Iran: il premio Nobel per la pace Narges Mohammadi esce dal carcere per motivi di salute
I giudici le hanno concesso una "sospensione della pena" di 21 giorni, il che significa che alla fine del permesso dovrà tornare in carcere e scontarne altrettanti
Le autorità dell’Iran hanno concesso alla vincitrice del premio Nobel per la pace 2023, Narges Mohammadi, imprigionata dal novembre 2021, una sospensione della pena di 21 giorni per motivi di salute. “Dopo settimane di ritardo in seguito a un doloroso intervento chirurgico alle ossa, la Procura ha finalmente approvato la richiesta dell’avvocato Mostafa Nili, concedendole (a Narges Mohammadi, ndr) una sospensione della pena di 21 giorni”, ha annunciato in una nota la Narges Foundation.
La 52enne, che soffre di problemi cardiaci e di una grave complicazione alle coronarie, è detenuta dal novembre 2021 nella prigione di Evin in Iran, che ospita anche altri attivisti, oppositori e detenuti politici condannati dalle autorità della Repubblica islamica. Insignita del Premio Nobel per la pace nel 2023, in particolare per la sua lotta contro la pena di morte, Narges Mohammadi ha trascorso la maggior parte dell’ultimo decennio in carcere, in condizioni sempre più dure.
“La salute di Mohammadi è peggiorata drasticamente durante la sua lunga detenzione”, denuncia la fondazione. “Nel 2022 subì diversi attacchi cardiaci prima di essere infine trasferita in ospedale per un intervento chirurgico d’urgenza”, ricorda. “All’inizio di ottobre 2024, la famiglia ha espresso serie preoccupazioni in merito ai ripetuti rifiuti da parte dei funzionari della prigione di Evin di trasferirla in ospedale per eseguire un’angiografia, un intervento prescritto dal suo cardiologo a marzo: alla fine le è stato consentito di presentarsi a un appuntamento il 27 ottobre”.
Da allora, la salute di Narges Mohammadi è andata peggiorando ulteriormente. “Il 3 novembre”, spiega la fondazione, “il suo avvocato ha rivelato che, durante la recente visita medica, i dottori avevano scoperto una lesione ossea alla gamba destra, con sospetto di cancro”. “Sebbene Mohammadi sia stata sottoposta a un intervento chirurgico per rimuovere parte dell’osso nella parte inferiore della gamba, incluso un innesto osseo, il 14 novembre, era stata trasferita di nuovo in prigione dopo soli due giorni, contro il consiglio del suo medico e la richiesta del suo team di difesa legale, nonostante non fosse in grado di camminare o persino di sedersi”, prosegue.
“Le condizioni antigieniche della prigione, l’assenza di ricambi di medicazioni sterili, il sovraffollamento nel reparto femminile (con oltre 75 detenute nella sezione generale e 13 confinate nella sua stanza), il suo sistema immunitario compromesso e lo stress del recente intervento chirurgico hanno avuto un impatto grave sulla salute di Narges Mohammadi”, denunciano i suoi sostenitori. “La negazione di cure mediche adeguate e di un tempo di recupero sufficiente dopo l’intervento chirurgico ha portato al rapido sviluppo di piaghe da decubito e a un dolore più intenso alla schiena e alle gambe”.
Per questo, la Narges Foundation ha definito “inadeguata” la sospensione della pena. “Dopo oltre un decennio di prigionia, Narges necessita di cure mediche specialistiche in un ambiente sicuro e igienico, un diritto umano fondamentale. Come hanno sottolineato i dottori, un minimo di tre mesi di recupero è fondamentale per la sua guarigione”, si legge in un comunicato. “Chiediamo il rilascio immediato e incondizionato di Narges Mohammadi o almeno un’estensione del suo congedo a tre mesi. In primo luogo, Narges non avrebbe mai dovuto essere imprigionata per la sua pacifica difesa dei diritti umani e delle donne, lo stesso lavoro che le è valso il premio Nobel per la pace”.
Attualmente, secondo la fondazione, Narges Mohammadi si trova in una residenza privata dove è libera di muoversi ma il provvedimento adottato dai giudici iraniani non comporta la libertà per la premio Nobel. “A differenza di un ‘congedo medico’, che avrebbe consentito di sottrarre il periodo di ricovero dalla pena detentiva, la sospensione comporta che al suo ritorno (in carcere Mohammadi, ndr) dovrà scontare altri 21 giorni”, spiega la fondazione.
Il suo spirito combattivo resta però sempre vivo. “La prima cosa che mi ha detto è che era uscita senza il velo obbligatorio e che aveva una sola parola sulle labbra: ‘Donna, vita, libertà'”, ha spiegato in una conferenza stampa a Parigi il figlio Ali, di 18 anni, che insieme alla sorella gemella Kiana non vede la madre dal 2015 e non aveva contatti con Narges da due anni. “In secondo luogo, e soprattutto, continuerà a lottare instancabilmente contro la Repubblica islamica dell’Iran affinché l’apartheid di genere venga riconosciuto come un crimine universale in tutto il mondo, e continuerà a lottare anche contro la pena di morte”.