Guerra in Libia, sale a 443 il numero delle persone morte negli scontri
Il conflitto tra il premier del Governo di accordo nazionale Fayez al Serraj e il maresciallo Khalifa Haftar continua a causare morti e feriti in Libia, mettendo anche in pericolo la vita dei migranti che si trovano nei centri di detenzione del paese.
Guerra in Libia: a che punto è lo scontro tra Haftar e al-Serraj
Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sono 443 le persone rimaste uccise dall’inizio degli scontri, 2.110 i feriti e oltre 60mila gli sfollati.
Ma a destare preoccupazione sono anche le condizioni dei migranti rinchiusi nei centri di detenzione: il portavoce dell’Onu ha riferito che l’8 maggio uno dei campo di Tajura, a est di Tripoli, è stato colpito e nell’attacco due persone sono rimaste ferite. Nel centro ci sono più di 500 detenuti.
Anche l’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha chiesto che i rifugiati e i migranti bloccati nei centri di detenzione nell’area di Tripoli vengano presto evacuati.
“A questo punto, i rischi sono semplicemente inaccettabili”, ha dichiarato Vincent Cochetel, Inviato speciale dell’Unhcr per il Mediterraneo centrale.
“Le persone detenute nei Centri di Tripoli sono minacciate da pericoli sempre maggiori, pertanto è di vitale importanza che siano evacuate immediatamente e messe in salvo”.
L’Agenzia ha specificato che dallo scoppio del conflitto oltre 1.200 persone sono state ricollocate da località ad alto rischio verso aree più sicure, ma il problema non è del tutto risolto.
Ci sono ancora 3.460 rifugiati e migranti ancora chiusi nei Centri di detenzione che si trovano in prossimità di zone interessate dal conflitto e la cui vita è in pericolo. Altro problema evidenziato dall’Unhcr riguarda i corridoi umanitari: l’ultimo ricollocamento risale infatti al 29 aprile, quando 146 persone sono state portate in Italia.
Ad una situazione già di per sé drammatica si aggiunge anche il fatto che i Centri di detenzione sono spesso usati come depositi di armi e attrezzature militari. “Un simile utilizzo delle infrastrutture civili costituisce una violazione del diritto umanitario internazionale e deve essere assolutamente evitato”, fanno sapere dall’Unhcr.
L’Onu ha anche segnalato che è cresciuto il numero di arresti arbitrari e di rapimenti di funzionari, attivisti e giornalisti e di cui è stata chiesta l’immediata liberazione.