune di loro sono anche rimaste incinte. Penso che ci sia già una crisi umanitaria e quindi il mio messaggio al ministro degli Esteri italiano è questo: non alleatevi con Pechino nel reprimere le proteste”.
Luigi Di Maio è quello incaricato degli affari internazionali. Ecco perché voglio incontrare proprio lui. Ovviamente poi ho partecipato alla seduta al Senato italiano – così come ho viaggiato anche in Germania, negli Stati Uniti e Taiwan a settembre. Chiaramente un’altra ragione è il fatto che l’Italia ha firmato il Memorandum Italia-Cina”.
“Stare a fianco dei manifestanti di Hong Kong è una buona idea per i politici italiani – specialmente perché noi stiamo chiedendo soltanto delle libere elezioni. Speriamo di poter votare per eleggere il nostro governo. Il capo dell’amministrazione di Hong Kong dovrebbe essere eletto dai cittadini di Hong Kong. Per l’Italia confrontarsi con le critiche dell’ambasciata cinese nonostante le nostre richieste siano tanto basilari è una pazzia irragionevole. Mostra soltanto come la Cina non abbia alcun rispetto verso la democrazia e i valori liberali”.
“Sostenere Hong Kong, non è una questione di destra o sinistra, ma è una questione di giusto o sbagliato. Con simili affermazioni e narrative da parte del movimento 5 stelle, la mia risposta è “i fatti dicono più delle parole”. Il parlamento italiano può passare una risoluzione per supportare la democratizzazione di Hong Kong. Dobbiamo cercare supporto per i manifestanti di Hong Kong in tutto l’arco parlamentare e lottare per libere elezioni. Per quanto riguarda invece la descrizione e la comprensione della realtà dei campi di rieducazione nello Xinjiang, sono piuttosto deluso perché è chiaro che Pechino è una minaccia non soltanto per Hong Kong o Taiwan ma anche per altre parti della Cina continentale e per posti distanti come l’Italia. Nonostante le nostre differenze storiche e culturale, crediamo tutti in dei valori condivisi e universali: la libertà e la democrazia”.
“Non è il primo caso: è già successo in altri paesi. L’unica cosa su cui ci concentriamo ad Hong Kong. Speriamo che i diversi partiti politici in Italia si accorgano che è tempo di prendere una posizione di politica estera nei confronti della Cina e di Hong Kong. Io credo che anche soltanto tre anni fa, nessuno in Italia avesse idea di quanto stesse succedendo ad Hong Kong. Ma con un movimento di protesta scoppiato lontano, in Asia, è tempo che riconsiderino seriamente le proprie posizioni per sostenere i manifestanti a Hong Kong”.
“Io non sono il genere di persona che sostiene o celebra qualsivoglia campagna elettorale a favore di un particolare candidato, ma spero che ogni politico italiano riesca a capire e spiegare cosa stia succedendo a Hong Kong con il fallimento dell’idea di un paese-due sistemi”.
“L’Italia dovrebbe prendere esempio da quanto è successo a Hong Kong. Nel secolo scorso, Hong Kong era sotto al controllo del Regno Unito ed era una delle città coloniali. Più tardi, dopo il passaggio di potere alla Cina, abbiamo cominciato a vedere attivisti imprigionati, rappresentanti eletti democraticamente venire spodestati, giornalisti stranieri venire espulsi, persino un editore che è stato rapito da Hong Kong e portato nella Cina continentale. E con l’influenza del governo cinese in Italia, Sappiamo che la questione del 5G e Huawei che vengono ampiamente discusse in Europa e iniziative come il memorandum Italia-Cina fanno parte delle strategie e delle tattiche che Pechino impiega per approfittarsi economicamente degli altri paesi e inoltre per estendere il proprio soft power, per esempio aprendo nuove università all’estero. Per spargere valori autoritari che non rispecchiano la visione del mondo di chi crede alla libertà”.
“Io non sono un leader del movimento per la democrazia ad Hong Kong. Non posso di certo rappresentare oltre due milioni di persone che partecipano alle proteste, ma quello che posso fare è essere uno delle centinaia che aiutano il movimento facendo sì che le voci della gente di Hong Kong vengano ascoltate dalla comunità internazionale. Quello che intendo è che non sono un comandante, non chiedo che i manifestanti mi ascoltino e mi seguano, ma sono solo uno dei tanti attivisti che sperano di poter aiutare il movimento”.
“Io non ho mai usato questo slogan. Hong Kong Human Rights and Democracy Act è stato firmato dal presidente americano Trump due settimane fa, ma può essere reciso in qualsiasi momento e i diritti umani non possono essere surclassati da trattati commerciali”.
“I cittadini di Hong Kong stanno combattendo per arrivare a elezioni libere, noi speriamo di poter eleggere il nostro governo. Ma Hong Kong è sotto il pugno di ferro di Pechino, ovviamente il fatto che gli hongkonghesi possano o meno un giorno godere della democrazia dipende dal governo cinese. È una domanda a cui il presidente Xi deve rispondere sì o no. Hong Kong si merita la democrazia e delle elezioni libere – oppure no? Sì o no?”.
“Magari Pechino non ha mai fatto niente di male in Italia. Ma l’Italia ha già esportato armi destinate alla polizia antisommossa alleata con Pechino, e quindi visto che credo che le azioni dicano più delle parole, è tempo che il governo italiano la smetta con le esportazioni e mostri una posizione forte a favore della democratizzazione di Hong Kong”.
“Da oltre dieci anni, i leader mondiali hanno notato la crescita del modello cinese, legato ai suoi valori autoritari. Anche se le persone ne conoscono il lato oscuro, sperano comunque di poter diventare amiche della Cina. Questo include anche alcuni politici italiani. Ma con l’enorme espansione del loro potere, con le torture e la crisi umanitaria nello Xinjiang e con le continue proteste dei cittadini di Hong Kong nonostante sia una città finanziaria ben sviluppata, penso sia tempo che il governo italiano impari una lezione. Che si accorgano che non possono più girarsi dall’altra parte rispetto a quanto sta succedendo a Hong Kong e in Xinjiang”.
“Le persone di Hong Kong lottano per delle elezioni libere da più di tre decadi. Questo è un diritto fondamentale che gli italiani possono vantare da quasi un secolo. Chiediamo soltanto un cambiamento fondamentale di cui voialtri potete godere da decenni. Davanti a una strada così in salita, esorto il governo italiano e il parlamento a non allearsi con Pechino, facendo amicizia con un tale regime comunista. È tempo di smettere di esportare armi antisommossa e mettere in piedi un meccanismo di sanzioni verso i poliziotti e gli ufficiali governativi di Hong Kong che abusano del loro potere causando una crisi umanitaria. Io sono Joshua Wong, sono stato messo in galera tre volte. E adesso sono ancora sotto processo. Spero che un giorno Hong Kong possa essere proprio come l’Italia – un posto dove ci sono libertà, diritti e democrazia”.
“Hong Kong accoglie tutti i politici italiani, che siano al governo o al parlamento, che mostrino il proprio supporto e sostengono Hong Kong nella sua lotta per la libertà. È tempo che il governo italiano riveli la propria posizione rispetto alla Cina e Hong Kong”.
“Quando soffriamo una crisi umanitaria, venendo arrestati, torturati, processati e mandati in prigione, possono davvero le giovani generazioni godersi la propria vita personale? Ne dubito”.
*Hanno collaborato alla realizzazione dell’intervista ad Hong Kong per la produzione, la traduzione, le riprese, il montaggio: Veronica Di Benedetto Montaccini, Viola Serena Stefanello e Clarissa Valia.