Gaza, ong: “Almeno tremila su 45mila bombe sganciate da Israele sulla Striscia non sono esplose”
L'allarme dell'ong francese Handicap International - Humanity & Inclusion (HI): "Al momento del ritorno a casa degli sfollati e della distribuzione degli aiuti umanitari, questi ordigni inesplosi costituiranno un ulteriore rischio, soprattutto per i civili"
Almeno tremila delle 45mila bombe sganciate da Israele sulla Striscia di Gaza, tra il 7 ottobre e la metà di gennaio, non sono esplose. L’allarme è stato lanciato da Jean-Pierre Delomier, vicedirettore per le operazioni internazionali dell’ong francese Handicap International – Humanity & Inclusion (HI) in un’intervista concessa oggi a Radio France Internationale (Rfi).
“Di queste 45mila bombe, tremila non sono esplose e sono proprio queste che, al momento del ritorno a casa degli sfollati e della distribuzione degli aiuti umanitari, costituiranno un ulteriore rischio, soprattutto per i civili”, ha detto Delomier a Rfi citando le stime per il periodo compreso tra il 7 ottobre e la metà di gennaio del Mine Action Area of Responsibility, un gruppo di lavoro composto da diverse ong attive a Gaza e di cui Handicap International è membro.
Secondo Delomier, i bombardamenti israeliani sul territorio costiero palestinese hanno avuto un impatto umanitario senza precedenti. “La Striscia di Gaza è un’area completamente chiusa, ciò significa che le possibilità di fuga sono poche”, ha sottolineato Delomier. “Le persone sono ammassate lungo il confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto. Qui manca tutto. Ogni giorno è una nuova ricerca, di cibo soprattutto, per se stessi o per la propria famiglia: è qualcosa che non avevo mai visto prima”.
Ma non è tutto. Come ha ricordato Delomier, appena tornato da una visita alla sede di Rafah di Handicap International – Humanity & Inclusion, “i bombardamenti sono incessanti”. In città hanno trovato rifugio quasi 1,5 milioni di sfollati, scappati dagli scontri tuttora in corso nel resto della Striscia. “È una tragedia”, ha concluso il vicedirettore dell’ong francese.
Secondo Delomier, solo un cessate il fuoco potrebbe permettere alle ong come Handicap International di “avviare senza indugio le attività di sminamento e di decontaminazione dei residuati bellici esplosivi”. All’inizio di marzo, ha annunciato il suo vicedirettore, l’ong francese, ha inviato due esperti nella Striscia, che sono rimasti a Gaza per 15 giorni, per iniziare a preparare la valutazione delle necessità di sminamento nel territorio costiero. Ma, ha denunciato l’attivista, bisogna fermare gli scontri per permettere alle ong di raggiungere anche il nord della Striscia, attualmente isolato.
Dopo il conflitto infatti, la Striscia potrebbe diventare ancor più inospitale, quasi inabitabile, a causa delle migliaia di ordigni sganciati su Gaza, che hanno devastato la zona. Dall’inizio della guerra, oltre 32 mila palestinesi sono stati uccisi e quasi 75mila sono rimasti feriti. Secondo l’ong francese, in futuro, “il numero di persone con disabilità a Gaza aumenterà in modo significativo”. “Anche una lesione o una frattura apparentemente lieve, se mal trattata o infettata, cosa che spesso accade date le pessime condizioni igieniche, può portare a complicazioni e disabilità permanenti”, ha dichiarato Maria Marelli, fisioterapista di HI, regolarmente impegnata a Rafah nelle missione dell’ong francese. Ma non è finita qui.
Il 35 per cento degli edifici, secondo l’Onu, sono stati distrutti o danneggiati durante l’offensiva militare israeliana. Secondo l’ultima analisi del Centro satellitare delle Nazioni Unite (Unosat), che ha confrontato le immagini satellitari ad alta risoluzione raccolte il 29 febbraio scorso con una serie di scatti precedenti e successivi all’inizio della guerra scoppiata il 7 ottobre, almeno 88.868 strutture (pari al 35% di tutti gli edifici della Striscia) sono state danneggiate o distrutte. Tra queste, 31.198 sono state rase al suolo, 16.908 sono state gravemente danneggiate e 40.762 hanno subito danni lievi o moderati. I bombardamenti però non sono finiti e la tregua sembra ancora lontana. Ma anche se tornassero a casa domani, i profughi potrebbero trovare ad aspettarli delle “sorprese” letali.