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I nuovi poveri di Barcellona

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Sono quelli che un tempo sopravvivevano a stento con il proprio stipendio e che ora, dopo la perdita del lavoro, non hanno più una casa

I nuovi poveri di Barcellona

Nou Barris e Gràcia. Bisogna partire da questi due quartieri per raccontare la feroce crisi economica che ha colpito la capitale catalana, fino a tre anni fa la città ‘encantadora’, quella capace di stregare e ridare una nuova vita a chi era in cerca di un riscatto. Due quartieri diversi, ma legati dalla massiccia occupazione di case, un fenomeno che ha più cause e un solo significato, ma che ha eletto Barcellona capitale. C’è chi lo fa da anni per un’ideologia politica, alimentando il corposo movimento degli ‘squatters’ e degli ‘okupas’ che ha strappato all’incuria del Comune non solo abitazioni vuote e fatiscenti, ma anche spazi dimenticati, trasformandoli in laboriosi centri sociali come La Otra Carboneria al numero 30 di Carrer Urgell. E poi ci sono loro, i nuovi poveri, quelli che un tempo sopravvivevano a stento con il proprio stipendio e che ora, dopo la perdita del lavoro, non hanno più una casa.

Sono migliaia le storie di sopravvivenza nella Spagna dei quasi sei milioni di disoccupati. Intere famiglie sfrattate dalle banche perché non possono più pagare le rate del mutuo e 2 milioni di alloggi vuoti, di cui molti nuovi, costruiti e invenduti, con ancora il nastro adesivo alle finestre. Negli ultimi dieci anni a Barcellona, sotto la spinta del boom edilizio, gli affitti sono più che duplicati, per poi scendere soltanto nell’ultimo anno. Prezzi ancora troppo alti per chi guadagna meno di 1.000 euro. Le banche hanno chiuso i rubinetti, non fanno più prestiti e di conseguenza centinaia di alloggi vuoti vengono occupati illegalmente. A Barcellona almeno 900 appartamenti resistono agli sgomberi, poi ci sono almeno 300 spazi ricavati da ex fabbriche e ora adibiti a centri sociali. Ogni mese se ne contano una decina in più. Quindi non solo ‘okupas’ e ‘squatters’ ma intere famiglie tagliate fuori da ogni aiuto sociale.

C’è, poi, chi resiste nel suo appartamento, comprato con un regolare contratto dal notaio, fino al giorno in cui ‘l’hipoteca’ diventa un cappio al collo. Vivono con la minaccia dello sfratto, spesso con luce e gas tagliati. Un aiuto a questi nuovi poveri arriva dal movimento degli ‘Indignados’ 15-M che ha riportato all’attenzione della politica il diritto alla casa. Una vera e propria battaglia che ha moltiplicato le occupazioni in tutta la Spagna. Ana Colau è la portavoce della Pah (Plataforma de Afectados por la Hipoteca), un’associazione che nella città catalana si oppone allo sfratto di chi non può più pagare un affitto o un mutuo. Ana, una vera ‘pasionaria’, ha guidato decine di picchetti davanti alle banche. “La Bce ha aiutato con ingenti quantitativi di denaro le banche spagnole in difficoltà, quegli stessi istituti di credito che poi hanno gettato in strada migliaia di spagnoli”.

I numeri sono terribili: a Madrid nei primi sei mesi del 2012 sono stati pignorati quasi 6 mila appartamenti, a Barcellona 4 mila. Bastano poche rate non pagate e arriva l’ufficiale giudiziario. La crisi, in assenza di risposte dalla politica, ha ridato vita a un robusto movimento di occupazione che ricorda quello degli anni Settanta, ma con differenze sostanziali. “Fino alla metà degli anni Novanta le ragioni delle occupazioni erano da identificare nei movimenti impegnati nel sociale”, spiega Endika Zulueta, soprannominato ‘l’avvocato più punk di Spagna’ per il suo grande impegno a favore dei collettivi sociali iberici. “Come negli anni Settanta e Ottanta, si compiono azioni molto concrete e organizzate, ma ora il movimento è sicuramente più eterogeneo, perché la crisi ha colpito moltissime persone e a tutti i livelli”. Persino chi, fino a due anni fa, non immaginava nemmeno di poter perdere tutto e finire sotto un ponte, ora vive nel terrore.

[L’articolo è stato modificato il 9 /11/2012 alle 21:48]

 

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