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Home » Esteri

L’Iran sta silenziosamente consolidando le sue forze armate in Siria

Immagine di copertina
Credit: Mikhail Voskresenskiy / RIA Novosti / Sputnik

L'impennata degli incidenti transfrontalieri tra Israele e Siria si sta trasformando nel "più grande" confronto tra i due paesi in decenni

Israele e l’Iran sono ora, per la prima volta, impegnati in uno scontro frontale sul territorio siriano, sollevando lo spettro di un imminente conflitto molto più ampio.

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Questo è il risultato dell’escalation di tensione in atto negli ultimi giorni, che da una parte vede Israele e dall’altra la coalizione fra Siria, Iran e Hezbollah libanese.

L’impennata degli incidenti transfrontalieri tra Israele e Siria si è trasformata nel “più grande” confronto tra i due paesi in decenni.

Israele si vede costretto ad affrontare una combinazione di circostanze incombenti: l’aggressività dell’Iran, la “crescente fiducia in se stesso del regime di Assad” e, soprattutto, il parziale appoggio russo agli altri due membri dell’asse.

Come riferisce il New York Times, alcune persone in Israele hanno iniziato a riferirsi a una potenziale “Prima guerra del Nord”, nel senso che Israele dovrà combattere attraverso le frontiere libanesi e siriane.

E molti israeliani dicono che il pericolo non proviene solo dalle nuove milizie appoggiate dall’Iran, ma anche dagli sforzi iraniani di fornire armi avanzate e di alta precisione in grado di colpire infrastrutture sensibili a Hezbollah, la forza esterna più potente ed esperta dell’Iran.

E infatti, domenica 18 febbraio 2018, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, all’annuale Conferenza di sicurezza di Monaco, ha detto che Israele, dopo che gli incidenti di confine in Siria hanno avvicinato i nemici del Medio Oriente allo scontro diretto, potrebbe agire contro l’Iran stesso, non solo contro i suoi alleati.

Il 10 febbraio scorso, un drone iraniano che aveva attraversato lo spazio aereo di Israele era stato intercettato dall’aviazione israeliana e abbattuto.

In un incontro vicino al confine siriano, il Gabinetto israeliano aveva infatti sottolineato le nuove minacce, attribuendole a quella che definisce “la crescente fiducia in se stesso dell’Iran”, visto il successo del governo di Bashar Assad nella guerra civile siriana avuto anche grazie sostegno iraniano.

Israele aveva definito l’infiltrazione del drone una “violazione severa e irregolare della sovranità israeliana”.

“Questo è un grave attacco iraniano sul territorio israeliano, l’Iran sta trascinando la regione in un’avventura in cui non sa come andrà a finire” ha dichiarato il principale portavoce militare di Israele, il generale Ronen Manelis, aggiungendo che “chiunque sia responsabile di questo incidente è colui che pagherà il prezzo”.

Il premier israeliano, all’incontro di Monaco, ha aggiunto che l’Iran aveva negato di aver inviato e aver subito l’abbattimento di un drone, sostenendo che il secondo in comando dell’Aeronautica militare israeliana, il generale Tomer Bar, aveva ammesso di non avere idea di quale fosse la missione del drone Shahed-141 abbattuto.

 


Tenendolo in mano, Netanyahu, ha persino mostrato un residuo di quello che doveva essere il drone distrutto, e si è rivolto direttamente al ministro degli esteri Mohammad Javad Zarif dicendo “Lo riconosci? Dovresti, è tuo. Non sfidateci”.

Da parte sua, il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha definito la presentazione di Netanyahu a monaco “un circo fumettistico, che non merita nemmeno una risposta”.

E proprio come conseguenza dell’infiltrazione del drone, gli aerei israeliani si sono diretti verso obiettivi iraniani in Siria, ma una raffica di missili di difesa aerea siriani hanno abbattuto un F-16 israeliano, facendolo precipitare vicino ad Harduf, in Israele.

Il jet israeliano, il primo ad essere abbattuto nel conflitto, stava rientrando dalla Siria dopo aver condotto 12 raid contro obiettivi militari (tra cui quattro iraniani), vicino alla capitale siriana di Damasco, secondo quanto riportato dal portavoce militare israeliano Jonathan Conricus.

I resti del jet F-16 abbattuto nel nord di Israele

“Quello che è successo negli ultimi giorni è che la cosiddetta invincibilità (di Israele) si è sgretolata”, ha detto ancora Mohammad Zarif riferendosi all’abbattimento dell’F-16.

La Siria “è stata in grado di utilizzare i propri mezzi per abbattere uno dei loro aerei, la risposta è: non violare il loro spazio aereo” ha continuato in un’intervista alla NBC.

