I ribelli avanzano
La base aerea di Menagh è passata in mano ai ribelli, che hanno assunto anche il controllo di 4 villaggi della minoranza alawita
Ci sono volute 24 ore di combattimento ma alla fine i ribelli hanno preso il controllo dell’aeroporto militare di Menagh, vicino Aleppo, nel nord della Siria.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, gli scontri sono partiti all’alba di ieri, quando un cittadino saudita si è fatto saltare in aria con un’autobomba nel quartier generale dell’aeroporto. Insieme a lui sul veicolo blindato si sarebbe trovato Abu Omar “al-Shishani”, cioè “il ceceno”, fondatore del gruppo islamico di al-Muhajireen wal-Ansar (Esercito degli emigranti e dei sostenitori) composto da combattenti stranieri attivi nella lotta contro il governo siriano. Almeno 10 ribelli sono stati uccisi nella lotta, che si è conclusa all’alba di oggi, mentre non si conosce il numero dei soldati regolari uccisi o rapiti in seguito all’attacco.
La base aerea costituisce un punto strategico perché da lì che partivano i jet da combattimento e gli elicotteri utilizzati dall’esercito per gli attacchi aerei contro le roccaforti dei ribelli nel nord della Siria. Alcuni attacchi sul posto erano già stati compiuti negli ultimi 10 mesi, nel corso dei quali i ribelli avevano esteso in maniera tentacolare il loro controllo sull’aeroporto, per cui al momento dell’attacco restavano solo 70 soldati fedeli ad Assad a sorvegliare il quartier generale.
Mentre la battagli infuriava, il governo stava festeggiando la sua vittoria a Homs, la città che negli scorsi giorni è stata riconquistata e non è più controllata dai ribelli. Sia i ribelli sia l’esercito hanno conquistato di recente territori adiacenti alle rispettive regioni che si trovano sotto il loro controllo, aumentando il divario tra il nord e il sud del Paese. Mentre le forze del presidente Bashar al-Assad hanno guadagnato terreno in Siria centrale, la cattura riportata a Menagh sottolinea la forza delle forze ribelli nel nord, dove controllano aree del territorio che beneficiano rotte di approvvigionamento diretto dalla Turchia.
Intanto, lunedì scorso le forze ribelli hanno occupato 4 villaggi nella regione di Latakia, dopo aver attaccato gli avamposti governativi che si trovavano tra le montagne lungo la costa mediterranea del Paese. La regione rappresenta il cuore politico degli alawiti, un ramo di islamici sciiti che costituiscono circa il 10 per cento della popolazione della Siria, cui appartiene anche il presidente Bashar al-Assad. La mossa ha portato i ribelli più vicino Qardaha, città natale del leader, e per questo è stata vista come una sfida simbolica nei suoi confronti.
Il conflitto siriano ha assunto una connotazione sempre più etnica nel corso dell’ultimo anno, durante il quale la maggioranza sunnita si è schierata contro i membri della minoranza alawita di Assad, la cui famiglia governa la Siria dal 1971.
Le proteste da cui si è sviluppato inizialmente il conflitto avevano lo scopo di spingere Assad a attuare le riforme democratiche necessarie per il Paese, mentre secondo il governo miravano a creare uno Stato islamico radicale. In base ai dati diffusi dalle Nazioni Unite, risulta che nei 28 mesi di guerra civile in Siria sono state uccise già più di 100. mila persone, e che 1.7 milioni di siriani sono stati costretti a cercare rifugio nei Paesi vicini.