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Il governo Netanyahu boicotta Haaretz e ritira la pubblicità degli enti pubblici dal quotidiano: “Molti editoriali hanno danneggiato la legittimità dello Stato di Israele e il suo diritto all’autodifesa”

Immagine di copertina
Credit: WikiCommons / CC-BY-2.5

"Non diventeremo un opuscolo governativo che pubblica veline approvate dall’esecutivo", hanno risposto dal giornale

Il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu boicotta Haaretz e ritira la pubblicità degli enti pubblici dal quotidiano. “Molti editoriali hanno danneggiato la legittimità dello Stato di Israele e il suo diritto all’autodifesa”, ha spiegato l’esecutivo di Tel Aviv. “Come i suoi amici Putin, Erdoğan e Orbán, il premier sta cercando di mettere a tacere un giornale critico e indipendente”, ha risposto la principale testata di orientamento progressista nonché la più antica fondata nel Paese.

Ieri, domenica 24 novembre, il governo israeliano ha approvato una proposta del ministro delle Comunicazioni Shlomo Karhi che impone a qualsiasi ente finanziato dall’esecutivo di astenersi dal mantenere legami con il quotidiano Haaretz o dal pubblicare annunci pubblicitari sul giornale, una mozione approvata dal premier Benjamin Netanyahu.

La proposta, ha spiegato il giornale, non era contenuta nel consueto ordine del giorno diramato prima della riunione settimanale del governo e così l’ufficio della Procura generale, ignaro della mozione, non ha potuto esaminarla e non ha presentato alcun parere in merito come invece prevede la prassi istituzionale. La risoluzione è stata quindi sottoposta ai ministri presenti, che l’hanno votata senza alcun parere legale.

Questa decisione, secondo la spiegazione fornita dal governo di Tel Aviv, è una reazione ai “numerosi editoriali che hanno danneggiato la legittimità dello Stato di Israele e il suo diritto all’autodifesa, e in particolare alle dichiarazioni rilasciate a Londra dall’editore di Haaretz, Amos Schocken, che sostengono il terrorismo e chiedono l’imposizione di sanzioni al governo”.

In un discorso del mese scorso a una conferenza nella capitale britannica, Schocken denunciò: “Al governo Netanyahu non importa imporre un crudele regime di apartheid alla popolazione palestinese. Ignora i costi sostenuti da entrambe le parti per difendere gli insediamenti mentre contrastano i combattenti per la libertà palestinesi, che Israele definisce terroristi”.

In seguito l’editore chiarì che con l’espressione “combattenti per la libertà” non si riferiva a Hamas: ”Avrei dovuto dire: combattenti per la libertà che ricorrono anche a tattiche terroristiche, che devono essere combattute. Il ricorso al terrore non è legittimo”. “Per quanto riguarda Hamas”, ha quindi aggiunto Schocken, “non sono combattenti per la libertà, poiché la loro ideologia afferma sostanzialmente: ‘È tutto nostro, gli altri se ne devono andare'”.

“La risoluzione opportunista di boicottare Haaretz, approvata nella riunione del governo senza alcuna revisione legale, è un altro passo nel percorso di Netanyahu per smantellare la democrazia israeliana”, ha reagito il quotidiano. “Come i suoi amici Putin, Erdoğan e Orbán, Netanyahu sta cercando di mettere a tacere un giornale critico e indipendente. Haaretz non si tirerà indietro e non si trasformerà in un opuscolo governativo che pubblica veline approvate dall’esecutivo e dal suo leader”.

“Chiunque voglia leggere il veleno chiamato giornale Haaretz è assolutamente il benvenuto”, ha commentato sui social il ministro Karhi. “Semplicemente non lo finanzieremo più. Insondabile per voi, eh? Libertà di parola sì, finanziamenti statali per avvelenare lo Stato e l’esercito? Davvero no”.

Ma non è la prima volta che il governo Netanyahu prova a boicottare il quotidiano israeliano. Già l’anno scorso il ministro Karhi provò a presentare una bozza di risoluzione volta a cessare le pubblicazioni da parte del Government Advertising Bureau su Haaretz e a bloccare tutti gli abbonamenti al giornale dei dipendenti statali, inclusi i militari gli agenti di polizia, le guardie penitenziarie e i funzionari e gli impiegati dei ministeri e delle aziende pubbliche.

Dalla chiusura dell’emittente televisiva qatariota al-Jazeera ai limiti imposti ai giornalisti e alle testate straniere per l’accesso alla Striscia di Gaza, l’esecutivo israeliano è stata accusato di diversi tentativi di censura in relazione alla guerra in corso contro Hamas nel territorio costiero palestinese. A metà novembre il Comitato speciale dell’Onu ha denunciato come le piattaforme social Meta (proprietaria di Facebook, Instagram e Whatsapp) e TikTok avrebbero aiutato lo Stato ebraico a censurare i palestinesi e a oscurare le conseguenze del conflitto.

L’ultima mossa del governo Netanyahu ha spinto la Federazione Internazionale dei Giornalisti a esprimere la propria preoccupazione per l’intenzione dell’esecutivo di Tel Aviv di limitare la libertà di stampa e il diritto del pubblico a conoscere la verità.

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