Il premier israeliano Benjamin Netanyahu al Congresso Usa: “La nostra lotta è la vostra lotta. Combatteremo fino alla vittoria totale” a Gaza
Ha definito i manifestanti contro la guerra "utili idioti dell'Iran", bollato come "assurdità" le accuse mosse dalla Corte penale internazionale e dalle Nazioni Unite contro Tel Aviv e proposto una nuova alleanza regionale contro l'Iran. Ecco cosa ha detto il capo del governo dello Stato ebraico nel suo discorso a Washington
“La nostra lotta è la vostra lotta. Combatteremo fino alla vittoria totale” a Gaza. È la promessa del primo ministro d’Israele Benjamin Netanyahu, intervenuto ieri a una sessione plenaria del Congresso degli Stati Uniti con un discorso di quasi un’ora in cui si è anche scagliato contro le proteste per la guerra in corso nella Striscia, che ha già causato oltre 39 mila morti e più di 90 mila feriti, definendo i manifestanti “utili idioti dell’Iran”, bollando come “un’assurdità assoluta e totale” e “una completa invenzione” le accuse mosse dalla Corte penale internazionale e dalle Nazioni Unite contro Tel Aviv e proponendo un’alleanza regionale contro Teheran.
Il tono bellicoso assunto dal capo del governo israeliano per la maggior parte del discorso tenuto davanti ai deputati e ai senatori statunitensi non appare un segnale incoraggiante in un momento di massimo sforzo da parte dei mediatori internazionali, in particolare Egitto e Qatar, per arrivare a un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e alla liberazione degli ostaggi israeliani, a cui il premier ha dedicato solo un breve passaggio, concentrandosi piuttosto sulle accuse mosse contro l’Iran, la Corte penale internazionale e i dimostranti arrabbiati per il massacro e la catastrofe umanitaria in corso a Gaza.
Cosa ha detto Netanyahu
“Ci incontriamo oggi a un bivio della storia: il nostro mondo è in subbuglio. In Medio Oriente, l’asse del terrore dell’Iran affronta l’America, Israele e i nostri amici arabi. Questo non è uno scontro di civiltà. È uno scontro tra barbarie e civiltà. È uno scontro tra coloro che glorificano la morte e coloro che santificano la vita”, ha esordito Netanyahu ringraziando il Congresso degli Stati Uniti.
“Perché le forze della civiltà trionfino, America e Israele devono stare insieme. Perché quando stiamo insieme, succede qualcosa di molto semplice: noi vinciamo, loro perdono”, ha aggiunto il premier israeliano. “E amici miei, sono venuto oggi per assicurarvi una cosa: vinceremo”.
Quindi Netanyahu ha ricordato il massacro del 7 ottobre e la tragedia degli ostaggi ancora in mano a Hamas a Gaza, ringraziando il presidente degli Stati Uniti Joe Biden per l’appoggio e l’aiuto a favore della loro liberazione. Ma da questo punto in avanti è passato all’attacco.
Prima sottolineando lo “sconfinato coraggio” dimostrato dai soldati israeliani nella Striscia di Gaza e poi paragonando gli sforzi dei combattenti alle manifestazioni avvenute in tutto il mondo contro quanto sta accadendo a Gaza. I dimostranti, ha detto il premier israeliano “dovrebbero vergognarsi”.
Nel suo discorso al Congresso Usa, il capo del governo dello Stato ebraico ha infatti fatto riferimento a una recente dichiarazione della direttrice dell’intelligence nazionale statunitense, Avril Haines, secondo cui l’Iran starebbe tentando di fomentare segretamente le proteste negli Stati Uniti contro la guerra nella Striscia di Gaza.
“Voglio essere chiara sul fatto che so che gli americani che partecipano alle proteste stanno, in buona fede, esprimendo le loro opinioni sul conflitto a Gaza”, aveva però precisato Haines, secondo cui “queste informazioni non indicano il contrario”, un passaggio del tutto ignorato da Netanyahu nel suo discorso di ieri.
