La Striscia di Gaza è diventata “inabitabile”, secondo le Nazioni Unite
Serviranno decine di miliardi di dollari per la ricostruzione dopo la guerra
La Striscia di Gaza è diventata “inabitabile” dopo quattro mesi di guerra scatenata da Israele a seguito degli attentati del 7 ottobre compiuti da Hamas e dalla Jihad Islamica. La denuncia arriva da un rapporto presentato oggi dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad), secondo cui saranno necessarie decine di miliardi di dollari per rendere nuovamente vivibile il territorio costiero palestinese.
Almeno la metà degli edifici della Striscia di Gaza, secondo le stime dell’Onu elaborate sulla base di immagini satellitari ad alta risoluzione pre e post 7 ottobre, sono stati danneggiati.
Alla fine di novembre, a poco meno di due mesi dall’inizio del conflitto, almeno 37.379 edifici – pari al 18 per cento del totale delle strutture della Striscia di Gaza – erano stati danneggiati o distrutti nel corso dell’operazione militare israeliana. Da allora, secondo l’economista dell’Unctad Rami Al Azzeh, i dati satellitari indicano che la distruzione è più che raddoppiata. “Nuovi dati indicano che il 50 per cento delle strutture a Gaza sono state danneggiate o distrutte”, ha detto l’esperto all’agenzia di stampa francese Afp. “Gaza è attualmente inabitabile”, ha sottolineato Al Azzeh.
La situazione nel territorio costiero palestinese, ha ricordato l’Unctad, era già disastrosa prima dell’inizio della guerra. La Striscia infatti era sottoposta a un embargo da parte di Israele da 17 anni, mentre le ripetute operazioni militari condotte dallo Stato ebraico negli scorsi anni hanno reso l’80 per cento della popolazione locale dipendente dagli aiuti internazionali.
Secondo le Nazioni Unite, nei primi tre trimestri del 2023, l’economia di Gaza si era già contratta del 4,5 per cento. “L’operazione militare ha accelerato significativamente il declino economico e ha provocato una contrazione del Pil del 24 per cento e un calo del 26,1 per cento del Pil pro capite nel 2023”, si legge in una nota dell’Unctad.
Se prima del 7 ottobre, ha ribadito Al Azzeh, il 45 per cento della popolazione attiva di Gaza risultava non occupata, a dicembre il tasso di disoccupazione è salito quasi all’80 per cento. “L’intera economia a Gaza è paralizzata”, ha sottolineato l’esperto, secondo cui le uniche persone che attualmente lavorano nella Striscia sono impiegate in attività umanitarie.
La ricostruzione richiederà decine di miliardi di dollari. Anche se i lavori iniziassero immediatamente e il Pil di Gaza tornasse a crescere a un ritmo medio dello 0,4 per cento annuo osservato nell’ultimo quindicennio, ha stimato l’Unctad, l’economia del territorio costiero palestinese avrebbe bisogno di settant’anni per tornare ai livelli del 2022.
Secondo l’economista Al Azzeh, sarebbero necessari massicci aiuti internazionali. “Non c’è dubbio che, secondo una stima prudente, ciò ammonterà a diverse decine di miliardi di dollari”, si legge nel rapporto dell’Unctad. Ovviamente, sottolineano le Nazioni Unite, qualsiasi soluzione alla crisi richiederebbe la fine dell’operazione militare e la revoca dell’embargo. L’obiettivo, spiega l’agenzia, non può essere semplicemente “il ritorno allo status quo prima del 7 ottobre 2023”.
La guerra scatenata da Israele nella Striscia di Gaza dopo i brutali attentati di Hamas e della Jihad Islamica del 7 ottobre scorso, costati la vita a quasi 1.200 persone, per lo più civili, ha provocato oltre 26.900 morti palestinesi, in grande maggioranza donne e bambini.