ESCLUSIVO | Inchiesta “Oro liquido”: il prezzo del commercio di sangue nell’America degli ultimi
L’industria del plasma negli Usa vale 7 miliardi di dollari all’anno. L’oro liquido salva vite umane ma è ridotto a merce di scambio che gli ultimi sono disposti a vendere per arrivare a fine mese. Sul settimanale TPI l’inchiesta dell’inviata a New York
«Quello che mi spinge sono i soldi, la filantropia viene dopo». Dan Willoughby ha 29 anni e vive a Fort Collins, in Colorado. Disoccupato, con l’affitto da pagare che si avvicina e la cinghia che diventa sempre più stretta, Dan ha tirato un sospiro di sollievo grazie a una procedura piuttosto remunerativa basata su un elemento naturalmente presente in tutti gli esseri umani: il plasma. Secondo un report di Farmindustria, a livello globale nel 2019 sono stati frazionati – quindi separati dalle altre componenti del sangue – 69 milioni di litri di plasma. Quasi il 70 per cento è stato raccolto negli Stati Uniti, che ne ha esportati 21,5 milioni di litri: più del 30 per cento del fabbisogno mondiale. L’enorme disponibilità di plasma americano è il risultato di un’industria fiorente relativa alle donazioni a pagamento, spesso alimentata da persone in difficoltà economica disposte a vendere – un termine secondo molti più corretto di “donare” – il proprio sangue pur di arrivare a fine mese.
Le associazioni pubbliche che permettono di donare il sangue negli Stati Uniti, come la Croce Rossa o i centri ospedalieri, hanno requisiti particolarmente stringenti: le donazioni sono permesse una volta ogni 28 giorni, per un massimo di 13 sedute all’anno. In Italia, Francia e Spagna il plasma si può invece donare ogni 14 giorni (15 per la Spagna). In questi casi, le donazioni non vengono retribuite e sono da considerarsi come pienamente volontarie. Negli Usa invece esiste un’alternativa legale, regolamentata, e per molti più attraente. «Qui esistono due diversi settori produttivi: quello della raccolta volontaria del sangue e quello della produzione per l’industria farmaceutica», ha spiegato a TPI Timothy Hilbert, direttore della Banca del sangue presso gli ospedali della New York University. «Le regole sono diverse».
Ed è un affare colossale: quasi l’1,96 per cento dell’export statunitense riguarda la vendita di sangue, un dato superiore alle esportazioni di mais e soia. Non a caso, in dieci anni il numero di donazioni in America è triplicato, raggiungendo i 38 milioni nel 2016, mentre i centri attivi sul territorio nazionale sono passati da 300 a 600. E il business non conosce crisi. Solo nel 2020, nonostante la pandemia di Covid, l’export americano del settore ha superato i 26 miliardi di dollari. Negli ultimi quindici anni, le esportazioni Usa di plasma sono cresciute di quasi il 500 per cento. La maggior parte di questo sangue arriva in Europa: la sola Germania acquista il 15 per cento dell’export Usa. Sul mercato il plasma vale più del petrolio e la fonte sono gli esseri umani: nel 2020 la popolazione mondiale ne ha prodotti oltre 61 milioni di litri. Se nel 2016 gli scambi ammontavano a 21 miliardi di dollari, entro il 2025 dovrebbero raggiungere i 48 miliardi. Ma per capire realmente come funziona una donazione a pagamento sono andata io stessa in una clinica di New York.