Se tutto questo si intensifica e si concretizza, ci sono validi motivi per credere che lo scenario  potrebbe essere la Siria, dove l’Iran ha installato i propri leader militari negli aeroporti e nelle basi militari e sostiene alcune delle milizie nel paese.

Fonte: Institute for the Study of War / Immagini satellitari di Bing

Secondo il rapporto della BBC, una delle basi è situata in un sito utilizzato dall’esercito siriano vicino a El-Kiswah, a 14 km a sud di Damasco e a 50 chilometri dal confine israeliano.

Le foto, prese in diversi mesi, mostrano ulteriori edifici in costruzione. Tuttavia, il rapporto afferma che “è impossibile verificare in modo indipendente lo scopo del sito e la presenza dell’esercito iraniano”.

“Le immagini della base non rivelano alcun segno di armi pesanti o non convenzionali, il che significa che se fosse una base sarebbe adatta ad ospitare soldati e veicoli”.

Credit: BBC
Ma le stime sul numero di militari iraniani in Siria ci sono e variano dalle centinaia alle migliaia.
Mentre alcuni partecipano direttamente al combattimento, la maggior parte sono formatori, comandanti o esperti che consigliano l’esercito siriano e sorvegliano le milizie. Sono queste milizie, che potrebbero avere fino a 20mila combattenti, che danno all’Iran il suo vero muscolo.

La mossa ha giocato un ruolo nella decisione di Israele di astenersi dal farsi coinvolgere nel conflitto siriano.

Ma non ha fermato Israele dal compiere attacchi occasionali contro obiettivi siriani che hanno impedito quella che viene descritta come la fornitura di armi avanzate agli Hezbollah, sostenuti dall’Iran, i cui combattenti sono presenti anche nel sud del Libano.

Secondo Seyed Mohammad Marandi, professore e analista politico americano di origini iraniane, il problema di questa situazione non è l’Iran e la sua influenza, quanto piuttosto, il tentativo di Israele di indebolire il governo siriano, che insieme all’Iran sta tentando di far uscire al-Qaeda dal paese.

Nel 2016, il nono direttore del Mossad ed ex capo del Consiglio di Sicurezza Israeliano Efraim Halevy ha rivelato ad Al Jazeera che Israele ha mantenuto relazioni “tattiche” con il Fronte di al-Nusra, l’ex affiliazione di al-Qaeda in Siria.

“È sempre utile […] trattare i tuoi nemici in modo umano”, ha detto Halevy, rivelando che Israele era solito curare i combattenti feriti dal Fronte al-Nusra.

Dopo gli ultimi attacchi, Israele ha protestato contro la presenza dell’Iran e il suo crescente potere in Siria.

“All’inizio, Israele e gli Stati Uniti non hanno contestato la sua presenza [iraniana] in Siria perché all’epoca l’opposizione aveva il sopravvento e il regime siriano era sull’orlo della sconfitta”, ha detto Omar Kouch, analista siriano vicino all’opposizione anti-Assad.

“Fino al 2016, quando la Russia è intervenuta, gli equilibri di potere si sono spostati a favore del regime siriano” continua Kouch spiegando che “Israele non voleva la caduta del governo siriano, il presidente Bashar al-Assad, la sua questione non è con il regime, il suo problema è con l’Iran, che minaccia la sua sicurezza”.

Ed è proprio questo è il motivo per cui sono stati effettuati numerosi attacchi israeliani nel 2016, 2017 e oggi nel 2018.

L’Iran e i suoi alleati erano infatti intervenuti per la prima volta in Siria per difendere la legge del presidente Bashar al-Assad contro i ribelli siriani dopo la guerra civile scoppiata nel 2011, e successivamente avevano aiutato contro i jihadisti dello Stato islamico.

Ma mentre i ribelli hanno perso terreno e non erano considerati una minaccia per il governo di Assad, l’Iran e i suoi alleati erano rimasti, spostando la loro attenzione sulla creazione di un’infrastruttura proprio per minacciare Israele, secondo gli analisti.

L’Iran continua a formare ed equipaggiare combattenti rafforzando i legami con alleati in Iraq e Libano, nella speranza di costruire un fronte unito in caso di una nuova guerra.

I leader iraniani parlano apertamente del loro lavoro per costruire questo asse di resistenza contro l’influenza israeliana e americana.

Secondo il New York Times, una chiave per la strategia iraniana, sostengono gli analisti e i funzionari, è quella di fare affidamento non sull’equipaggiamento militare convenzionale o sul controllo del territorio, che Israele può infatti facilmente bombardare, ma sulla costruzione di legami con le forze locali che condividono i suoi obiettivi e traggono vantaggio dal suo finanziamento e dalle sue competenze.

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