Putin sfida il mandato d’arresto della Corte penale internazionale: accolto in Mongolia con tutti gli onori
Il leader del Cremlino è accusato di deportazione illegale di alcuni bambini ucraini in Russia. Ulan Bator ha ratificato lo Statuto di Roma nel 2002
Il presidente russo Vladimir Putin ha sfidato il mandato d’arresto spiccato l’anno scorso dalla Corte penale internazionale de L’Aja, recandosi in visita ufficiale in Mongolia (uno dei 124 Stati Parte della Cpi), dove è stato accolto con tutti gli onori.
Putin è arrivato ieri sera nella capitale della Mongolia, dove all’aeroporto ha trovato ad accoglierlo la guardia d’onore, che lo ha omaggiato invece di arrestarlo una volta sceso dall’aereo come previsto dallo Statuto di Roma ratificato da Ulan Bator nel 2002.
Nel marzo del 2023 la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto nei confronti del presidente russo, accusato di deportazione illegale di alcuni bambini ucraini in Russia. Kiev ha reagito con rabbia alle immagini trasmesse dalla tv russa: il portavoce del ministero degli Esteri ucraino, Georgii Tykhiï, ha accusato la Mongolia di aver “permesso a un criminale di sfuggire alla giustizia, condividendo così la responsabilità dei suoi crimini di guerra”.
La scorsa settimana la Corte de L’Aja aveva ricordato a tutti gli Stati membri “l’obbligo” di arrestare le persone oggetto di un mandato d’arresto. Tuttavia, ai sensi dello Statuto di Roma, i giudici non possono obbligare i Paesi firmatari ad adempiere ai propri obblighi, se non deferendo i responsabili all’Assemblea degli Stati Parte della Corte, le cui sanzioni sono sostanzialmente limitate a una reprimenda, come già successo in passato nel caso dell’ex dittatore sudanese Omar al-Bashir, recatosi spesso indisturbato in visita in alcune nazioni aderenti all’organismo giudiziario internazionale.
La Mongolia, d’altro canto, non ha mai condannato l’invasione russa dell’Ucraina e si è astenuta in ogni votazione in merito in tutte le sedi delle Nazioni Unite. La scorsa settimana il Cremlino aveva assicurato di non avere “alcuna preoccupazione” per un possibile arresto di Vladimir Putin a Ulan Bator, dove piazza Genghis Khan (meglio conosciuta come Sukhbaatar) è stata decorata a festa con enormi bandiere dei due Paesi per celebrare il ritorno del capo di Stato russo a cinque anni dalla sua ultima visita ufficiale nella nazione confinante.
Oggi, in occasione dell’85esimo anniversario della vittoria delle forze sovietiche in Mongolia sul Giappone nella guerra del 1939 (che precedette di alcune settimane lo scoppio del Secondo conflitto mondiale), Putin è stato ricevuto dal presidente Ukhnaagiin Khurelsukh, con cui ha discusso una serie di “promettenti progetti economici e industriali”. Tra questi, secondo quanto rivelato dal quotidiano locale Unuudur, figura anche un gasdotto che collegherà la Cina alla Russia. Stando all’agenzia di stampa russa Tass, Putin ha anche invitato il suo omologo mongolo a partecipare al vertice dei Paesi BRICS+, che si terrà il mese prossimo a Kazan.
La visita del presidente russo però ha registrato anche qualche malumore, con alcuni dimostranti che ieri hanno sfilato per la capitale con uno striscione che invitava a cacciare “il criminale di guerra Putin”. Un’altra manifestazione è prevista per oggi presso il “Monumento alle vittime della repressione politica” di Ulan Bator, che rende omaggio a chi ha sofferto sotto il regime sovietico.
Mosca, come Kiev, non riconosce la Corte penale internazionale e ha sempre respinto le accuse mosse contro il presidente russo.