Il tesoro di Khamenei
Setad è un gruppo economico che controlla gran parte dell’economia iraniana. E rafforza il potere della guida suprema
La Guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha saputo gestire per decenni il proprio potere sulle forze politiche e le forze armate iraniane. Una recente inchiesta della Reuters mostra anche una terza dimensione del potere del clerico -quello economico- gestito attraverso le ramificazioni di una organizzazione semi-sconosciuta chiamata Setad.
La Setad, il cui nome persiano è Ejaraiye Farmane Hazrate Eman (letteralmente quartier generale per l’esecuzione degli ordini dell’imam) fu istituita per volontà del padre della rivoluzione iraniana, Ruhollah Khomeini, a metà degli anni Ottanta come una fondazione di carità e assistenza per gli “oppressi” e i veterani della rivoluzione, nonché per gestire tutti i beni abbandonati o confiscati nei turbolenti anni che seguirono la rivoluzione islamica del 1979.
Secondo il rapporto dell’agenzia di stampa britannica, invece di sciogliersi come previsto da Khomeini, dai primi anni Novanta l’organizzazione avrebbe cambiato scopo. Avviando una violenta campagna di confische, soprattutto nei confronti dei dissidenti e della minoranza religiosa dei Baha’i, cominciando ad accumulare i proventi della vendita delle proprietà requisite, e diventando in breve la base economica del potere politico-militare della guida suprema Khamenei.
Oggi la Setad è presente in ogni settore strategico dell’economia iraniana: spazia dalla finanza all’industria petrolifera, dalle telecomunicazioni alla farmaceutica. Secondo la Reuters, negli ultimi sei anni l’organizzazione avrebbe ulteriormente ampliato le sue co-partecipazioni societarie e l’acquisto di azioni di decine di aziende iraniane, sia private che pubbliche.
Il suo valore si aggirerebbe intorno ai 95 miliardi di dollari tra beni immobili e partecipazioni societarie. Obiettivo dichiarato della società: creare un conglomerato economico per stimolare la crescita del Paese a seguito delle sanzioni internazionali.
Il rapporto sottolinea come non esistano prove sul fatto che la Guida suprema iraniana si sia personalmente arricchita grazie alle attività della Setad. Evidenzia però come quest’ultima abbia notevolmente influito sul potere personale dell’ayatollah, permettendogli di operare “al di sopra della legge” (confiscando beni senza possibilità di appello) e fornendo a Khamenei i mezzi finanziari per agire in modo indipendente dal parlamento e dal governo.
Il Dipartimento del Tesoro americano ha imposto, a partire da giugno, sanzioni alla Setad e ad alcune delle sue holdings consociate definendola “una fitta rete di compagnie di comodo che occultano ricavi per conto della leadership iraniana”. Tuttavia, anche se queste misure si sono aggiunte alle restrizioni che già gravano sull’economia persiana a causa del suo programma nucleare, nessuna sanzione è stata emessa contro la Guida suprema e la maggior parte delle entità da lui controllate.
Secondo uno studio della Foundation for Defense of Democracies di Washington potrebbe essere proprio la Setad il “principale beneficiario dell’alleggerimento delle sanzioni“ perché sono le “aziende riconducibili a Khamenei e alle Guardie rivoluzionarie“ quelle che controllano i settori maggiormente premiati da una possibile intesa a Ginevra. In particolare quello bancario, che vedrebbe sbloccati almeno 70 miliardi di dollari in asset fino a ora congelati dal Dipartimento di Stato americano.
Come guida politica e religiosa iraniana, Khamenei ha l’ultima parola su tutte le questioni governative e fra cui anche il controverso programma nucleare oggetto in questi giorni di intensi negoziati tra diplomatici iraniani e internazionali.
La scoperta di questo “tesoro della rivoluzione” potrebbe essere per Washington un’ottima carta da giocare al fine di accelerare una normalizzazione nelle relazioni tra Iran e comunità internazionale. Ma potrebbe anche rivelarsi un ostacolo insormontabile a causa della coincidenza di interessi tra establishment politico-economico e militare.