Il mondo scoprirà l’Iowa
È nel Midwest che l'America prende la sua energia. Qui si fanno e si disfano i presidenti. Anche l’ascesa di Barack Obama è iniziata qui
Il mondo scoprirà l’Iowa
“Il mondo prima o poi scoprirà l’Iowa”, assicura Denny Kelly. “È qui nel Midwest che l’America prende la sua energia. Questa è un’isola di stabilità, c’è poco crimine e l’economia non subisce gli scossoni che si registrano altrove”. Ed è in questo swing state, che con il suo arcaico “caucus” apre la stagione delle primarie, che si fanno e si disfano i presidenti. Anche l’ascesa di Barack Obama è iniziata qui. “Il suo staff ha sempre riconosciuto che se non fosse stato per l’Iowa non sarebbe mai diventato presidente” ci dice Karen Obradovich, political columnist del Des Moines Register, il principale quotidiano della capitale. In Iowa la febbre elettorale è alta. In palio ci sono sei “voti elettorali”, e la media dei sondaggi dell’ultima settimana dà Obama in vantaggio di due punti e mezzo. “C’è molta incertezza – racconta Denny Kelly – così i candidati o i loro vice sono sempre qui, si sono fatti vedere due-tre volte la settimana da quando la competizione è entrata nel vivo”. Ed è a Des Moines che Barack Obama ha voluto chiudere la campagna, prima di rintanarsi nella sua Chicago in attesa del responso elettorale. “Sono tornato in Iowa per chiedervi ancora una volta il voto – ha detto il presidente ai 20.000 radunati ieri sera nel centro della città – qui dove è iniziato il nostro movimento per cambiare l’America. Ora andiamo avanti.”
L’Iowa è terra di farm, i ranch iniziano diverse miglia più a ovest. Oltre ai maiali, otto per ogni abitante, nelle fattorie c’è soprattutto mais, un oceano di pannocchie che circonda la capitale Des Moines. Attorno a quei campi ruota buona parte dell’economia dello Stato. “In Iowa il mais è re. Siamo i primi in America” rivendica orgoglioso Kelly, che a giugno andrà in pensione dopo quarant’anni di lavoro alla John Deere, il gigante che vende trattori ai farmer dell’ Iowa e del resto del mondo. Altrove ci scherzano su. “Il massimo divertimento da quelle parti è guardare crescere il mais”, dicono a Chicago, la metropoli di riferimento. In Iowa non se ne curano. “Il cambiamento per radicarsi deve passare il test del Midwest – dice Kelly – altrimenti rimane una moda buona sola per le due coste”, unite in un gesto di disprezzo. “Siamo conservatori, ma non reazionari”, sottolinea Daryl Beall, Senatore democrat della camera alta locale. Beall snocciola i precedenti storici che dimostrano le credenziali liberal dello Stato: “Siamo stati i primi ad accettare uno studente nero all’università e abbiamo rifiutato la segregazione razziale nelle scuole 100 anni prima del governo federale. La prima donna avvocato degli Stati Uniti ha esercitato qui.”
L’Iowa è stato anche uno dei primi Stati a legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso, suscitando le reazioni furibonde della destra cristiana, che qui ha molti proseliti. “Alcuni mi considerano un agente del diavolo per via delle mie posizioni – racconta Beall – che dire, una coppia di gay è venuta a vivere accanto a casa mia. Io sono sposato da 44 anni, non ho cambiato orientamento sessuale a causa loro”. Lo sapeva anche il Senatore di Chicago Barack Obama, che doveva affermarsi da queste parti per diventare un candidato credibile alla Casa Bianca. ”L’Iowa era al centro della sua strategia elettorale – spiega Obradovich – in parte per via della demografia dello Stato. Qui la popolazione è al 90% bianca, se un nero vince vuol dire che non è solo un candidato “comunitario”, ma può rappresentare tutta l’America. E vincendo la prima gara delle primarie, Obama poteva dimostrare che Hillary era battibile.” Ci riuscì. La strada per la vittoria in Iowa è priva di scorciatoie. “Il caucus ti costringe a fare campagna dal basso – spiega Obradovich – a conoscere e convincere i tuoi elettori quasi uno per uno”. Kelly conferma: “Negli ultimi tre-quattro mesi prima del caucus i candidati stanno sempre qui. Devono farsi vedere nei bowling e negli “sports bar”, organizzando incontri con venti-trenta elettori alla volta”.
