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Home » Esteri

Guerra in Medio Oriente: i brand che fanno ricca la misinformazione

Immagine di copertina

Sui siti che diffondono bufale compaiono anche pubblicità di grandi marchi. Che in questo modo finanziano indirettamente la fabbrica delle fake news. Newsguard ha stilato un elenco di 349 aziende co-responsabili

La guerra drammaticamente in corso tra Israele e Hamas ha spesso diviso l’opinione pubblica e molti commentatori in due fazioni contrapposte. Come già avvenuto nel recente passato per il Covid o per la guerra in Ucraina, sul web circolano con frequenza fake news e informazioni distorte, veicolate scientemente a favore di una o dell’altra parte.

Anche per il conflitto che si è riacceso dopo gli attacchi dello scorso 7 ottobre, la rete è stata cassa di risonanza per la disinformazione e la misinformazione. Con quest’ultimo termine, ancora poco noto nel linguaggio corrente, si intende un’informazione fuorviante, imprecisa o completamente falsa che viene diffusa senza l’esplicita intenzione di ingannare. Insomma, notizie false che vengono fatte circolare in maniera involontaria, a differenza della disinformazione, che si ha quando una fake news viene diffusa con l’intento di ingannare le persone.

Un innovativo studio realizzato in questi giorni da NewsGuard – il sistema di monitoraggio sull’affidabilità dell’informazione creato nel 2018 dall’imprenditore Steven Brill e dall’ex editore del Wall Street Journal Gordon Crovitz – ha dimostrato come centinaia di brand internazionali di spicco stiano inavvertitamente finanziando la misinformazione sul conflitto tra Israele e Hamas attraverso i loro annunci di pubblicità programmatica.

Sono in particolare ben 349 i grandi marchi che fanno pubblicità su contenuti di misinformazione riguardanti la guerra in Medio Oriente. Un’analisi inedita, che ha messo in luce come brand di rilievo internazionale abbiano pubblicato inserzioni in prossimità di un articolo che diffondeva informazioni false.

L’indagine
I dati relativi a questi marchi sono stati raccolti attraverso un campionamento manuale, in base al quale gli analisti di NewsGuard hanno navigato su articoli che contenevano misinformazione sulla guerra e hanno acquisito le informazioni relative alle pubblicità apparse, utilizzando una varietà di browser, location e account.

Importante sottolineare, quindi, come gli autori dello studio abbiano semplicemente visitato gli articoli, cercando di riprodurre l’esperienza di un utente comune. Non sono state compiute azioni intenzionali per attivare gli annunci.

Lo studio è stato condotto tra il 7 ottobre e il 15 novembre 2023. Tra i marchi coinvolti troviamo Progressive Insurance, Macy’s, Zoom, Hulu e AARP. In questo caso, ad esempio, gli annunci comparivano all’interno di un articolo secondo cui gli attacchi di Hamas contro Israele sarebbero stati “un’operazione ingannevole sotto falsa bandiera […] orchestrata dal deep state israeliano”. O ancora, nel caso di brand come Wayfair, Groupon, Amtrak e Radisson, le inserzioni erano all’interno di un articolo che sosteneva che lo Yemen avesse “dichiarato guerra a Israele”.

L’analisi ha dunque fatto ricorso a un metodo di campionamento umano, che dimostra come la presenza di pubblicità di grandi marchi sui siti di misinformazione rappresenti un’esperienza tutt’altro che eccezionale, ma comune a molti utenti.

Questi annunci pubblicitari sono stati individuati navigando su un campione di 203 siti identificati da NewsGuard per aver diffuso misinformazione sulla guerra tra Israele e Hamas. Tra questi ci sono vtforeignpolicy.com (punteggio di affidabilità di 22,5/100), che ha diffuso diverse affermazioni false, tra cui quella secondo cui l’attacco di Hamas contro Israele sarebbe stato un ‘inside job’ o un’operazione “sotto bandiera falsa”; globalvillagespace.com, sito generato dall’intelligenza artificiale che avrebbe dato origine a una teoria del complotto sul primo ministro israeliano; e voiceofeurope.com (punteggio di affidabilità di 29,5/100), che ha riportato la notizia falsa secondo cui lo Yemen avrebbe dichiarato guerra a Israele.

