Israele, l’estrema destra manifesta al confine con Gaza: “Ricolonizziamo la Striscia”. Presenti anche quattro ministri del governo Netanyahu
Alla due giorni organizzata il 20 e 21 ottobre in una zona militare solitamente chiusa al pubblico a poco più di tre chilometri dalla Striscia c'erano anche sette deputati della maggioranza e diversi leader dei movimenti a favore degli insediamenti illegali nei Territori occupati
L’hanno intitolata “Prepariamoci all’insediamento a Gaza” ma alla due giorni organizzata il 20 e 21 ottobre in una zona militare solitamente chiusa al pubblico a poco più di tre chilometri dalla Striscia non erano presenti solo i leader dei movimenti dei coloni in Israele. Anche quattro ministri del governo Netanyahu e sette deputati della maggioranza alla Knesset sono intervenuti per solidarizzare con centinaia di simpatizzanti dell’estrema destra che chiedevano la ricostruzione delle colonie nel territorio costiero palestinese.
Gli organizzatori, guidati dall’associazione Nahala che promuove le colonie nei Territori occupati, hanno allestito un insediamento di tradizionali “capanne” bibliche (in ebraico: “sukkot”) poco lontano dal kibbutz di Be’eri, attaccato il 7 ottobre da Hamas, che ha provocato almeno 108 vittime. L’obiettivo era promuovere il ritorno degli insediamenti illegali a Gaza, che Israele aveva fatto demolire nel 2005 con una decisione unilaterale del governo di Ariel Sharon (che allora guidava il Likud).
In alcune delle sukkot allestite circa un chilometro dal kibbutz si svolti incontri con esponenti dei vari movimenti politici, compreso il partito del premier Benjamin Netanyahu, gruppi giovanili e associazioni pr la promozione delle colonie, che avrebbero discusso anche degli insediamenti da costruire in specifiche località fuori e dentro la Striscia, come già avvenuto a fine gennaio durante una conferenza tenuta dall’estrema destra a Gerusalemme.
Anche stavolta alla manifestazione sono intervenuti diversi ministri, tra cui i titolari della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir, leader del movimento di estrema destra Otzma Yehudit; dello Sviluppo del Negev e della Galilea Yitzhak Wasserlauf, compagno di partito di Ben-Gvir; delle Finanze Bezalel Smotrich, capo del partito religioso Religious Zionist Party; e dell’Uguaglianza Sociale May Golan, del Likud di Netanyahu.
Inoltre erano presenti anche sette parlamentari della maggioranza alla Knesset, tra cui Ariel Kallner, Avihai Boaron, Osher Shekalim, Tally Gotliv e Sasson Guetta del Likud; Zvi Sukkot del Religious Zionist Party; e Limor Son Har-Melech di Otzma Yehudit. Una nutrita presenza istituzionale che ha messo in dubbio la politica dichiarata del governo Netanyahu, ufficialmente contrario al ritorno delle colonie a Gaza.
Nahala, ha detto la sua leader Daniella Weiss rivolgendosi ai presenti, intende sfruttare il know-how acquisito in decenni di insediamenti in Cisgiordania per costruirne di nuovi nella Striscia di Gaza. Mesi fa, ha ricordato, il premier Netanyahu definì l’idea “irrealistica” e molti la pensavano così anche sulla West Bank. “Ma il fatto che ora lì vi siano 330 colonie con 850mila abitanti dimostra che è fattibile”.
L’organizzazione Nahala, ha rivelato Weiss ai presenti, ha già raggiunto un accordo da alcuni “milioni di dollari” per allestire unità abitative temporanee vicino al confine di Gaza che, alla fine, si estenderanno fino alla Striscia. Un piano appoggiato apertamente da alcuni membri del governo Netanyahu. “Se vogliamo, possiamo trasferirci a Gaza”, ha detto il ministro della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben-Gvir, raccogliendo applausi tra la folla. “La Terra di Israele è nostra”.
Tra i partecipanti, secondo il quotidiano Jerusalem Post, più di uno indossava anche magliette con lo slogan: “Kahane Chai” (letteralmente: “Kahane vive”) a sostegno del movimento suprematista ebraico Kach fondato dal rabbino Meir Kahane e considerato un’organizzazione terroristica in Israele. Durante il discorso di Ben-Gvir, secondo il quotidiano israeliano, alcuni dei suoi sostenitori avrebbero gridato proprio: “Kahane Chai!”.
Malgrado questo la manifestazione si è svolta in un’area militare solitamente chiusa al pubblico, a causa della sua vicinanza, poco più di tre chilometri, alla Striscia di Gaza, ormai teatro di guerra da più di un anno. A proteggere la manifestazione quindi c’erano sia agenti di polizia che soldati e riservisti dell’esercito. Alla richiesta di chiarimenti da parte del Jerusalem Post, le autorità militari hanno risposto che eventi civili possono essere organizzati anche in tali aree “nel rispetto delle limitazioni stabilite dall’esercito”. Eppure non risulta fosse successo finora.
Dietro al cordone di sicurezza organizzato dalla polizia però c’erano anche alcune decine di membri del Forum delle Famiglie degli Ostaggi che hanno protestato contro la manifestazione dell’estrema destra, leggendo i nomi dei loro cari ancora in mano a Hamas e accusando gli organizzatori e i politici intervenuti di aver sacrificato le vite dei loro parenti e amici per i propri scopi politici. Yehuda Cohen, padre del soldato Nimrod Cohen, si è scagliato contro “l’uso cinico” delle vite degli ostaggi per promuovere “devastazione, distruzione e morte” a Gaza. “Loro santificano la morte”, ha denunciato. “Io santifico i vivi”.