Guerra in Ucraina: la corsa per la superiorità sui missili ipersonici degli Usa
La linea offensiva del presidente russo Vladimir Putin, sempre più isolato e umiliato, è ormai nota alla maggior parte degli osservatori e analisti e viene costantemente ribadita anche sulla tv di Stato russa dai suoi esperti militari: conquistare più obiettivi, intensificare l’offensiva e un uso più frequente di armi ipersoniche e termobariche, senza escludere il ricorso all’uso tattico di mini bombe atomiche.
Ed è proprio con i suoi temuti missili ipersonici che la Russia – per il momento – si gioca la sua superiorità militare, scatenando una nuova corsa agli armamenti a Washington. Come scrive Claudio Tito su La Repubblica, l’obiettivo degli Stati Uniti adesso è arrivare alla produzione di missili ipersonici in grado di pareggiare l’efficacia distruttiva di quelli di Mosca. Non solo, anche uno scudo spaziale capace di intercettare razzi che sfrecciano a 20 mila km ora è una possibilità che gli strateghi militari del Pentagono stanno analizzando.
I missili ipersonici si distinguono per l’elevata velocità, la capacità di viaggiare a bassa quota e l’alta manovrabilità, che possono complicare i tentativi di intercettarli. A differenza dei missili tradizionali, non seguono una traiettoria predeterminata, e possono essere manovrati prima di arrivare a destinazione. Secondo il Center for Strategic and International Studies (Csis) di Washington, designare un missile come il Kinzhal “ipersonico” – già utilizzato dalla Russia in Ucraina – può essere “fuorviante” poiché, a un certo punto durante il loro volo, “quasi tutti i missili balistici raggiungono velocità ipersoniche”. l Kinzhal (“pugnale”), definita come l’arma “ideale” da Vladimir Putin, ha una velocità dieci volte superiore a quella del suono e un raggio d’azione di 2 mila chilometri: può essere lanciato da un caccia o da un bombardiere Tu23 ed è anche in grado di trasportare una carica nucleare. Si tratta di una delle armi di “prossima generazione” annunciate dalla Russia nel 2018, il cui impiego in combattimento non era mai stato riconosciuto prima dal Cremlino.