Interpol, il sudcoreano Kim Jong-yang è stato eletto nuovo presidente
Il sudcoreano ha battuto il generale russo Alexander Prokopchuk, attualmente uno dei quattro vicepresidenti dell'Organizzazione, considerato il favorito
Il 21 novembre i 194 membri dell’Interpol riunitisi a Dubai hanno eletto come loro nuovo presidente il sudcoreano Kim Jong-yang.
Tra i favoriti per la carica di numero uno dell’Organizzazione internazionale della polizia criminale c’era anche il funzionario russo Alexander Prokopchuk.
La sua candidatura aveva destato numerose preoccupazioni all’interno dell’Interpol dato che Mosca è accusata di aver usato in passato l’agenzia per attaccare i suoi avversari. Secondo i più critici, Mosca avrebbe utilizzato il suo candidato per reprimere con ancora maggior forza il dissenso interno contro il governo.
Il generale Alexander Prokopchuk, da anni membro del Ministero degli interni della Russia, è anche uno dei quattro vicepresidenti dell’Interpol.
Kim Jong-yang ricoprirà la carica di presidente dell’Organizzazione per due anni, portando a termine il mandato del suo predecessore, Meng, arrestato a settembre dagli agenti cinesi con l’accusa di corruzione.
La scomparsa dell’ex presidente – L’elezione del capo dell’Organizzazione si è resa infatti necessaria dopo la scomparsa a settembre 2018 dell’ex presidente dell’Interpol, Meng Hongwei, di cui si sono perse le tracce mentre era in viaggio di lavoro in Francia.
Secondo quanto affermato di recente dal governo di Pechino, l’ex numero uno si trova ancora in carcere in Cina con l’accusa di corruzione, ma la moglie ha accusato l’esecutivo cinese di star perseguendo il marito e di non essere sicura che Meng sia ancora vivo.
La Cina sta portando avanti da tempo una campagna contro la corruzione nel paese e l’arresto dell’ex presidente dell’Interpol è solo l’ultimo in ordine di tempo.
Meng, 64 anni, vice ministro per la pubblica sicurezza in Cina dal 2004, ex dirigente del partito comunista, è stato a capo dell’Interpol cinese prima di essere nominato presidente nel novembre 2016.
Al tempo, sua nomina venne criticata da alcune Ong attive nella difesa dei diritti umani, che temevano potesse usare la sua autorità per favorire i rimpatri forzati di dissidenti e fuggitivi cinesi.