“Ho un messaggio per questi manifestanti: quando i tiranni di Teheran, che impiccano gli omosessuali alle gru e uccidono le donne perché non si coprono i capelli, vi elogiano, vi promuovono e vi finanziano, siete ufficialmente diventati gli utili idioti dell’Iran”, ha invece dichiarato il premier israeliano.
Negli ultimi mesi, gli Stati Uniti hanno assistito a una serie di manifestazioni scoppiate in tutto il Paese, soprattutto in decine di campus e università, contro la guerra a Gaza. Persino ieri, poco prima del discorso di Netanyahu, si sono registrate forti proteste a Washington, sia all’esterno che all’interno del complesso del Campidoglio. Inoltre, il Secret Service ha fatto sapere che sta indagando su una serie di segnalazioni secondo cui alcuni manifestanti avrebbero avuto accesso all’hotel Watergate della capitale in cui alloggia il premier israeliano, liberando larve ed esemplari adulti di insetti all’interno dell’albergo e azionando gli allarmi antincendio.
In aula però Netanyahu ha dipinto i manifestanti con le tinte più fosche possibili, affermando che “molti scelgono di stare con il male” e che “con gli stupratori e gli assassini di Hamas”.
Tuttavia, negli scorsi mesi, persino il presidente Joe Biden, la sua vice Kamala Harris e il segretario di Stato Antony Blinken hanno ribadito l’importanza di tutelare il diritto di protestare e riconosciuto la legittimità delle preoccupazioni dei manifestanti filo-palestinesi, pur continuando a criticare una certa retorica anti-israeliana.
Ad aprile, ad esempio, Blinken aveva detto di comprendere i “ forti e appassionati sentimenti” scaturiti di fronte allo spargimento di sangue in corso a Gaza. “È un segno distintivo della nostra democrazia che i nostri cittadini esprimano le loro opinioni, le loro preoccupazioni, la loro rabbia in qualsiasi momento. E penso che ciò rifletta la forza del Paese, la forza della democrazia”, aveva detto il capo della diplomazia statunitense a proposito delle proteste contro la guerra.
Anche Biden, che quest’anno si è trovato più volte ad affrontare le rimostranze degli elettori democratici contro il conflitto a Gaza durante gli eventi elettorali organizzati prima della rinuncia alla candidatura per un secondo mandato, è apparso spesso conciliante con chi lo contestava. “Capisco la vostra passione”, aveva detto a gennaio dopo essere stato ripetutamente interrotto dai manifestanti durante un comizio presso la AME Mother Emanuel Church di Charleston, in Carolina del Sud.
Ma anche la candidata democratica in pectore alla Casa bianca, la vicepresidente Kamala Harris, si era mostrata comprensiva con i dimostranti. “Stanno mostrando esattamente cosa dovrebbe essere l’emozione umana, come risposta a quanto avviene a Gaza”, ha detto Harris in un’intervista concessa a inizio luglio a The Nation. “Rifiuto categoricamente alcune delle cose che dicono alcuni manifestanti, quindi non intendo sostenere incondizionatamente tutti i loro argomenti. Ma capisco l’emozione che c’è dietro”.
Tuttavia, per il premier israeliano, queste persone non conoscono semplicemente “la differenza tra il bene e il male”. “Si rifiutano di fare la semplice distinzione tra coloro che prendono di mira i terroristi e coloro che prendono di mira i civili, tra lo Stato democratico di Israele e i terroristi criminali di Hamas”, ha aggiunto Netanyahu.
