La repressione dell’Iran: gli studenti scesi in piazza portati in centri di rieducazione
Sono centinaia gli adolescenti che si sono uniti alle proteste antigovernative in Iran sorte dopo la morte di Mahsa Amini: le ragazze rifiutano di indossare il velo, dalle classi vengono rimosse le immagini del leader religioso Ali Khamenei, si chiedono libertà e parità dei sessi. La risposta di Teheran è però di totale intransigenza. Il ministro dell’Istruzione Yousef Nouri ha fatto sapere che diversi studenti sono stati trattenuti in “centri psicologici” – soluzione scelta al posto dell’arresto – per essere rieducati e corretti. “Quando i nostri esperti avranno fatto il loro lavoro e saranno riusciti a rimuovere gli aspetti antisociali del loro carattere – ha detto in un’intervista al quotidiano iraniano Shargh – gli studenti ‘corretti’ saranno liberati e potranno tornare a scuola”.
Veri e propri istituti di salute mentale nei quali viene proposto un indottrinamento che – nelle speranze di Teheran – dovrebbe allinearli agli stringenti precetti religiosi che regolano la vita civile in Iran. Le nuove generazioni spaventano il regime perché più connesse con il mondo esterno e meno propense a sottostare a quella che è di fatto una teocrazia. Il procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri ha riferito che la maggior parte degli arrestati sono giovani “caduti nella trappola” dei social media occidentali. A inizio ottobre il vice comandante del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie, Sardar Fadavi, ha rivelato che “l’età media della maggior parte delle persone detenute durante le proteste è di 15 anni”.
“Arrestare ragazzini nelle scuole o portarli in cosiddetti centri di correzione è oltraggioso e contrario alle leggi internazionali ma anche alle leggi iraniane”, spiega a Repubblica Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore della ong Iran Human Rights. In base ai dati in possesso dell’associazione, la repressione di Teheran ha fatto più vittime di quanto dichiarato nei bilanci ufficiali: 201 morti, mentre la tv di Stato parla di 42 civili e 15 poliziotti uccisi. Le proteste intanto continuano ovunque nel Paese e sono giunte ormai al 27esimo giorno. Ragazze e donne in tutto l’Iran hanno svolto un ruolo fondamentale nelle manifestazioni e nelle ultime settimane hanno protestato nelle scuole, nei campus universitari e in strada. Ieri Khamenei ha descritto le rivolte come “il piano del nemico contro i grandiosi sviluppi della nazione iraniana”. Ursula von der Leyen gli ha risposto annunciando sanzioni da parte dell’Ue: “Migliaia di manifestanti pacifici vengono picchiati o detenuti. Il nostro messaggio è chiarissimo: la violenza si fermi”.