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L’attentato che può cambiare la guerra in Ucraina

Immagine di copertina
Credit: AP Photo

La Russia avanza a fatica. Kiev sta esaurendo armi, truppe e munizioni. E chiede altri missili. Ma lo stallo al Congresso Usa continua. Intanto l’attacco terroristico a Mosca rischia di allargare il conflitto a tutta l’Europa

Non è più il tempo delle grandi manovre nella guerra in Ucraina che va avanti da oltre due anni. L’iniziativa è oggi in mano a Mosca, che per propria dottrina militare cerca sempre di tenere una postura offensiva: lo ha fatto in momenti difficili, lo fa a maggior ragione oggi che Kiev sta scontando gli effetti di numerosi problemi in termini soprattutto di forniture di armamenti e munizioni da parte dei suoi alleati. Proprio per questa situazione, l’Ucraina non è oggi in grado di organizzare controffensive come quella – fallita – della scorsa estate, ma anzi, memore dell’accaduto, è al lavoro per costruire linee difensive, come quella russa voluta dal generale Surovikin su cui si è infranta la scorsa estate.

Tutti in trincea
Tra lo scavo di una trincea e il tentativo di contenere l’esercito russo che avanza in modo lento ma costante, gli ucraini non si limitano a guardare, e lanciano droni in profondità ben oltre le linee russe, anche a mille chilometri dal confine, colpendo basi militari, fabbriche di droni, raffinerie. Droni che Washington tiene a sottolineare non sono stati forniti dagli Usa, ma fabbricati da Kiev: la Casa bianca mette sempre in chiaro che le armi che fornisce all’Ucraina non servono per colpire il suolo russo.

Intanto che l’esercito di Mosca procede a piccoli passi, non senza incontrare problemi (è di fine marzo la notizia di quello che sembra essere il più grande attacco di mezzi corazzati portato avanti dalla Russia dall’inizio della guerra, respinto dagli ucraini nella zona di Avdiivka), gli attacchi contro l’Ucraina non cessano di arrivare dal cielo, approfittando della carenza di missili Patriot, la contraerea fornita da Washington che ha contribuito a fermare numerosi attacchi simili. Gli obiettivi, come accaduto già in passato, sono stati soprattutto le maggiori infrastrutture energetiche ucraine, con l’obiettivo dunque di logorare il più possibile il Paese in vista di una futura offensiva russa, attesa nei prossimi mesi. Un modus operandi già visto in passato, soprattutto alla fine del 2022, ma che stavolta secondo diversi analisti militari viene portato avanti con maggiore precisione focalizzandosi sulle zone meno protette.

Una sfida più ampia
Proprio la fornitura di nuove armi all’Ucraina e i prossimi possibili passi russi, insieme alle conseguenze del drammatico attentato al Crocus City Hall di Mosca e ai timori di un’escalation, sono i temi che si muovono sullo sfondo di quanto sta avvenendo sul campo dopo oltre due anni di guerra. Quello lanciato nei giorni scorsi dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky è infatti suonato come un grido di dolore, in cui ha chiesto ancora una volta che vengano forniti i missili Patriot, che rimangono bloccati in una contesa nel Congresso statunitense che sta dividendo la politica d’Oltreoceano, e in modo particolare i repubblicani, da mesi.

Zelensky ha infatti messo in guardia sul fatto che ad oggi l’Ucraina non è in grado di portare avanti operazioni offensive e ha necessità urgente di una contraerea per fermare gli attacchi russi dal cielo. Contraerea che, secondo Zelensky, se non venisse messa in campo oggi in Ucraina, dovrà essere messa in campo nel futuro prossimo sul fianco est della Nato, paventando ancora una volta il rischio che in caso di caduta dell’Ucraina il conflitto si potrebbe allargare ulteriormente nell’Europa orientale. Un dato ovviamente non dimostrabile, ma per quanto possa essere considerato una semplice supposizione, è certo che un simile esito cambierebbe molto l’assetto militare della regione.

In più occasioni, infatti, diversi Paesi europei hanno parlato di tali rischi, soprattutto le repubbliche baltiche e la Polonia, che dal 24 febbraio 2022 sono i più attivi nel tenere alta la guardia sui rischi di un ampliamento del conflitto e insistono sulla necessità di un impegno prolungato a sostegno di Kiev. A fargli eco, nei mesi scorsi è arrivato il presidente francese Emmanuel Macron, lo stesso che fino alla vigilia dell’invasione ha cercato di parlare con Vladimir Putin ed evitare l’inizio della guerra, e che è arrivato a sorpresa a parlare apertamente della possibilità che i Paesi europei mettano in campo un contingente che combatta in Ucraina per evitare una possibile vittoria russa. Una dichiarazione che ha fatto discutere e ha innescato una serie di distinguo da tutti i governi europei, ma che ha anche messo in evidenza quanto grossi siano in generale i rischi per la sicurezza continentale e come, in generale, ci si stia muovendo verso una politica di riarmo.

Forse, uno degli obiettivi di Macron con la sua frase apparentemente spericolata, è quella di porre delle linee rosse nei confronti della Russia, che si teme stia ancora puntando a raggiungere in Ucraina i suoi obiettivi massimali – che non sono mai stati chiariti fino in fondo, almeno a livello pubblico – e Parigi ha così mandato il messaggio che l’Europa non starà a guardare. Mentre intanto Zelensky aspetta i Patriot e fa capire che Kiev non è in grado di mettere in campo operazioni che permetterebbero di recuperare terreno, da Mosca ci si attende una nuova offensiva nei prossimi mesi, per cui l’Ucraina spera di arrivare preparata con nuove linee difensive fortificate e con i caccia F-16 che saranno operativi nel futuro prossimo.

Una nuova miccia
Ma al di là dell’offensiva, la Russia cerca di tenere alto il livello dello scontro con i Paesi occidentali, sperando di far desistere governi ed opinione pubblica dall’ipotesi di aumentare il sostegno all’Ucraina, anche in vista delle importanti scadenze delle elezioni europee e delle presidenziali americane. Va forse vista anche in questo senso l’enfasi con cui Mosca ha sottolineato i possibili collegamenti – tutti da dimostrare – tra gli autori del drammatico attentato alla Crocus City Hall, in cui sono rimaste uccise oltre cento persone, per quanto tale attacco sia in linea col modus operandi del terrorismo jihadista e sia arrivata una rivendicazione dell’Isis-K, come viene chiamata la sezione del sedicente Stato Islamico attiva nell’Asia Centrale.

Mosca ha fatto trapelare notizie di collegamenti tra gli attentatori e Kiev, ma le immagini diffuse del violento trattamento riservato agli uomini una volta arrestati e le condizioni in cui sono stati mostrati in tribunale lasciano intendere che siano ormai diventati uno strumento in mano alla Russia. 

Mettere in campo l’ipotesi di un collegamento tra l’Ucraina e un drammatico e grave attentato contro la popolazione civile come quello del Crocus, pur con tutti i dubbi intorno a tale ipotesi, non solo può essere uno strumento di Mosca per screditare Kiev, ma anche un modo per far passare il messaggio che può arrivare una risposta particolarmente dura. Qualcosa che rischia dunque di alzare il livello dello scontro, in una situazione che anche quando sembra narcotizzarsi, resta esplosiva al punto che una sola azione fuori posto rischierebbe di far saltare in aria la polveriera.

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