La resistenza civile di Leopoli: così i cittadini si organizzano per aiutare militari e sfollati | VIDEO
Dall’inizio della guerra Leopoli è diventata il primo luogo di transito di gran parte degli ucraini che hanno lasciato il paese: quasi due milioni e mezzo di persone su un totale di quattro milioni e duecentomila (dati Unhcr aggiornati al 4 aprile), sono arrivati in questa città in treno, e da qui hanno proseguito il viaggio verso la Polonia. Altri invece hanno deciso di restarci, in attesa di poter tornare a casa, e rappresentano una larga parte dei sei milioni e mezzo di sfollati interni che si sono allontanati, pur restando all’interno dei confini, dalle zone più colpite dall’assedio russo.
Inevitabile che questa città, distante meno di ottanta km dal confine con l’Europa, sia diventata luogo di raccolta e smistamento degli aiuti, per i civili in fuga e per i militari impegnati al fronte.
Scuole, teatri, palazzi espositivi, case private sono diventati dormitori o centri di stoccaggio di alimenti, farmaci, vestiti, mentre cittadini di ogni età, responsabili di spazi culturali, docenti universitari, studenti, ristoratori, attori e birrai sono diventati i protagonisti di una sorta di resistenza civile, a sostegno dei soldati e dei connazionali in difficoltà.
Uno dei progetti più interessanti è quello del Fest Republic, un luogo che prima della guerra ospitava un ristorante, il birrificio artigianale Pravda, e uno spazio dedicato agli eventi musicali, mentre oggi ha riconvertito le attività: per raccogliere fondi a sostegno dei soldati, gli organizzatori hanno lanciato una linea di magliette, e per aiutare i civili cucinano ogni giorno ottomila pasti da distribuire agli sfollati ospiti in città, in collaborazione con l’organizzazione non profit World Central Kitchen; infine, proprio i birrai, hanno deciso di mettersi in rete con i piccoli produttori di tutto il mondo invogliandoli a realizzare una delle loro ricette rese pubbliche, oltre a essersi dedicati alla fabbricazione di bottiglie molotov, con un’etichetta che si fa beffa di Putin.