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Nella Striscia di Gaza si sta consumando una catastrofe umanitaria senza precedenti

Immagine di copertina
Credit: AGF

Decine di migliaia di morti e feriti, milioni di sfollati, metà delle case distrutte e il rischio di morire di fame e di sete: il "massacro della farina" è solo l'ultimo atto di una tragedia in corso da quasi cinque mesi e che il mondo non riesce a fermare

Oltre 30mila palestinesi morti e più di 70mila feriti, circa 1,7 milioni di sfollati, il 60 per cento delle case danneggiate o distrutte e il rischio di carestia ed epidemie: il “massacro del pane” avvenuto ieri a ovest della città di Gaza, dove oltre 100 civili sono stati uccisi mentre erano in fila per un po’ di farina, è solo l’ultimo atto della catastrofe umanitaria senza precedenti in corso nella Striscia.

La guerra scatenata da Israele nel territorio costiero palestinese dopo gli attentati del 7 ottobre di Hamas e della Jihad Islamica ha provocato oltre 100mila morti e feriti. “Una persona su 20 è morta o ferita”, ha denunciato ieri in un discorso a Ginevra l’Alto commissario Onu per i diritti umani Volker Türk. “Compresi donne e bambini”.

Oltre 2 milioni di persone non hanno abbastanza da mangiare e sono a rischio carestia. Ma nella Striscia di Gaza non c’è nemmeno abbastanza acqua potabile e anche le cure mediche scarseggiano. Secondo gli ultimi dati pubblicati dalle Nazioni Unite, quasi tutti i residenti sono a grave rischio di insicurezza alimentare mentre solo uno dei tre acquedotti che da Israele riforniscono il territorio costiero palestinese è ancora in funzione, anche se opera solo al 47 per cento della portata massima. Soltanto due dei tre impianti di desalinizzazione delle acque è ancora parzialmente operativo e tutti i sistemi fognari sono fuori uso.

“Tutti a Gaza sono a rischio imminente di carestia. Quasi tutti bevono acqua salata o contaminata e l’assistenza sanitaria sul territorio funziona a malapena”, ha aggiunto Türk. “Immaginate cosa questo significhi per i feriti e per le persone che soffrono di malattie infettive a carattere epidemico. Nel nord di Gaza, dove lo spazio operativo per l’attività umanitaria è ormai quasi pari a zero, si ritiene che molti stiano già morendo di fame. In tutte le altre zone della Striscia, l’assistenza umanitaria è diventata estremamente impegnativa – e questo non è solo pericoloso, ma anche disumanizzante”.

Israele non può sottrarsi alle proprie responsabilità. “Dobbiamo essere chiari”, ha denunciato ieri in una nota il direttore del Consiglio norvegese per i rifugiati, Jan Egeland. “I civili a Gaza soffrono la fame e la sete a causa delle restrizioni imposte da Israele. Gli aiuti essenziali vengono bloccati e a pagarne il prezzo sono donne e bambini”.

Proprio i minori sono tra coloro che soffrono di più. Nella Striscia di Gaza, secondo l’Unicef, quasi un bambino su 10 al di sotto dei 5 anni è gravemente malnutrito. Per Save The Children, a un migliaio di minori sono già stati amputati uno o più arti. Altri 17mila invece, secondo l’Onu, sono stati separati dalle loro famiglie e risultano non accompagnati. Più di 1 milione di giovanissimi poi ha bisogno di assistenza psicologica.

Intanto il 75% della popolazione, circa 1,7 milioni di persone su 2,3 milioni di residenti, risulta sfollata. Oltre il 60% delle case,
quasi 360mila unità abitative, è stato distrutto (più di 70mila) o danneggiato (più di 290mila). Così 3 abitanti su 4 vivono in tende
o altri rifugi di fortuna, costretti persino a mangiare cibo per animali per sopravvivere. Ma la tregua sembra essere ancora lontana e la tragedia continua: “La vita si sta allontanando da Gaza a una velocità terrificante”, ha denunciato ieri il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, Martin Griffiths.

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