“È incredibile, assolutamente incredibile: alcuni di questi dimostranti tengono in mano cartelli che proclamano ‘Gay per Gaza’. Potrebbero anche tenere cartelli con la scritta ‘Polli per KFC’”, ha proseguito, ironicamente. “Chiamano Israele uno Stato colonialista. Non sanno che la Terra d’Israele è dove Abramo, Isacco e Giacobbe pregarono, dove Isaia e Geremia predicarono e dove Davide e Salomone governarono? Per quasi quattromila anni, la terra di Israele è stata la patria del popolo ebraico. È sempre stata la nostra casa; sarà sempre la nostra casa”, ha continuato Netanyahu, che poi se l’è presa anche con i rettori delle università in cui sono andate in scena le proteste.
“Ottant’anni dopo l’Olocausto, i rettori di Harvard, della PennState e, mi vergogno a dirlo, la mia alma mater, il Massachusetts Institute of Technology (MIT), non sono riusciti a condannare gli appelli al genocidio degli ebrei”, ha sottolineato il premier israeliano, rilanciando le accuse di antisemitismo contro i manifestanti e chi li sostiene o li tollera.
“Le calunnie oltraggiose che dipingono Israele come razzista e genocida sono pensate per delegittimare Israele, demonizzare lo Stato ebraico e demonizzare gli ebrei ovunque”, ha detto Netanyahu. “Ecco un esempio: il procuratore della Corte penale internazionale ha vergognosamente accusato Israele di aver deliberatamente fatto morire di fame la popolazione di Gaza. Questa è una totale assurdità. È una completa invenzione: Israele ha permesso a più di 40 mila camion di aiuti l’ingresso a Gaza. Sono mezzo milione di tonnellate di cibo e più di tremila calorie per ogni uomo, donna e bambino. Se ci sono palestinesi a Gaza che non ricevono abbastanza cibo, non è perché Israele lo blocca, è perché Hamas lo ruba”.
Eppure, come certificato dalle Nazioni Unite, il 96 per cento della popolazione di Gaza attualmente soffre “di insicurezza alimentare”. Secondo diverse ong e associazioni umanitarie attive nella Striscia, la guerra e le restrizioni imposte dal governo israeliano all’accesso degli aiuti a Gaza hanno portato il territorio costiero palestinese sull’orlo del baratro. Un argomento che è stato anche oggetto di aspre divergenze con l’attuale amministrazione Usa.
Ma malgrado tutto Netanyahu ha annunciato che Israele non intende fermarsi a Gaza. Il premier israeliano ha difeso con forza il diritto di Tel Aviv all’autodifesa: “Le mani dello Stato ebraico non saranno mai incatenate: Israele si difenderà sempre”, ha sottolineato Netanyahu. “Cari amici, la guerra a Gaza potrebbe finire domani se Hamas si arrendesse, rinunciasse alle armi e liberasse tutti gli ostaggi. Ma se non lo facesse, Israele combatterebbe fino a distruggere le capacità militari di Hamas e il suo dominio a Gaza e alla liberazione di tutti gli ostaggi”, ha continuato il premier. “Questo è ciò che significa vittoria totale e non ci accontenteremo di niente di meno”.
Ma, ha aggiunto, “mentre ci difendiamo su tutti i fronti, so che l’America ci sostiene e vi ringrazio per questo”. In particolare, Netanyahu ha voluto ringraziare il presidente Biden, che incontrerà oggi, “per il suo sentito sostegno a Israele dopo il selvaggio attacco del 7 ottobre” e “per i suoi instancabili sforzi a favore degli ostaggi e anche nei confronti delle famiglie” dei rapiti. “Il presidente Biden e io ci conosciamo da oltre 40 anni”, ha ricordato il premier. “Voglio ringraziarlo per mezzo secolo di amicizia con Israele”.
Ma il capo del governo dello Stato ebraico ha menzionato per ben quattro volte anche il predecessore di Biden e attuale candidato repubblicano alla Casa bianca, Donald Trump, che incontrerà domani a Mar-a-Lago, in Florida, condannando in primis l’attentato fallito a Butler, in Pennsylvania.
