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Home » Esteri

“Presto impiccheremo i dissidenti”: le minacce degli Ayatollah a chi protesta in Iran

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I toni della repressione in Iran si alzano e assumono sempre più i connotati di una rappresaglia. “I rivoltosi, condannati a morte per ‘Muharebeh’ o ‘Fesad fel arz’ (‘Guerra contro Dio e Corruzione sulla Terra’, due capi d’accusa della legge islamica iraniana) saranno impiccati presto”, fa sapere il capo della magistratura iraniana Gholamhossein Ejei in riferimento a un gruppo di persone arrestate durante proteste dopo l’omicidio di Mahsa Amini. “Sono state emesse anche alcune altre sentenze di reclusione a lungo termine”, ha aggiunto, minacciando chiunque provochi la rivolta popolare o incoraggi gli altri a scioperare. È notizia di pochi giorni fa la sentenza di condanna alla pena capitale per Fahimeh Karimi, allenatrice di pallavolo e madre di tre figli, che a Pakdasht, nella provincia di Teheran, ha preso a calci un paramilitare Basiji, il corpo fondato per ordine dell’Ayatollah Ruhollah Khomeini nel 1979.

La donna era compagna di cella di Alessia Piperno nel carcere di Evin. “La sera le cantavo Bella Ciao per calmarla, da quando sono tornata ho cercato sue notizie ogni giorno”, ha scritto su Instagram l’italiana dopo aver appreso della sentenza. “Il corpo paramilitare dei basij, la polizia e le forze di sicurezza non esiteranno a fronteggiare duramente i rivoltosi, i criminali armati e i terroristi che sono stati assoldati dai nemici”, si legge in una dichiarazione delle Guardie della rivoluzione iraniana. Nel Paese è in corso il primo dei tre giorni di sciopero generale che coinvolge esercenti e università.

“Dopo la sconfitta della nuova sedizione, creata dai nemici, il sistema sacro della Repubblica islamica continuerà con forza a realizzare la sua causa e sconfiggerà il fronte unito dei nemici”, spiegano ancora le autorità. Da metà settembre, quando le proteste per la morte di Mahsa Amini sono cominciate, ci sono stati circa 18 mila arresti. Il dato non è ufficiale, così come non lo è quello sulle vittime, che sarebbero almeno 470, di cui 60 bambini, secondo le stime della ong Hrana, osservatorio per i diritti umani in Iran.

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