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Home » Esteri

Il Nobel per la Pace 2023 va a Narges Mohammadi, attivista iraniana

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Narges Mohammadi ha vinto il Nobel per la Pace 2023. Narges Mohammadi nata a Zanjan è un’attivista iraniana, vice-presidente del Centro per la difesa dei Diritti Umani imprigionata dalle autorità iraniane dal maggio 2016.

Il Comitato norvegese per il Nobel ha deciso di assegnare il Premio Nobel per la pace 2023 all’attivista iraniana Narges Mohammadi “per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e per la promozione dei diritti umani e della libertà per tutti”.

Sostenitrice della campagna contro la pena di morte, viene arrestata più volte. La prima condanna, di un anno di carcere, è arrivata nel 1998, per aver criticato il governo. Nell’aprile 2010 è stata convocata presso la Corte rivoluzionaria islamica per la sua adesione al Centro per la difesa dei Diritti Umani. È stata rilasciata con una cauzione di 50mila dollari, e nuovamente arrestata qualche giorno dopo e detenuta nella prigione di Evin.

Arrestata poi nel luglio 2011, il 31 luglio 2012 esce di prigione.Di nuovo in carcere nel 2015 e 2016, il 16 novembre 2021 viene arrestata mentre partecipava a una cerimonia commemorativa nella città di Karaj, in ricordo di Ebrahim Ketabdar, ucciso dalle forze dell’ordine durante le proteste di novembre 2019. Il 15 gennaio 2022 viene condannata a otto anni e due mesi di reclusione, due anni di esilio e 74 frustate. A Narges sono state negate le cure mediche secondo Amnesty International, nonostante soffra di una malattia polmonare.

L’Unione europea ha condannato la persecuzione contro Mohammadi, dichiarando: “l’UE invita l’Iran a rispettare gli obblighi derivanti dal diritto internazionale e a rilasciare urgentemente la signora Mohammadi, tenendo conto anche del deterioramento delle sue condizioni di salute”.

 

Un’assegnazione fatta in mezzo a 305 candidature, come rivelato a febbraio dal Comitato norvegese — a differenza degli altri premi, quello per la Pace viene attribuito a Oslo —, un terzo delle quali organizzazioni, mentre gli altri duecento erano nomi di persone.

Le candidature sono rimaste anonime, così come è tradizione da mezzo secolo, dunque non si conoscono con certezza le identità degli altri potenziali vincitori. Alcune nomine, tuttavia, sono trapelate nei mesi precedenti. Fra queste, Vladimir Kara-Murza e Alexei Navalny, oppositori del governo di Putin e per questo motivo incarcerati, l’attivista ambientale Greta Thunberg, ma anche la Corte internazionale di giustizia e la Corte europea dei diritti dell’uomo.

Ambiente, diritti degli indigeni e diritti umani in tempo di guerra: questi gli ambiti papabili in cui potevano essere scelti i candidati al premio di quest’anno.

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