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Home » Esteri

La guerra clandestina della Cia in Ucraina

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È la migliore fonte di informazioni sul Cremlino a disposizione degli Usa. E funge da centro nevralgico per l’esercito di Kiev. Da anni l’intelligence americana ha costruito una rete di 12 basi “ombra” lungo il confine con la Russia. Da dove conduce un conflitto segreto

Immerse nella foresta, da qualche parte lungo il confine tra l’Ucraina e la Russia, celate dagli alberi e spesso costruite sotto le macerie di qualche avamposto militare già bombardato, si nascondono 12 basi segrete della Cia, la migliore fonte di informazioni sul Cremlino a disposizione degli Stati Uniti e centro nevralgico per l’esercito di Kiev contro l’avanzata russa.

Da qui si combatte, da quasi dieci anni, una guerra clandestina tra la Casa bianca e Vladimir Putin di cui conosciamo solo alcune delle vittime eccellenti.

Una partnership di lunga data
Dal 2015, un anno dopo la rivolta di Euromaidan, la caduta del governo del presidente filo-russo Viktor Yanukovich e l’annessione della Crimea da parte di Mosca, la Cia ha speso decine di milioni di dollari in Ucraina, trasformando i servizi locali nel principale alleato di Washington in Europa contro Mosca.

Inizialmente, Langley temeva che i colleghi ucraini fossero troppo “compromessi” con la Russia visto il comune passato sovietico ma una serie di “regali” da parte dell’intelligence di Kiev sui piani e i movimenti di truppe di Mosca convinsero gli Usa a fidarsi, tanto da costituire nuove unità presso i servizi civili Sbu, costruire basi clandestine e riformare “a propria immagine” i servizi militari del Gur.

Nacquero così la “Quinta” e la “Sesta” direzione del Sbu, la prima formata in collaborazione con la Cia e la seconda con i britannici del MI6, oltre all’Unità 2245, un commando militare d’élite addestrato a sottrarre tecnologia ai russi e a condurre operazioni clandestine dietro le linee del fronte. Allo stesso modo, l’intelligence Usa finanziò la costruzione di nuove basi per le forze speciali e i servizi militari di Kiev e contribuì a fondare una direzione al Gur per lo spionaggio elettronico.

Tutto questo, come mostrato da un’inchiesta pubblicata nell’ottobre scorso dal Washington Post, ha permesso alla Cia di mantenere una “presenza significativa a Kiev” ottenendo una quantità di informazioni “inimmaginabili” prima del 2014. In cambio, prima della guerra, l’Ucraina ha ricevuto sistemi di sorveglianza, programmi di addestramento e formazione, oltre a infrastrutture ed equipaggiamenti che hanno consentito a Kiev non solo di raccogliere informazioni dalla Russia ma anche di condurre operazioni segrete e una campagna di sabotaggi e omicidi mirati prima nelle regioni separatiste e poi nelle zone occupate.

Il fronte nascosto
La partnership segreta – iniziata con Barack Obama alla Casa bianca e proseguita indisturbata sotto Donald Trump e Joe Biden – prevedeva però, come mostra un’altra inchiesta pubblicata a febbraio dal New York Times, una rete di “12 basi operative avanzate”, finanziate e attrezzate dalla Cia, lungo il confine russo. A queste vanno poi ad aggiungersi altre due strutture segrete costruite dall’intelligence americana e dai servizi militari ucraini per intercettare le comunicazioni russe.

Per darvi un’idea di cosa parliamo, la rete di bunker sotterranei nelle foreste ucraine, dotati di tecnologie all’avanguardia, impegnerebbe almeno 800 ufficiali dei servizi locali e un numero imprecisato di 007 statunitensi, mentre i due “centri di ascolto” che collaborano con la Cia potrebbero intercettare ogni giorno dalle 250mila alle 300mila comunicazioni delle unità militari e del personale russo dentro e fuori l’Ucraina.

Da qui la Cia, con la collaborazione del Pentagono e di altre agenzie come la Nsa, ha aiutato gli ucraini a identificare gli obiettivi militari da colpire e a contenere l’avanzata russa. Magari non premono il grilletto, ha spiegato un funzionario militare di Kiev al New York Times, ma ci aiutano a puntare l’arma.

Da queste basi però il personale ucraino, formato in Europa dagli 007 statunitensi, gestirebbe anche diverse reti di agenti doppiogiochisti e cellule dormienti che raccolgono informazioni all’interno della Russia e nelle zone occupate. Ma non si tratta solo di reperire informazioni su e da Mosca.