“Come gli americani, gli israeliani sono rimasti sollevati dal fatto che il presidente Trump sia uscito sano e salvo da quel vile attacco contro di lui, un vile attacco alla democrazia americana”, ha detto Netanyahu. “Voglio anche ringraziare il presidente Trump per tutto ciò che ha fatto per Israele, dal riconoscimento della sovranità di Israele sulle alture del Golan, all’affrontare l’aggressione dell’Iran, al riconoscimento di Gerusalemme come nostra capitale e allo spostamento dell’ambasciata americana in città. Quella è Gerusalemme, la nostra capitale eterna che non sarà mai più divisa”, ha aggiunto il premier, in violazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite e del diritto internazionale.
Quindi il primo ministro israeliano ha anche presentato la sua visione del Medio Oriente dopo la guerra, che va ben oltre la Striscia. “Dopo la nostra vittoria, con l’aiuto dei partner regionali, la smilitarizzazione e la deradicalizzazione di Gaza possono anche portare a un futuro di sicurezza, prosperità e pace. Questa è la mia visione per Gaza”, ha detto Netanyahu.
“La mia visione per il Medio Oriente”, ha poi aggiunto, “è in parte modellata da ciò che abbiamo visto dopo la Seconda guerra mondiale. Dopo quella guerra, l’America ha forgiato un’alleanza di sicurezza in Europa per contrastare la crescente minaccia sovietica. Allo stesso modo, l’America e Israele oggi possono forgiare un’alleanza di sicurezza in Medio Oriente per contrastare la crescente minaccia iraniana”.
“Tutti i Paesi che sono in pace con Israele e tutti quegli Stati che faranno la pace con Israele dovrebbero essere invitati a unirsi a questa alleanza. Abbiamo avuto un assaggio di questa potenziale alleanza il 14 aprile. Guidati dagli Stati Uniti, più di una mezza dozzina di nazioni hanno lavorato a fianco di Israele per aiutare a neutralizzare centinaia di missili e droni lanciati dall’Iran contro di noi”, ha ricordato Netanyahu. “La nuova alleanza che immagino sarebbe un’estensione naturale degli innovativi Accordi di Abramo. Quegli Accordi hanno forgiato la pace tra Israele e quattro Paesi arabi, e sono stati sostenuti sia dai repubblicani che dai democratici. Ho un nome per questa nuova alleanza: penso che dovremmo chiamarla: Alleanza di Abramo”. Un’iniziativa incentrata sul rapporto tra Washington e Tel Aviv.
“Lavorando insieme, sono sicuro che le nostre due nazioni sconfiggeranno i tiranni e i terroristi che ci minacciano entrambi. Come primo ministro di Israele, vi prometto questo: non importa quanto tempo ci vorrà, non importa quanto difficile sarà la strada che ci aspetta, Israele non cederà. Israele non si piegherà. Difenderemo la nostra terra. Difenderemo il nostro popolo. Combatteremo finché non otterremo la vittoria. Vittoria della libertà sulla tirannia, vittoria della vita sulla morte, vittoria del bene sul male. Questo è il nostro impegno solenne”, ha promesso Netanyahu. “Affinché le forze della civiltà trionfino, America e Israele devono stare insieme”, ha detto Netanyahu tra gli applausi dei presenti. “Perché quando stiamo insieme, succede qualcosa di molto semplice: noi vinciamo, loro perdono”.
Per questo, ha concluso il premier, “continueremo a lavorare con gli Stati Uniti e i nostri partner arabi per trasformare una regione travagliata da un luogo sperduto di oppressione, povertà e guerra in un’oasi fiorente di dignità, prosperità e pace. In questa nobile missione, come in molte altre, Israele rimarrà sempre l’alleato indispensabile dell’America. Nel bene e nel male, nei momenti belli e in quelli brutti, Israele sarà sempre il vostro amico leale e il vostro partner incrollabile. Dio benedica Israele. Dio benedica l’America. Dio benedica per sempre la grande alleanza tra Israele e America”.
