Decapitò la moglie e scese in strada con la sua testa in Iran: condannato a 8 anni
In Iran se partecipi alle proteste contro il regime che vanno avanti dalla Morte di Mahsa Amini, rischi l’impiccagione: sono già quattro i ragazzi condannati a morte nel Paese, dopo processi lampo e confessioni estorte con la forza e sotto minaccia.
Ma se uccidi tua moglie decapitandola ed esibendo la sua testa come trofeo in strada, la pena è di otto anni di reclusione. A tanto ammonta la condanna per Sajjad Heidarnava, l’uomo che ad Ahvaz, nell’area sudoccidentale del Paese, nel febbraio 2022 ha eliminato la moglie ed è uscito di casa ridendo con la testa di lei in mano.
La vittima, Mona Heidari, aveva 17 anni: i due si erano sposati quando lei ne aveva 12, avevano un figlio piccolo. Un video emerso successivamente sui social network che mostrava la scena scatenò un’ondata di dolore e indignazione nel Paese.
Da lì partì una campagna delle principali organizzazioni per i diritti umani affinché venisse aumentata l’età minima per contrarre matrimonio, fissata ora a 13 anni per le ragazze. Nella decisione della pena ha inciso il fatto che Heidarnava ha agito insieme a suo cognato, fratello della vittima.
La famiglia della donna aveva “perdonato” l’assassino e non aveva chiesto una punizione più severa ai sensi della legge islamica, che prende il nome di “qesas”.
Il secondo imputato nel caso, il cognato Heidar Heidarnava, è stato condannato a 45 mesi di carcere per “complicità in omicidio volontario”.
Il processo è durato in tutto undici mesi, a differenza degli esempi di giustizia sommaria riservati ai manifestanti che da mesi agitano le piazze del Paese dopo la morte – lo scorso 16 settembre – di Mahsa Amini, la 22enne uccisa dalla polizia per aver violato il codice di abbigliamento femminile.
Da allora le proteste sono andate avanti ininterrottamente, ci sono stati 19 mila arresti e quasi 500 manifestanti hanno perso la vita.