Sebbene inizialmente l’intelligence americana non avrebbe dovuto partecipare a “operazioni letali”, l’addestramento ricevuto ha permesso ai servizi ucraini di condurre una serie di azioni dal forte impatto simbolico, come l’omicidio di presunti collaborazionisti in Donbas, gli attacchi al Ponte di Kerch in Crimea e alla flotta russa del Mar Nero e forse al gasdotto Nord Stream, l’eliminazione di alti funzionari, militari e sostenitori della guerra (persino blogger) in Russia e nelle zone occupate e, a volte, di loro familiari, come la figlia di Alexander Dugin, Daria, uccisa con un’autobomba il 20 agosto 2022.

Malgrado le proteste di Washington contro questo genere di operazioni, la Cia non ha mai fatto venire meno il proprio sostegno ai colleghi ucraini, anzi. In realtà, dopo l’inizio dell’invasione la Casa Bianca autorizzò le agenzie di spionaggio statunitensi a fornire supporto e intelligence per condurre operazioni letali contro le forze russe sul suolo ucraino. Semplicemente, per quelle condotte oltre confine, Kiev tralascia di informare Washington, che poi può dirsi stupita da certe azioni. Langley seguirebbe infatti delle “linee rosse” stabilite dalla Casa bianca in tacito accordo con il Cremlino.

Le regole del gioco
È una “guerra clandestina”, come la definì nel luglio scorso al Newsweek un alto funzionario dell’intelligence dell’amministrazione Biden direttamente coinvolto nella pianificazione politica in Ucraina. Un conflitto con delle regole tutte sue, in qualche modo condivise da Washington e Mosca.

Tre mesi prima dell’invasione, il presidente Usa inviò a Mosca il direttore della Cia, William Burns, per avvisare il Cremlino sulle conseguenze di un’eventuale aggressione militare a Kiev. L’ex ambasciatore americano in Russia non riuscì a incontrare Putin, che allora era in vacanza a Sochi sul Mar Nero, ma i due si parlarono al telefono e, secondo la rivista americana, proprio in quel colloquio furono stabilite le regole del gioco: in caso di invasione, gli Usa non avrebbero schierato le proprie truppe sul campo né promosso un cambio di regime a Mosca, mentre il Cremlino avrebbe limitato il proprio attacco alla sola Ucraina, senza aggredire altri Paesi dell’area e si sarebbe astenuto dal colpire i diplomatici e la leadership statunitense e dei suoi alleati.

In questo contesto, la Cia avrebbe avuto un proprio ruolo da giocare come negoziatore, come fornitore di informazioni di intelligence e logistica e garante delle relazioni con i Paesi europei e Nato. Ma, più importante ancora, sarebbe stata responsabile di evitare un’escalation nucleare tra Usa e Russia. Un ruolo vieppiù complicato dagli ultimi sviluppi al fronte e dallo stallo politico in corso a Washington da cui Kiev non riceve più aiuti militari da quasi due mesi.

Sindrome afghana
La domanda che alcuni ufficiali dell’intelligence ucraina pongono sempre più spesso ai colleghi americani, vista l’indisponibilità dei repubblicani fedeli a Trump di far passare un nuovo pacchetto di aiuti militari alla Camera dei Rappresentanti e la progressiva avanzata russa in Donbas, è se la Cia e gli Usa li abbandoneranno come già successo in Afghanistan.

Un timore che, come recentemente suggerito dall’ex agente segreto americano John Kiriakou sul portale ScheerPost, sarebbe così condiviso a Langley che l’agenzia non avrebbe nemmeno provato a impedire fughe di notizie sui media rispetto al proprio coinvolgimento in Ucraina. Al contrario, come mostra la disponibilità di fonti dell’intelligence su quotidiani e riviste Usa negli ultimi mesi, la Cia non vorrebbe rinunciare a quanto costruito negli ultimi dieci anni, anzi.

L’agenzia però potrebbe andare ben oltre e favorire l’ascesa dell’opposizione in Russia. D’altra parte, come ammesso al Washington Post dall’ex direttore Robert Gates, i dissidenti «sono già sospettati o accusati di essere sostenuti dalla Cia e dagli Usa: li incolpano per un aiuto che non ricevono, forse dovremmo darglielo». Insomma la guerra non finirà, nemmeno quella clandestina.

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