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Home » Esteri

Il business della ricostruzione dell’Ucraina: una torta da 600 miliardi di euro che fa gola a Usa, Europa e Italia

Immagine di copertina
Credit: SOPA Images/SIPA / AGF

La corsa non è ancora cominciata ma i nastri di partenza sono già affollati

A quasi tre anni dall’invasione lanciata dalla Russia, i colloqui separati del presidente Usa Donald Trump con Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky per avviare i negoziati di pace hanno aperto la strada alla corsa alla ricostruzione dell’Ucraina. Una torta da almeno 600 miliardi di euro che gli alleati europei, americani e non solo vogliono spartirsi. La cifra aggiornata sui danni dell’invasione russa l’ha data lo scorso mese a Davos il ministro degli Esteri di Kiev Andrii Sybiha, ma il piatto potrebbe essere ancora più ricco. 

La fine o la sospensione delle ostilità, secondo l’ultima analisi di Goldman Sachs, comporterebbe «una serie di potenziali vantaggi» per i mercati europei: «premi di rischio più bassi (per i titoli finanziari, ndr), prezzi dell’energia più contenuti, maggiore fiducia dei consumatori e una crescita economica più sostenuta», con un potenziale incremento del Pil dell’Area Euro compreso tra il +0,2% (in caso di tregua) e il +0,5% (in caso di un accordo di pace). I soli effetti positivi sul mercato del gas potrebbero determinare un calo dei prezzi energetici compreso tra il -15% e il -50%. Ma l’affare è enorme, a partire dalle risorse disponibili.

Quando Trump ha chiesto a Kiev l’equivalente di 500 miliardi in “terre rare” in cambio degli aiuti forniti dagli Usa, Zelensky ha aperto agli investimenti statunitensi ed europei in Ucraina, ricchissima di materie prime critiche. Le sue diverse zone geologiche infatti la rendono uno dei primi 10 fornitori mondiali di minerali, assicurando il 5% dell’offerta mondiale. Kiev possiede giacimenti commercialmente rilevanti di 117 dei 120 minerali più utilizzati dall’industria, in oltre 8.700 depositi, valutati in più di 14.800 miliardi di dollari, anche se oltre il 70% di questi si trova nelle tre regioni di Donetsk, Dnipropetrovsk e Luhansk, proprio nel cuore del fronte. I territori occupati dalla Russia, secondo la società di consulenza canadese SecDev, vantano almeno 12.400 miliardi di dollari di giacimenti. Ma se qui il business potrebbe condurlo Mosca, il vero affare sembra la ricostruzione fisica ed economica del resto dell’Ucraina.

L’Italia si è già fatta avanti. Il 10 e 11 luglio Roma ospiterà la Ukraine Recovery Conference, dopo aver già ospitato nell’aprile 2023 la Conferenza Bilaterale sulla Ricostruzione. Allora il governo Meloni firmò con Zelensky diversi accordi, tra cui alcune intese che coinvolsero aziende come MerMec e WeBuild e realtà come Coldiretti. Quell’anno Confindustria aprì un ufficio a Kiev e lanciò il database “Rebuild Ukraine”, che raccoglie i profili delle aziende interessate alla ricostruzione, soprattutto in settori come infrastrutture logistiche, edili ed energetiche, metallurgia, meccanica e macchinari, energie rinnovabili, aerospazio, difesa, sicurezza e sanità. Sul territorio ucraino però ad oggi risultano già attive quasi 200 aziende con capitale e/o interessi italiani, per la gran parte Pmi operanti soprattutto nei settori alimentare, tessile, legno, calzature, ceramica e finanziario. Tra queste però ci sono anche colossi come Buzzi Unicem, Eni, Intesa SanPaolo, Selex, Ferrero e Mapei. Per maggio poi FederCamere organizza anche una missione d’affari nella capitale economica Lviv per promuovere gli investimenti italiani in Ucraina in vista della ricostruzione.

Non siamo comunque gli unici a mostrarci interessati. Forte degli aiuti inviati negli ultimi anni a Zelensky, la Corea del Sud ha infatti già coinvolto diverse aziende nazionali in una serie di accordi con Kiev. La HD Hyundai Xite Solutions, ad esempio, che già controlla il 30% del settore delle attrezzature edili in Ucraina, ha aperto una filiale nella capitale e concluso un’intesa per la ricostruzione dell’aeroporto di Boryspil. Samsung punta invece a sviluppare una smart city a Lviv, mentre POSCO International, già attiva nel mercato agricolo ucraino, progetterà nuove infrastrutture a Mykolaiv.

La parte del leone però dovrebbero farla gli americani, già presenti sul campo, soprattutto nel settore energetico. General Electric infatti ha stretto una partnership per fornire turbine all’Ucraina e firmato contratti per la manutenzione della rete locale. Honeywell ha investito in progetti volti a modernizzare l’infrastruttura energetica per ridurre le perdite e migliorare la gestione di rete. Westinghouse Electric Company invece è coinvolta nella fornitura di combustibile nucleare e tecnologia all’avanguardia alle centrali ucraine per ridurne la dipendenza dalla Russia. Le aziende Usa poi sono attive anche in altri settori strategici: come Cargill, che investe da anni nello stoccaggio e nella logistica agricola del Paese; Microsoft, che già fornisce servizi in cloud e di cybersecurity a Kiev; e Pfizer, impegnata ad assicurare all’Ucraina forniture mediche e vaccini. Insomma la corsa non è ancora cominciata ma i nastri di partenza sono già affollati.

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