E Obama? Denny Kelly non lo ha conosciuto personalmente ma “mio figlio lavorava al Marriott e aiutava Michelle a fare la spesa con le bambine. Mi diceva che erano persone molto carine. Io lo seguivo nei dibattiti. E col tempo è migliorato tantissimo” Anche il Senatore Beall rimase stupito dall’eccitazione provocata dalla sua candidatura. “Io sostenevo John Edwards, ma mi domandavo: come ha fatto questo a mobilitare così tanta gente? Era stupefacente la sua capacità di trascinare le persone, convincerle a impegnarsi per lui nella campagna porta a porta o perlomeno a votarlo” Dopo aver vinto il caucus democrat a gennaio, Obama vinse anche lo Stato a Novembre, con 9.5 punti di vantaggio su McCain. “L’Iowa si è stupito per la passione con la quale ha sostenuto Obama” ricorda ora Kelly. “Molti pensavano che con l’amministrazione Bush il paese avesse fatto dei passi indietro, c’era la crisi e la gente aveva davvero voglia di un cambiamento. Obama sembrava la risposta giusta”. Anche Denny Kelly quattro anni fa si era fatto trascinare da Obama al punto da fare il lungo viaggio fino a Washington per assistere alla cerimonia d’inaugurazione della sua presidenza. Un ricordo che ancora lo emoziona. “Faceva un freddo del diavolo, quasi come qui in Iowa, ma sentivi la passione nell’aria, l’attesa per qualcosa di nuovo che stava per iniziare”.
E adesso? “Ora c’è molta frustrazione in giro, alcune cose sono cambiate, ma è molto più dura di quanto pensassimo. Non che sia solo colpa di Obama. La guerra tra Repubblicani e Democratici ha paralizzato il Paese. Troppi membri del Congresso mettono l’interesse del Partito davanti a quello degli Stati Uniti, rifiutandosi di fare compromessi. Obama comunque non c’è riuscito e penso che anche lui sia rimasto deluso. Ho l’impressione che questa frustrazione sia emersa in quel primo disastroso dibattito televisivo, come se non fosse convinto di voler essere di nuovo presidente.” Non è solo la crisi a influenzare la scelta degli elettori. L’economia è ancora forte in Iowa, la disoccupazione è al 5% e il bilancio dello Stato quest’anno farà registrare un surplus. Sebbene il settore finanziario sia cresciuto dagli anni ‘80, la base dell’economia è ancora l’agricoltura. L’Iowa esporta mais e grano in giro per il mondo, ed è uno dei pochi Stati ad avere la bilancia commerciale in attivo, perfino con la Cina. “I nostri farmer hanno lavorato molto bene – conferma Kelly – anche se nell’ultimo anno hanno dovuto far fronte a una siccità che non si vedeva dai tempi della Grande Depressione”.
Eppure per la prima volta dal 1972, quando sostenne Nixon, il Des Moines Register ha deciso di concedere il suo endorsement al candidato Repubblicano perché “malgrado ci abbia provato, gli sforzi del presidente Obama per resuscitare l’economia non hanno ottenuto i risultati sperati. E nulla fa pensare che le cose possano cambiare con un secondo mandato alla Casa Bianca”. Secondo la direzione editoriale del quotidiano invece, “il piano economico di Mitt Romney combinato al suo acume da imprenditore dovrebbe riuscire a liberare il potenziale economico del Paese”. Romney però in Iowa ha sempre faticato. A Des Moines e dintorni il fattore religione pesa, specie tra i Repubblicani. Nel caucus del 2008 Romney arrivò da favorito e finì dietro al pastore battista Mike Huckabee, quest’anno si è fatto superare da Rick Santorum all’ultimo conteggio per una trentina di voti. Qualcosa però è cambiato. “Quattro anni fa era un pesce fuor d’acqua – ricorda Kelly – non riusciva a farsi capire dal popolo. Adesso conosce molto meglio lo Stato, è più rilassato e tiene un profilo basso. Cosa che a noi piace”.
Abbastanza da consegnarli la vittoria? “Non lo so. La speranza è che chiunque vinca riesca a unire la nazione. Non dimentichiamo che si vota anche per il Congresso. E se i Repubblicani dovessero conquistare il Senato oltre alla Camera, con la vittoria di Romney il cambiamento potrebbe realizzarsi più rapidamente”. Non che Denny Kelly se lo auguri. “Io ho già votato. La partita sarà molto combattuta, qui in Iowa Obama potrebbe anche perdere ma credo che vincerà le presidenziali. Nei prossimi quattro anni servirà un presidente con i nervi saldi, penso che per il Paese sarebbe meglio se a quel posto rimanesse Obama, abbiamo bisogno della sua esperienza”. L’ultimo sondaggio del Des Moines Register registra lo sprint finale del presidente che avrebbe ora + 5 di vantaggio su Romney. Non perché gli elettori lo considerino più capace di gestire la crisi rispetto al Repubblicano – a leggere i dati – ma perché in generale si fidano più di lui. Nulla è deciso, né in Iowa e tanto meno su scala nazionale, ma come segnala Karen Obradovich nella sua ultima column, “Obama sa che gli elettori che lo hanno lanciato verso la Casa Bianca ancora gli danno un vantaggio. Questa è una notizia che può aiutarlo anche oltre l’Iowa”.