Il Libano trema
Fabio Polese ha intervistato il ministro degli esteri libanese. Ecco il racconto del suo incontro
BEIRUT – Il conflitto siriano si inserisce sempre più nel già martoriato Libano, facendo rivivere alla popolazione l’incubo di una nuova guerra civile. Nell’ultimo periodo si sono registrati scontri a fuoco a nord e a sud del Paese e lanci di razzi nella valle della Bekaa provenienti dalla vicina Siria.
Dall’inizio della crisi siriana, Tripoli è stato oggetto di continui scontri a fuoco e attentati. A fronteggiarsi quasi quotidianamente sono i sostenitori del presidente siriano Bashar al-Assad che vivono nel quartiere a maggioranza alawita di Jabal Mohsen, e i miliziani salafiti, filo ribelli siriani, che abitano nel vicino quartiere sunnita di Bab al-Tibbaneh.
Nel sobborgo di Abra, nella città costiera di Sidone, nel sud del Libano, negli ultimi giorni alcuni check-point dell’esercito libanese sono stati attaccati da miliziani legati allo sheikh Ahmad al-Assir. Attualmente la situazione sembra essere tornata sotto controllo da parte dell’esercito, ma il bilancio della guerriglia conta una ventina di soldati uccisi e oltre 70 feriti.
I problemi, però, per il Libano non sono ancora finiti. Più di un milione di profughi siriani hanno attraversato il confine e, con loro, anche armi e militanti venuti per combattere.
“Attualmente i rifugiati siriani in Libano sono un 25 per cento della popolazione, circa 1.200.000. Con l’arrivo di queste persone abbiamo avuto anche problemi di sicurezza. Bisogna controllare il confine con la Siria per non far entrare nessun terrorista o chiunque partecipi ai combattimenti”. A parlare è Adnan Mansour, ministro degli Esteri libanese, che ci concede un’intervista nel suo ufficio a Beirut.
“Fino a ora la situazione è sotto controllo anche se è molto preoccupante perché migliaia di persone armate sono venute per combattere”. Quello che succede in Siria è strettamente collegato all’interà stabilità della regione. “Noi siamo interessati a quello che succede in Siria”, continua il ministro degli Esteri, “perché la stabilità e la sicurezza nel Paese di Assad avrà conseguenze anche qui”.
I combattenti di Hezbollah sono schierati a fianco di Assad, e hanno partecipato attivamente nella battaglia per la presa definitiva di Qusair, cittadina siriana vicino al confine libanese. Ad annunciarlo era stato il leader del Partito di Dio, Hassan Nasrallah, nel suo intervento durante l’anniversario della liberazione del sud del Libano dall’occupazione israeliana.
“Molti Paesi che hanno una posizione ostile al governo siriano, hanno inviato armi, soldi e combattenti per aiutare i ribelli”, dice Mansour.
Invece, “Hezbollah ha partecipato alla battaglia di Qusair solo per proteggere i libanesi”. Lungo il confine, in territorio siriano, ci sono 22 villaggi abitati da circa 35 mila sciiti libanesi che “sono stati attaccati dalle milizie di ribelli siriani e stranieri e che – aggiunge – hanno iniziato a uccidere e a bruciare i loro terreni”.
I combattenti che tenevano “sotto ostaggio Qusair fanno parte del Fronte al Nusra”, miliziani legati ad al-Qaeda, un “gruppo terrorista che è venuto per combattere dall’esterno al fianco dei ribelli siriani”. La presenza di questi gruppi estremisti, prosegue il ministro libanese, “è un pericolo non solo per la Siria, ma anche per il Libano e tutto il mondo”.
Alcuni Paesi europei stanno facendo pressioni affinché l’ala militare di Hezbollah venga messa nella lista delle organizzazioni terroristiche. “Come è possibile mettere un partito sulla lista dei terroristi? Hezbollah – dice Mansour – è un partito che fa parte del governo”, ha i suoi ministri e suoi deputati nel Parlamento libanese.
“A volere che Hezbollah entri nella lista nera del terrorismo sono quei Paesi amici di Israele che vogliono annientare la resistenza nazionale libanese che ha lottato per liberare la propria terra”.
In questi giorni, il viceministro degli Affari Esteri italiano con delega alla Cooperazione allo sviluppo, Lapo Pistelli, si è recato in Libano per una visita ufficiale. Ha incontrato il presidente della Repubblica libanese Michel Suleiman, il primo ministro designato Tammam Salam e il presidente del parlamento Nabih Berri, per poi fare tappa nella base militare di Shamaa, sede del comando della missione italiana nel contingente Unifil.
“La presenza del contingente Unifil in Libano” afferma il ministro degli Esteri libanese, “è molto importante per monitorare il confine e per evitare aggressioni israeliane contro il Libano”. Dal 2006 ad oggi, “abbiamo registrato oltre 11 mila violazioni israeliane”.
Il tempo concordato con il ministro Mansour per l’intervista sta per scadere, ma c’è spazio ancora per un’ultima domanda. La vittoria nelle presidenziali iraniane di Hassan Rouhani potrebbe cambiare i rapporti tra il Libano e l’Iran? La risposta è secca: “La politica dell’Iran è una politica di stabilità, a sostegno della resistenza e contro ogni aggressione”.