L’India progetta di deportare 40mila Rohingya in Bangladesh e Birmania
Questa comunità, in prevalenza di religione musulmana, che vive tra Birmania e Bangladesh, dal 1970, è stata perseguitata da tutti i governi che si sono succeduti in Birmania, causando migliaia di morti e di profughi
L’India sta discutendo un piano con i vicini Bangladesh e Birmania per deportare almeno 40mila persone appartenente alla comunità Rohingya che sostiene vivano illegalmente nel paese. A riferirlo è stato un portavoce del ministero dell’Interno di New Delhi, K.S. Dhatwalia.
Rajiv Mehrishi, ministro degli Interni del governo indiano ha anche presieduto nei giorni scorsi una riunione nello stato di Jammu e Kashmir per valutare la situazione degli immigrati Rohingya che illegalmente abitano nella regione, per discutere con le autorità locali la loro identificazione, l’arresto e l’eventuale deportazione.
Secondo Mehrishi, degli oltre 40mila Rohingya presenti in India infatti almeno 10mila vivono nella valle del Kashmir. Questa comunità, in prevalenza di religione islamica, proviene in larga parte dalla Birmania ma è presente anche nel vicino Bangladesh e rappresenta una piccola minoranza etnica dello stato federato birmano di Rakhine.
Fin dagli inizi degli anni Novanta, decine di migliaia di Rohingya sono fuggiti dalle persecuzioni dei militari e dei nazionalisti buddhisti al potere in Birmania, rifugiandosi nel confinante Bangladesh, paese a maggioranza musulmana e in alcuni casi attraversando il confine con l’India, a maggioranza indù.
New Delhi sostiene che solo 14mila degli appartenenti a questa comunità che vivono in India sono registrati presso l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. Secondo il governo indiano quindi le altre migliaia di Rohingya presenti nel paese non hanno il diritto di restare e devono essere espulse.
L’India non ha comunque mai riconosciuto gli appartenenti a questa comunità come profughi e in ogni caso non ha ancora firmato la convenzione Onu sui rifugiati del 1951 né possiede alcuna legge a livello federale che garantisca i diritti di chi fugge da guerre e persecuzioni.
“Abbiamo discusso la questione a livello diplomatico con i governi di Bangladesh e Birmania”, ha detto il portavoce del ministero dell’Interno Dhatwalia. “Al momento opportuno chiariremo ulteriori aspetti sul piano del governo in materia”.
Rijiju ha recentemente visitato la Birmania per alcuni colloqui diplomatici, anche se non è chiaro se abbia discusso il tema dei Rohingya con le autorità di Naypyidaw. Nessun funzionario birmano ha ancora commentato la notizia.
Secondo l’organizzazione umanitaria Amnesty International una deportazione dei Rohingya da parte di New Delhi rappresenterebbe una chiara violazione degli obblighi internazionali assunti dall’India. L’organizzazione ha poi anche chiesto al governo indiano di firmare la convenzione Onu sui rifugiati.
“Sarebbe sorprendente se l’India decidesse di deportare i rifugiati Rohingya considerando che il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, di cui l’India è membro, ha recentemente aperto un’indagine sulle gravi e continue violazioni dei diritti di questa comunità perpetrati dall’esercito birmano”, ha detto Meenakshi Ganguly, direttrice di Human Rights Watch per l’Asia meridionale.
Ma le critiche al governo non sono arrivate soltanto dall’estero. Khurram Parvez, attivista kashmiro per i diritti umani appartenente alla coalizione civile per il Jammu e Kashmir, un’organizzazione non governativa indiana, ha ricordato a New Delhi il precedente della concessione della cittadinanza indiana ai profughi indù provenienti dal Bangladesh e dal Pakistan.
“L’India dunque accoglierà solo gli indù perseguitati, ma non gli altri?” ha detto Parvez.
In India i Rohingya vivono principalmente negli stati settentrionali di Jammu e Kashmir, Uttar Pradesh, Haryana, Rajasthan e Delhi e in quello meridionale del Telangana.
La storia dei rohingya, una delle minoranze più perseguitate al mondo