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Le Nazioni Unite affidano all’Università Iuav di Venezia il progetto di ricostruzione di Gaza

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Per supervisionarne l’attuazione, l’Anp costituirà un’agenzia indipendente con l’Onu, la Banca mondiale e i Paesi donatori

Le Nazioni Unite hanno scelto l’Università Iuav di Venezia per sviluppare una strategia dedicata alla ricostruzione della Striscia di Gaza, la cui supervisione dovrebbe essere affidata a una nuova agenzia, che sarà presto annunciata dall’Autorità Nazionale Palestinese (Anp), intenzionata a costituire un organismo indipendente alla cui direzione parteciperanno l’Onu, la Banca mondiale e i Paesi donatori. “Mi è stato chiesto se sono ottimista sulle prospettive di ricostruzione di Gaza”, ci spiega nella sede dell’ateneo veneto Sufian Mushasha, rappresentante dello United Nations Development Programme (Undp) Regional Bureau for Arab States, che per conto dell’Onu si occupa di sviluppo nei 19 Paesi arabi. “Ma l’ottimismo è azione”.

Lo Iuav ha siglato un protocollo d’intesa con l’Undp, che ha incaricato l’università italiana di sviluppare una strategia dedicata alla ricostruzione di Gaza. Il piano, come ci conferma il rettore Benno Albrecht, immagina la ricostruzione come uno strumento di promozione della pace e prevenzione della ricorrenza dei conflitti.

La guerra scatenata da Israele dopo gli attentati del 7 ottobre di Hamas e della Jihad Islamica ha lasciato nella Striscia almeno 34 milioni metri cubi di macerie e distrutto il 60 per cento degli edifici, provocando miliardi di dollari di danni. Ma non si tratta solo di rimettere in piedi i palazzi.

L’approccio immaginato da Iuav, ci spiega Albrecht in un incontro a Venezia, sarà sistematico e prevede, tra l’altro, la creazione di posti di lavoro e la costruzione di fabbriche in loco. “La ricostruzione è un’occasione per innescare nuovi tipi di economie”.

Si tratta di “costruire un processo di pace”, cambiando paradigma rispetto ad altri progetti storici di ricostruzione. “Il Piano Marshall aveva un approccio dall’alto verso il basso, il nostro progetto invece dal basso verso l’alto”, sottolinea il rettore. Il tutto si baserà su investimenti in piccole realtà, sulle nuove tecnologie e materiali innovativi. “Non esporteremo prodotti italiani nella Striscia: non avrebbe senso”, aggiunge Albrecht.

“Porteremo lì le competenze e costruiremo le fabbriche necessarie a produrre ciò che serve, creando posti di lavoro”. Sarà, secondo il rettore, una “ricostruzione cellulare”, un approccio che permetterà di modificare i progetti sperimentali adattandoli alle esigenze e ai mutamenti delle condizioni sul campo. “Sarà un processo adattivo”, ci spiega. L’idea è “ricostruire un’economia” con un salto tecnologico. “Vogliamo costruire un sistema tutto nuovo”, rimarca Albrecht. Non a caso, l’ateneo ha affidato lo sviluppo del piano al proprio Centro superiore di comprensione, anticipazione e ricerca progettuale applicata (C.Scarpa), che punta molto sull’innovazione.

In tutto questo, l’Italia vuole svolgere un ruolo attivo. I promotori dell’iniziativa, rivelano le persone coinvolte, hanno già avuto degli incontri a Palazzo Chigi e alla Farnesina, che hanno appoggiato il progetto. L’iniziativa è stata già presentata anche ai Paesi arabi della regione e persino a Israele, che non si è detto contrario finora. Tocca infatti alla politica creare le condizioni per poter finanziare e attuare il piano.“L’Onu deve convincere i decisori politici a scommettere su questo progetto”, ricorda Albrecht.

“Noi stiamo creando le condizioni tecnico-scientifiche-accademiche per la ricostruzione”, gli fa eco Mushasha. “Ovviamente prima ci sarà bisogno di una soluzione politica per fermare la guerra ma vogliamo essere preparati: dobbiamo essere pronti per il dopo”. Tutto, spiega il funzionario dell’Onu, dovrà passare per il governo di Ramallah ma il progetto dello Iuav “sarà la base per il piano di ricostruzione nazionale dello Stato di Palestina”, che non investirà solo su Gaza. L’iniziativa mira alla ripresa di tutti i Territori palestinesi. “Lavoriamo su una visione complessiva”, sottolinea Mushasha.

Ma come funzionerà concretamente? L’Undp favorirà la collaborazione tra il governo dell’Anp, le università palestinesi e il settore privato ma tutto passerà da Ramallah. Prossimamente, ci anticipa il funzionario dell’Onu, il governo del premier palestinese Mohammad Mustafa annuncerà la creazione di un’agenzia per la ricostruzione. “Sarà un organismo indipendente”, sottolinea Mushasha, e alla sua direzione parteciperanno l’Anp, l’Undp, la Banca mondiale e i Paesi donatori.

Il punto più delicato riguarda proprio chi finanzierà il piano. L’agenzia Onu ha già presentato il progetto a febbraio ad alcuni rappresentanti dei Paesi del Golfo come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar durante un incontro ad Amman, in Giordania, a cui era presente anche il rettore  Albrecht dello Iuav. I regni della Penisola araba, ci rivela Mushasha, dovrebbero essere in prima fila nel contribuire a finanziare il progetto, a cui poi potrebbero partecipare l’Unione europea e gli Stati Uniti. “Ma anche Israele dovrà essere ritenuto responsabile della ricostruzione e dovrà fare la sua parte”.

Non si parla però ancora di cifre. “Non abbiamo un costo preciso (per la ricostruzione)”, ammette il funzionario dell’Undp. “Per ora ci avvaliamo delle stime satellitari (del Centro satellitare delle Nazioni Unite Unosat, ndr) e del personale presente a Gaza per aggiornare le valutazioni”. C’è chi parla di almeno 30 miliardi di dollari, forse addirittura il doppio. Il primo passo però è fermare la guerra. Il secondo invece è evitare che ricominci. “Una buona ricostruzione favorisce la pace, una cattiva ricostruzione favorisce la guerra”, spiega il rettore Albrecht. “Ma il miglior sistema per garantire la sicurezza è tutelare i diritti della popolazione, portando sviluppo e benessere”, ci spiega il funzionario dell’Undp.

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