Iraq, il presidente Salih apre a elezioni anticipate. Uccise 250 persone da inizio proteste
Il paese è scosso da forti proteste dall'inizio di ottobre. Dietro la cruda repressione governativa ci sarebbe un generale iraniano
Iraq, il presidente Salih apre a elezioni anticipate. Uccise 250 persone da inizio proteste
Il presidente della Repubblica irachena, Barham Salih, ha oggi aperto alla possibilità di una nuova legge elettorale per eventuali prossime elezioni politiche anticipate, dopo circa un mese di proteste a Baghdad e in altre città del paese, che hanno portato alla morte di oltre 250 persone a causa della repressione governativa e dell’intervento di non meglio identificati miliziani nelle città del sud in rivolta.
La risposta di Salih arriva nel primo discorso televisivo del presidente dallo scoppio delle proteste contro il carovita e la corruzione, iniziate dai primi di ottobre.
Intanto, l’Associated Press (AP) ha rivelato che un generale iraniano sarebbe intervenuto a Baghdad per sedare proteste: si tratterebbe del generale iraniano Ghassem Soleimani, comandante della Forza speciale Quds, che è volato a Baghdad il 2 ottobre, all’indomani dell’esplosione delle proteste contro il governo in Iraq.
Nella capitale il generale ha presieduto un incontro con alcuni funzionari delle forze di sicurezza irachene, in assenza del primo ministro Adel Abdul Mahdi, rivela l’AP, citando due funzionari iracheni informati della riunione.
“Noi in Iran sappiamo come gestire le proteste”, avrebbe detto Soleimani ai presenti il 2 ottobre. “E’ già successo in Iran e le abbiamo tenute sotto controllo”.
Il giorno dopo la visita del generale, gli scontri tra i manifestanti e le forze di sicurezza in Iraq si sono fatti sempre più violenti, con un bilancio delle vittime che ha superato il centinaio di morti e una serie di cecchini non identificati che sparavano sui manifestanti dai tetti di Baghdad.
Il punto sulle proteste in Iraq
Le proteste sono cominciate i primi di ottobre a Baghdad e nella città di Nassiriya per poi estendersi anche al Sud del Paese. La polizia ha reagito con proiettili di gomma e gas lacrimogeni sparando anche sui manifestanti e con il passare dei giorni le violenze si sono moltiplicate.
Solo negli ultimi sei giorni, secondo quanto riportato dall’Osservatorio iracheno per i diritti umani, il bilancio delle vittime della repressione governativa in Iraq è di circa 100 persone uccise e 5.500 feriti.
Una Commissione d’inchiesta indipendente incaricata dal governo di far luce sulla repressione della prima ondata di proteste ha documentato invece l’uccisione di 149 manifestanti e 6 poliziotti dall’1 al 6 ottobre.
Decine di manifestanti sono stati uccisi con pallottole sparate al capo e al petto da non meglio precisati cecchini e uomini armati col volto coperto e con pallottole di gomma e candelotti di gas lacrimogeni sparati a distanza ravvicinata dagli agenti di polizia.
Il primo ministro Adil Abdul-Mahdi ha deciso di imporre il coprifuoco sulla capitale e le altre città in protesta, ma questo non è servito a fermare i manifestanti. Resta da vedere se l’annuncio delle elezioni anticipate da parte del presidente dell’Iraq cambierà le carte in tavola.