Danno reputazionale
“Spesso i brand rispondono alle segnalazioni basate su un’ampia serie di dati programmatici affermando che i casi di posizionamento problematico degli annunci sono soltanto eccezioni dovute a frodi pubblicitarie o errori, piuttosto che la norma”, ha dichiarato Matt Skibinski, direttore generale di NewsGuard. “In questo caso, abbiamo utilizzato un metodo di campionamento umano per assicurarci di poter simulare l’esperienza di un utente comune che visita contenuti di misinformazione sul conflitto tra Israele e Hamas, e i nostri analisti hanno trovato centinaia di grossi brand i cui annunci appaiono accanto a narrazioni false e teorie del complotto sul conflitto”.

Il posizionamento di questi annunci pubblicitari su contenuti di misinformazione rappresenta evidentemente un grave rischio per gli stessi brand, che vedono così minata la loro reputazione e credibilità. A confermarlo anche un sondaggio commissionato da NewsGuard a YouGov, in modo da valutare l’opinione dei consumatori sul tema. YouGov ad ottobre ha intervistato un campione rappresentativo di 1.147 cittadini americani, chiamati a rispondere tra le altre cose alla seguente domanda: “Immagina di imbatterti nella pubblicità di un marchio che ti piace su un sito che ritieni stia diffondendo misinformazione sulla guerra tra Israele e Hamas. Che impatto avrebbe questo fatto sulla tua idea del brand: positivo, negativo o non rilevante?”. Dall’indagine emerge che il 53% degli americani avrebbe un’opinione più negativa su un marchio se trovasse le sue pubblicità su siti che diffondono misinformazione sulla guerra in Medio Oriente.

C’è da dire che questo non è certo un caso isolato o inedito. Precedenti report di NewsGuard hanno dimostrato che più di 4.000 marchi hanno fatto pubblicità su contenuti di misinformazione sul Covid, all’apice della pandemia, e che più di 1.600 brand hanno finanziato la misinformazione sulle elezioni presidenziali statunitensi nel 2020.

Sottovalutazione
Un’analisi di Comscore e NewsGuard ha stimato che 2,6 miliardi di dollari finiscono nelle tasche dei misinformatori ogni anno. Un giro d’affari impressionante. Purtroppo si evince che le misure attualmente in vigore fornite da società tradizionali che si occupano della sicurezza dei brand, come DoubleVerify e IAS, non proteggono adeguatamente i marchi dal posizionamento di annunci su contenuti di misinformazione, soprattutto nel caso di eventi ad alto rischio come un conflitto militare improvviso o elezioni contestate. Con, come detto, il forte rischio di perdere la fiducia dei consumatori.

“Affidarsi a soluzioni basate sull’intelligenza artificiale che non incorporano competenze o analisi giornalistiche ha continuato a far sì che i marchi finanziassero inavvertitamente la misinformazione su argomenti delicati come l’integrità delle elezioni, i conflitti armati, la salute e la medicina”, ha dichiarato Steven Brill, co-Ceo di NewsGuard. “Speriamo che questa ricerca apra gli occhi a chi opera nel settore sulla portata del problema”.

Una questione, insomma, assolutamente da non sottovalutare. Dal canto suo NewsGuard ha risposto introducendo un flag per segnalare la misinformazione sul conflitto tra Israele e Hamas. In questo modo marchi e agenzie pubblicitarie possono posizionare gli annunci pubblicitari su media credibili, e quindi evitare che le loro inserzioni finiscano su siti di propaganda o di bufale.

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