L’Irlanda approva la legalizzazione dell’aborto secondo i primi exit poll
Secondo i primi exit poll, il 68% dei cittadini irlandesi ha votato a favore dell'abrogazione della legge che vieta l'interruzione di gravidanza
I primi exit poll indicano che l’Irlanda ha votato a favore della legalizzazione dell’aborto in occasione dello storico referendum di venerdì 25 maggio 2018.
Secondo l’exit di Irish Times/Ipsos MRBI, il 68 per cento dei cittadini irlandesi ha votato per l’abrogazione di una delle leggi più restrittive al mondo in tema di interruzione di gravidanza contro il restante 32 per cento che avrebbe preferito mantenere il divieto.
L’affluenza alle urne è stimata essere una delle più alte per un referendum: alcuni osservatori indicano che oltre il 60 per cento degli aventi diritto al voto si è recato alle urne, una percentuale simile a quella già registratasi per la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso in Irlanda, approvato nel 2015.
I voti definitivi del referendum sull’aborto in Irlanda sono attesi entro il pomeriggio di sabato 26 maggio. In un paese profondamente cattolico, la conferma degli exit poll porterebbe a un risultato storico da un punto di vista storico, politico e culturale.
L’aborto in Irlanda
L’attuale legge sull’interruzione di gravidanza vieta l’aborto sulla base dell’ottavo emendamento della Costituzione irlandese, che “riconosce il diritto alla vita del nascituro”.
Attualmente l’aborto in Irlanda è illegale anche nei casi di stupro, di incesto o di problemi del feto, e per questo migliaia di donne sono costrette ad andare ogni anno all’estero per poter abortire. Il divieto di aborto in Irlanda è stato istituito per legge nel 1983, e fino al 2013 è stato totale, e punito con una pena fino a 14 anni di carcere.
Migliaia di donne si sono recate all’estero per abortire, come confermano i dati del ministero della Salute britannico, secondo il quale sono state 165.438 le donne che si sono recate nel Regno Unito tra il 1980 e il 2015 per abortire.
Nel solo 2016 sono state 3.265 le donne residenti in Irlanda che si sono recate in Inghilterra e Galles per aggirare il divieto irlandese.
La campagna per legalizzare l’aborto ha raggiunto il suo apice nel 2012, quando una donna indiana, Savita Halappanaar, è morta in un’ospedale di Galway in seguito ad un aborto spontaneo.
Salita aveva chiesto di abortire a causa delle complicazioni della gravidanza, ma la legge irlandese non glielo ha permesso. Qui abbiamo spiegato come funziona il diritto all’aborto nei vari paesi del mondo
Cenni storici sul divieto di aborto in Irlanda
L’ottavo emendamento che di fatto vieta l’aborto in maniera rigida venne introdotto nel 1983 attraverso un referendum costituzionale, e protegge “il diritto alla vita di chi non è ancora nato”.
Nel 1992, la Corte Suprema irlandese stabilì che l’aborto potesse essere praticato nel caso in cui la donna fosse in “reale e sostanziale pericolo di vita”. Tuttavia, a causa della vaghezza della norma, per molti anni quella sentenza è rimasta sostanzialmente inapplicata, anche in virtù del credo religioso di moltissimi medici in Irlanda.
Un primo reale cambiamento si è avuto soltanto nel 2013 quando, attraverso una legge votata in parlamento, il Protection of Life During Pregnancy Act, fu stabilito in maniera più chiara e stringente che, in caso di pericolo di vita della donna, la gravidanza potesse essere interrotta.
La norma fu varata a seguito delle feroci polemiche per il caso di una donna di origini indiane, Savita Halappanavar, morta per un’infezione dopo che i medici di un ospedale di Galway si erano rifiutati di rimuovere il feto, alla diciassettesima settimana di gravidanza, perché “l’Irlanda è un paese cattolico”.