L’Italia abbassa il deficit, ma lo scontro con l’Ue ci è già costato più di un miliardo
Dopo quasi tre mesi di braccio di ferro con la Commissione europea, il Governo italiano ha accettato di ridurre la propria previsione sul rapporto deficit/Pil per l’anno 2019: mercoledì 12 dicembre 2018 il premier Giuseppe Conte ha annunciato che l’esecutivo ha modificato la propria stima, abbassandola dal 2,4 per cento al 2,04 per cento.
La mossa è stata accolta con delusione da una parte dell’elettorato di Lega e Movimento Cinque Stelle e con sollievo da coloro che temevano per le conseguenze dello scontro frontale tra Roma e Bruxelles. Tuttavia, sebbene sia poi stata ritirata, la decisione iniziale del Governo di fissare il rapporto deficit/Pil al 2,4 per cento ha già prodotto alcuni effetti pratici sulle casse dello Stato.
Il dissidio tra Italia e Ue, per esempio, ha fatto impennare lo spread, ossia ha fatto aumentare i tassi di interesse che lo Stato deve pagare agli investitori che gli danno soldi in prestito acquistando Btp.
Il quotidiano La Repubblica ha provato a calcolare quanto sia costato lo scontro tra il Governo e la Commissione europea negli ultimi mesi, anche prima della decisione di programmare il deficit 2019 al 2,4 per cento del Pil.
Repubblica sottolinea che prima della formazione dell’esecutivo M5S-Lega, il Ministero dell’Economia aveva venduto Btp decennali con un rendimento dell’1,83 per cento e che sei mesi più tardi, a ottobre, con lo spread alle stelle, gli stessi titoli sono stati offerti con tassi di interesse al 3,36 per cento.
Con i Btp a scadenza annuale, addirittura, si è passati dai rendimenti negativi di aprile a rendimenti positivi di ottobre
Un altro dato in questo senso lo ha rilevato Luigi Marattin, deputato del Partito democratico, che ha fatto notare come, solo dall’inizio di ottobre, sui titoli a 3, 7, 10 e 30 anni lo Stato abbia già dovuto mettere a registro un aggravio dei rimborsi pari a 728 milioni di euro.
Secondo Bankitalia, inoltre, “l’incremento dei tassi all’emissione dei titoli di Stato ha determinato negli ultimi sei mesi un’espansione della spesa per interessi di quasi 1,5 miliardi”.
Sebbene alla fine l’esecutivo abbia accettato di rivedere i propri piani, quindi, il braccio di ferro con Bruxelles ha comunque già comportato un aggravio dei costi a carico dello Stato. Il premier Conte ha garantito che in ogni caso reddito di cittadinanza e quota 100 non si toccano, ma il commissario Ue Moscovici ha già fatto sapere che la trattativa non finisce qui e che ci sono ancora spazi su cui limare.