Assenti eccellenti e proteste dem
Al discorso di Netanyahu però non erano presenti tutti i membri del Congresso, che ha registrato una trentina di defezioni, per lo più tra i democratici, sia per protesta contro la guerra, sia perché impegnati in altri eventi già in programma e che, evidentemente, non era possibile rinviare malgrado oltre un mese di preavviso.
Chi non ha rinunciato a presenziare è stata la deputata democratica del Michigan Rashida Tlaib, l’unica palestinese-americana al Congresso, che a un certo punto del discorso ha alzato un cartello con da un lato la scritta: “Criminale di guerra”, e dall’altro: “Colpevole di genocidio”. Al contrario, tra i sostenitori del premier israeliano, era presente anche il magnate di Tesla, Elon Musk.
Tra gli assenti invece la più eccellente è stata senza dubbio la vicepresidente e candidata democratica in pectore alla Casa bianca, Kamala Harris, che ha rinunciato alle proprie prerogative costituzionali di presiedere la plenaria del Congresso in qualità di presidente del Senato per partecipare invece a un comizio elettorale a Indianapolis, ma che ha in programma oggi un incontro con Netanyahu a Washington. Nemmeno il vice di Donald Trump, il senatore dell’Ohio J.D. Vance, era presente al discorso a causa dei suoi “doveri da assolvere come candidato repubblicano alla vicepresidenza”.
Per protesta, neanche la vicepresidente del Senato Patty Murray, altra rappresentante democratica dello stato di Washington, ha voluto presiedere la seduta in cui il premier israeliano ha tenuto il suo discorso, lasciando lo scranno più alto al presidente della Commissione relazioni estere del Senato, Ben Cardin, un democratico del Maryland.
Il senatore indipendente del Vermont, Bernie Sanders, invece aveva annunciato la propria assenza per protesta contro la “guerra totale” che il governo dello Stato ebraico ha scatenato nella Striscia di Gaza. “Netanyahu non dovrebbe essere accolto al Congresso degli Stati Uniti”, aveva scritto in un comunicato. “Al contrario, le sue politiche a Gaza e in Cisgiordania e il suo rifiuto di sostenere la soluzione dei due Stati dovrebbero essere duramente condannati”.
La reazione di Hamas
Le parole di Netanyahu hanno scatenato anche la reazione del gruppo terroristico palestinese Hamas, responsabile dei brutali attentati del 7 ottobre scorso in Israele, costati la vita a 1.139 persone e la libertà a 251 ostaggi, di cui 111 ancora trattenuti a Gaza contro la propria volontà, compresi 39 già dichiarati morti.
“Le dichiarazioni di Netanyahu sugli sforzi profusi per liberare i prigionieri (gli ostaggi, ndr) sono pure bugie, fuorvianti per l’opinione pubblica israeliana, statunitense e mondiale”, si legge in una nota diramata da Hamas, citata dall’emittente al-Jazeera. “Sarebbe stato meglio arrestare Netanyahu come criminale di guerra e consegnarlo alla Corte penale internazionale invece di dargli la possibilità di parlare davanti al Congresso degli Stati Uniti per ripulire la propria immagine”.
“Israele sta conducendo una guerra brutale volta a sterminare il nostro popolo palestinese a Gaza, dove tutte le leggi, le norme e i trattati umanitari internazionali concepiti per proteggere i civili vengono violati, in un modo che non ha eguali nella storia moderna”, prosegue il comunicato. “Il Congresso degli Stati Uniti ha ascoltato un discorso del criminale di guerra Netanyahu, in cui ripete la propaganda e le bugie da lui presentate più di nove mesi fa”.
“È lui (il premier israeliano Benjamin Netanyahu, ndr) che ha sventato tutti gli sforzi per porre fine alla guerra e raggiungere un accordo per liberare gli ostaggi nonostante gli sforzi in corso dei nostri fratelli mediatori in Egitto e Qatar”, sottolinea il gruppo terroristico.