Novanta politici uccisi dal 2016: la guerra interna che sta insanguinando il Sudafrica
I membri del partito di Nelson Mandela, che tanti giovani aveva ispirato in Africa e non solo, si sono divisi tra coloro che approfittano del loro potere per ottenere più vantaggi possibili e chi denuncia la corruzione dilagante, rischiando però la vita
Mentre tornava a casa in macchina con la bottiglia di Johnnie Walker che si faceva sempre più leggera ad ogni svolta, Sindiso Magaqa si sentiva via via più rilassato finché non gli si pararono davanti alcuni uomini armati con fucili d’assalto e pronti a fare fuoco contro la sua amata Mercedes-Benz V8.
Magaqa cercò di difendersi con la sua pistola, ma era troppo tardi. L’auto fu crivellata di colpi, mentre l’aria veniva illuminata dai lampi dei fucili.
Un’imboscata era esattamente ciò che Magaqa temeva di più. Alcuni mesi prima, un amico era stato ucciso da uomini armati nel suo cortile. Poi era stata la volta di un altro loro amico, ucciso da un sicario emerso dall’oscurità mentre cercav di aprire il cancello di casa.
Poco dopo è arrivato il turno di Sindiso Magaqa, a soli 34 anni. Colpito da più di 10 proiettili, è rimasto sospeso tra la vita e la morte per settimane prima di morire.
Tutte le vittime degli attentati avevano una cosa in comune: erano membri dell’African National Congress (ANC), il partito sudafricano di Nelson Mandale, e avevano manifestato contro la corruzione dilagante nel partito.
“Se comprendi come funziona Cosa Nostra, non uccidi solo una persona, ma invii anche un messaggio forte agli altri”, ha spiegato al New York Times Thabiso Zulu, un altro membro dell’ANC che passa la sua vita nascondendosi per timore di essere ucciso.
“Abbiamo infranto la regola dell’omertà”, ha aggiunto, spiegando che il partito di Nelson Mandela era diventato sempre più simile la mafia.
In Sudafrica, gli assassini politici stanno aumentando drasticamente, minacciando la stabilità del paese e mettendo in pericolo il sogno di Nelson Mandela di creare una nazione democratica e unita.
Ma a differenza degli episodi di violenza politica che hanno sconvolto il paese negli anni Novanta, le recenti uccisioni non sono nate a seguito di violente battaglie tra partiti politici rivali.
Al contrario. Nella maggior parte dei casi, i membri dell’ANC si uccidono a vicenda, assumendo sicari professionisti per eliminare i compagni di partito in una lotta senza quartiere per ottenenere denaro, droga e potere.
Il partito un tempo aveva ispirato intere generazioni di sudafricani e catturato l’immaginario di milioni di persone in tutto il mondo, dagli angoli più poveri dell’Africa fino ai ricchi campus americani. Ma la corruzione e le divisioni sono fiorite all’interno dell’ANC negli ultimi anni, distruggendo gli ideali alla base del partito.
Dopo quasi 25 anni al potere, i membri del partito si sono sempre più dedicati al raggiungimento di posizioni influenti all’interno del mondo politico, mettendo da parte il bene della nazione.
Infrangere il velo di silenzio sulla corruzione vuol dire morire
La lotta intestina nell’African National Congress sta facendo sempre più vittime. Circa 90 politici sono stati uccisi dall’inizio del 2016, più del doppio del tasso annuale registrato nei 16 anni precedenti, secondo i ricercatori dell’Università di Città del Capo.
Gli omicidi si sono trasformati ben presto in una vera e propria crisi nazionale: la polizia ha iniziato a rilasciare solo quest’anno dati sugli omicidi politici e il nuovo presidente, Cyril Ramaphosa, ha condannato le violenze, sottolineando che questi episodi stanno offuscando il sogno di Mandela.
Tuttavia proprio Ramaphosa, leader dell’ANC, ha fatto ben poco per arginare le violenze: la sua amministrazione ha persino opposto resistenza alle richieste ufficiali di fornire protezione a due informatori del partito che hanno testimoniato nel caso dell’omicidio di Magaqa.
I recenti omicidi sono causati da faide personali e politiche che sconvolgono l’ANC e che vede tra le vittime coloro che si erano fatti avanti per denunciare episodi di corruzione all’interno del partito.
Altri sono morti a causa di una lotta interna per raggiungere i posti più alti e redditizi, soprattutto nella zone rurali, dove il partito ha una presa quasi totale sull’economia.
La provincia in cui viveva Magaqa, KwaZulu-Natal, è quella in cui si è registrato il più alto numero di morti. Ben 80 membri dell’ANC sono stati uccisi tra il 2011 e il 2017.
“Era meglio quando ancora non eravamo uno Stato democratico. Almeno conoscevamo il nemico – che era il regime, il regime ingiusto”, ha detto Mluleki Ndobe, il sindaco del distretto in cui Magaqa e altri cinque politici hanno perso la vita nel 2017.
L’omicidio di Sindiso Magaqa
La morte di Magaqa, il più importante politico assassinato finora, ha focalizzato l’attenzione sulla lotta che si sta consumando all’interno del partito che ha contribuito a portare la democrazia in Sudafrica.
Stella nascente nell’ANC ed emblema nazionale, Magaqa era tornato a svolgere la sua attività politica nella sua città natale, Umzimkhulu.
Dopo aver accusato i funzionari del partito di aver intascato milioni di dollari nel piano di restauro di un edificio storico, Magaqa e due dei suoi alleati sono stati uccisi uno dopo l’altro.
A settembre, nella capitale Pretoria un membro del partito di Nelson Mandela che aveva chiesto l’apertura di un’indagine sulle abitazioni del governo è stato ucciso mentre guidava la sua auto con i suoi tre figli. Alcuni mesi prima, un funzionario del partito è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco vicino a casa sua dopo aver denunciato la scadente qualità delle case popolari.
A Mpumalanga, la provincia del vicepresidente David Mabuza, un altro membro dell’ANC è stato ucciso a colpi di arma da fuoco davanti a suo figlio dopo aver denunciato la corruzione che si nascondeva dietro la costruzione di uno stadio di calcio.
Nella provincia di KwaZulu-Natal, un altro assessore che aveva messo a nudo un altro episodio di corruzione interno al partito è stato ucciso mentre era in auto e poco prima una sorte simile era toccata al presidente di un municipio noto per essersi duramente schierato contro la corruzione.
I casi di politici arrestati, però, sono stati molto pochi, aumentando il senso di illegalità e di impotenza.
La corruzione
Dopo la morte di Magaqa, l’informatore che ha raccontato al New York Times le condizioni in cui versa il suo partito, ha condannato a gran voce la corruzione che dilaga nella regione di Umzimkhulu.
Il governo municipale, sempre più impoverito, ha speso una grossa parte del suo bilancio per ristrutturare un edificio storico chiamato Memorial Hall, ma dopo cinque anni e più di 2 milioni di dollari di denaro pubblico, il progetto era pieno di lacune e di spese ingiustificate.
Per aver infranto il silenzio, Zulu e un altro funzionario del partito sono ora in grave pericolo, secondo un rapporto di 47 pagine pubblicato ad agosto dall’Autorità governativa che indaga sulla corruzione. I due informatori, secondo il rapporto, temono che “possano essere assassinati in qualsiasi momento”.
L’ufficio del Public Protector ha sollecitato la polizia nazionale a fornire sicurezza agli informatori e ha rimproverato il ministro della Sicurezza del governo di Ramaphosa per non aver dato seguito alle sue indicazioni. Il ministro infatti ha respinto il rapporto e ha trascinato il caso in tribunale.
Il presidente Ramaphosa è stato anche invitato ad “adottare misure urgenti e appropriate” per proteggere gli informatori, ma dal governo non sono giunte risposte.
L’inazione del governo riflette l’incapacità , o la riluttanza, dell’ANC a mettere fine alla guerra interna nel partito perché potrebbe mettere a nudo l’estensione della corruzione e della criminalità che esiste al suo interno, secondo i funzionari di partito.
Per decenni prima della fine dell’apartheid, diverse fazioni sotto l’egida dell’ANC – comunisti, liberali, sindacalisti – erano in lotta tra loro, mentre combattevano contro l’oppressione dei bianchi.
Ma il recente aumento degli omicidi all’interno del partito dimostra quanto i membri siano sempre meno interessati a creare, dalle ceneri dell’apartheid, un ordine politico basato sullo stato di diritto.
Dall’idealismo alle violenze
Magaqa e i suoi colleghi appartengono alla generazione che include i nipoti di Nelson Mandela: troppo giovani per essere stati politicamente attivi durante il dominio coloniale, sono diventati maggiorenni in un nuovo paese forgiato dal partito a cui appartengono.
Le loro vite politiche, che rispecchiano la traiettoria post-apartheid dell’ANC, hanno avuto inizio con l’idealismo giovanile, seguito dall’innocenza perduta e, infine, dalla violenza fratricida.
Zulu, 36 anni, adesso informatore, ha sempre voluto essere un membro del partito. Sua nonna prese parte al boicottaggio delle patate guidato dall’ANC contro l’apartheid negli anni Cinquanta e si è sempre sentito parte di quell’eredità.
Nella sua adolescenza, è entrato in contatto con un gruppo di giovani politicanti come lui. Uno di loro si distinse fin da subito: era Magaqa, un adolescente magro e testardo con un sorriso smagliante. Il più giovane del gruppo, ne divenne rapidamente il capo.
I primi anni 2000 sono stati un momento di speranza per molti giovani. I membri più anziani dell’ANC aveva guadagnato la libertà politica per tutti i cittadini del Sudafrica, quindi i giovani hanno cercato di occupare l’economia ancora dominata dalla minoranza bianca.
Il gruppo di giovani di cui facevano parte Magaqa e Zulu hanno viaggiato attraverso le vaste distese dei distretti rurali del Sudafrica per aprire i rami della lega giovanile del loro partito, prendendo in prestito auto o facendo autostop.
La crescita del partito, però, ha reso molti dei suoi membri sempre più avidi, fino a scatenare la guerra interna che ha causato la morte di quasi 90 politici sudafricani e costretto chi, come Zulu, si sono fatti avanti per denunciare la corruzione insita nel partito a nascondersi, nella paura di essere le prossime vittime di sicari al soldo di chi non vuole che i suoi interessi vengano compromessi.